Sabato prossimo, 28 gennaio, lo studioso Salvatore Ferruccio Puglisi terrà a Palazzo Cagnone una conferenza sul Monastero di San Salvatore della Placa (anche conosciuto come “Batiazza”) e sul suo leggendario fondatore, morto novecento anni fa ma ancora non adeguatamente considerato dalla popolazione locale
Occasione ghiotta, a Francavilla di Sicilia, per i cultori di storia locale, ma anche per tutti i cittadini che volessero saperne di più su una significativa pagina del glorioso passato del loro paese. Sabato prossimo 28 gennaio alle ore 17,00 i saloni di Palazzo Cagnone ospiteranno infatti una conferenza di Salvatore Ferruccio Puglisi sul tema “Il Monastero del San Salvatore della Placa e San Cremete 900 anni dopo”.
L’iniziativa, organizzata in collaborazione con la locale Pro Loco, prende le mosse dal volume “Il Salto di San Crimo”, dato alle stampe qualche anno fa da Puglisi (per i tipi di “Armando Siciliano”) ed incentrato sul monastero basiliano francavillese e sul suo fondatore Cremete, monaco eremita vissuto nella seconda metà del secolo XI sui monti di contrada Placa, dove amava attorniarsi di animali selvatici che riusciva ad addomesticare.
Un giorno, accompagnato dalle sue bestie, Cremete si presentò al Conte Ruggero, che con il suo esercito si recava a Troina per combattere contro i Mori, il quale rimase affascinato dalla figura di quel mistico. Così, salito con lui sulla sommità della rocca, gli concesse di erigere in quel posto un monastero di cui Cremete diventò l’abate ed il superiore degli altri suoi confratelli.
Ma un giorno alcuni monaci non vollero più ubbidire alla sua regola basiliana e pensarono di liberarsi di lui buttandolo giù dalla rocca. Leggenda narra che, ciò malgrado, Cremete sarebbe rimasto miracolosamente illeso (morì poi il 6 agosto del 1116) e, da quel momento, cominciò ad essere considerato un santo.
Il religioso, comunque, perdonò e benedisse i monaci che avevano attentato alla sua vita, e raccomandò a loro ed a tutti gli altri confratelli di disporre, al sopraggiungere della sua morte, il seppellimento del suo corpo dinnanzi alla porta del monastero di San Salvatore della Placa: non, dunque, in un sepolcro sontuoso ed onorifico, bensì in un “umile” fazzoletto di terra calpestato dai piedi umani. E da questa estrema dimora di San Cremete, in seguito scaturì miracolosamente una limpidissima fonte d’acqua.
Risulta che a Francavilla di Sicilia il culto di San Cremete, un tempo considerato santo protettore, fu vivissimo fino alla soppressione del suo Ordine religioso, ossia quello dei Basiliani. E pare addirittura che si debba a Cremete la devozione dei francavillesi per la loro patrona Santa Barbara. Il monaco basiliano, infatti, avrebbe portato dall’Oriente una reliquia della vergine e martire cristiana (ossia l’osso frontale collocato in un mezzobusto d’argento), e quando i religiosi del suo Ordine, sul finire del XIX secolo, lasciarono il monastero di Francavilla per trasferirsi (prima a Castiglione di Sicilia e poi a Randazzo) in edifici più confortevoli ed in ambienti dal clima più mite, durante il trasloco, proprio mentre i frati stavano prendendo la reliquia di Santa Barbara per portarsela nella loro nuova dimora, scoppiò un violentissimo temporale, che venne interpretato come la volontà della martire di voler rimanere a Francavilla. I monaci decisero, quindi, di lasciare la reliquia nella chiesa dell’Annunziata, e non appena la depositarono lì, il tremendo uragano d’improvviso cessò ed il sole tornò miracolosamente a risplendere, fenomeno questo che si sarebbe puntualmente manifestato successivamente ogni qualvolta, preoccupata dalle avversità atmosferiche, la popolazione francavillese portava in processione la statua di Santa Barbara per implorare il cessare delle intemperie.
«Oggi – dichiara Salvatore Ferruccio Puglisi preannunciando l’incontro culturale di sabato prossimo – del Monastero di San Salvatore della Placa (in gergo dialettale locale comunemente inteso come “Batiazza”) restano solo i ruderi, visibili lungo la strada provinciale che da Francavilla di Sicilia conduce a Mojo Alcantara, mentre quel poco che si sa sulla vita di San Cremete si deve a due sacerdoti agiografi del XVI secolo, ossia l’abate siracusano Ottavio Gaetani e quello netino Rocco Pirri. Pur senza averne le prove, Giuseppe Plumari, nella sua “Storia di Randazzo”, ha ritenuto Cremete originario di Costantinopoli, mentre Vincenzo Sardo, nella sua “Storia di Castiglione”, ha sostenuto che ebbe i natali in tale Comune etneo. L’unico documento probativo è la reliquia del capo di San Cremete, conservata nella chiesa di Santa Maria a Randazzo. Per il resto, tutto si è perso nei secoli bui del Medioevo. All’iniziativa di sabato a Palazzo Cagnone, che sarà arricchita da videoproiezioni, tutti i presenti tra il pubblico potranno fornire il loro contributo di idee e di conoscenze su questa particolare pagina di storia di Francavilla, che meriterebbe sicuramente un’attenzione maggiore rispetto a quella sino ad oggi riservatale. Nell’anno appena trascorso, ad esempio, ricorreva il novecentesimo anniversario della morte di San Cremete, avvenuta nel 1116, ma nessuno si è ricordato di questa importante figura né a Randazzo, né a Castiglione di Sicilia (dove tanti studiosi, oltre al prima citato Sardo, si sono occupati di tale personaggio) e nemmeno a Francavilla, paese dove si festeggiano in “pompa magna” un incredibile numero di santi tranne che lui, pur trattandosi dell’unico santo locale».
Rodolfo Amodeo
FOTO: Salvatore Ferruccio Puglisi, il busto di San Cremete e, sullo sfondo, quel che resta del Monastero di San Salvatore della Placa