Incutere paura in un altro soggetto, è una strategia che, solitamente, l’uomo adotta nei confronti della persona che altrimenti potrebbe precludergli il raggiungimento di determinati scopi. Tuttavia, ingenerare sensazioni di terrore in un altro individuo è la prima forma di violenza che un essere umano possa esercitare su un suo simile. E, malgrado gli sviluppi del processo di civilizzazione della collettività, abbiano indotto, nei secoli, l’essere umano a individuare nella diplomazia e nei negoziati di pace le uniche strade percorribili al fine del raggiungimento di un’intesa con il proprio interlocutore all’insegna dell’armonia, è ancora oggi possibile riscontrare, nella società, fenomeni di attriti che spesso, nel confronto tra due individui, nascono da una reciproca renitenza ad accettare la libera espressione di certe legittime istanze. Conferire carattere di esecutività alle proprie volontà rappresenta, infatti, un traguardo abbordabile quando il soggetto coinvolto nella diatriba diviene ostaggio della paura. Il terrore, costituisce un freno che condiziona e limita l’essere umano nell’esternazione delle sue peculiarità caratteriali. In particolare, il soggetto che ne è vittima teme che, non ottemperando alla repressione dei suoi slanci emotivi o comportamentali, possa incorrere in situazioni che comprometterebbero anche la sua incolumità fisica.
Posto ciò, la consapevolezza dell’uomo di come la sua esuberanza caratteriale e la sua maggiore predisposizione allo scontro fisico, rispetto alla donna, possa prevalere sulle rivendicazioni di quest’ultima, spinge spesso il maschio a mettere in atto sistemi volti a perseguire un fine mediante l’intimidazione. Minacciare una punizione corporale alla donna, rappresenta così quell’extrema ratio che l’uomo reputa possa essere proficua quando il confronto dialettico non sortisce gli effetti desiderati. Vi sono però donne che, malgrado moniti improntati alla prepotenza, non si sottraggono all’istinto della legittima ribellione ed agiscono conformemente alla propria linea di pensiero. Ed è dal rifiuto della sottomissione che nasce l’ira irrefrenabile dell’uomo. Quando, infatti, egli realizza che le sue logiche discriminatorie cozzano con la determinazione della donna, scatta la fase del raptus incontrollato. Spesso l’uomo estrinseca tali comportamenti quando teme che la sua donna possa tradirlo con un altro individuo ma, a volte, dinamiche comportamentali che rischiano di culminare in tragedie sono il frutto dell’incessante necessità da parte dell’uomo di imporre la sua autorità.
Ciò comprova anche che, in realtà, il modello della famiglia patriarcale non sia ancora del tutto stato soppiantato, poiché tali fenomeni testimoniano che la cultura antropocentrica sopravvive ancora, veicolando il concetto della sacralità della preponderanza maschile ai fini della tutela degli equilibri nella società. Ed è in ordine a tale approccio mentale che, purtroppo, anche i diritti umani garantiti dalla Dichiarazione Universale e dalle principali Convenzioni dell’Onu sono stati interpretati in modo tale che le violazioni dei diritti delle donne che maturano in famiglia tra privati individui, fossero considerate al di là della supervisione dello Stato. Fino alla Conferenza di Vienna del 1993, il focus dell’interazione tra lo Stato e i cittadini era infatti individuato nella sfera pubblica, dove il maschio ricopre un ruolo prevalente.
Tuttavia, a partire dal 1993 e soprattutto adesso, grazie alla ratifica della Convenzione di Istanbul concepita dal Consiglio d’Europa per porre fine all’impunità dei colpevoli, la donna gode di maggiori tutele sotto il profilo giuridico. E tale concetto vale anche per l’Italia. A sposare questa convenzione, infatti, non sono stati soltanto Albania, Portogallo, Montenegro, Austria e Turchia ma anche l’Italia.
L’assessorato alle Pari opportunità del Comune di Giarre, pertanto, forte sia della ratifica della Convenzione di Istanbul che della legge 93 del 2013, ha pensato di istituire lo sportello rosa antiviolenza “Maria Rita Russo”, in collaborazione con il centro antiviolenza “La Nereide” di Siracusa. Si esprime così l’assessore Piera Bonaccorsi: “Ci auguriamo che, consapevoli dell’istituzione di questo centro, le donne giarresi vittime di episodi di stalking possano abbattere il muro della reticenza e interagire con le professionalità che lo sportello offre. Tutte le donne maltrattate, infatti, potranno attingere ad un sostegno morale, psicologico e legale”.
Interviene anche la psicologa Santy Muscuso: “Purtroppo, lo stalking è un male fortemente radicato nella società. Esso si distingue in tre tipi: emotivo, quindi associato alla rottura di una relazione, delle celebrità; in riferimento alla mania di perseguitare personaggi famosi o di pubblico interesse; o relativo all’occupazione, quando inizia sul posto di lavoro ma finisce poi per invadere la vita privata della vittima”.
Umberto Trovato