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L’uomo e la donna… nel femminicidio

Nel pezzo precedente, “Il Femminicidio: l’altra campana” (Gazzettino n. 40/2013), si è voluto affrontare, quasi doverosamente e forse anche masochisticamente, un tema delicato quale quello presentato. Come inevitabile ed ampiamente previsto, anche se non è possibile avere dati definitivi, il pezzo ha seminato perplessità e contrarietà, in particolare sul versante femminile e forse qualcuna anche sul versante maschile. Allo stesso modo, quasi doverosamente, mi vedo “costretto” a ritornare sul “luogo del delitto”, per cercare di dare qualche auspicabile contributo in più, senza con questo sperare di convincere i perplessi, cosa assai difficile.

Bisogna fare alcune piccole premesse per “scaldare” il motore ed iniziare questo percorso aggiuntivo. Va ricordato, innanzitutto, quanto sia fosco ed opaco l’orizzonte di riferimento che rende assai problematico, per chiunque, “bucare” facilmente l’argomento e che, ancora oggi, è lasciato a competenze e valutazioni spesso soggettive. Sono almeno tre le cose da tenere molto in considerazione:

1) Freud, il padre della Psicologia, non si è voluto addentrare nell’analisi del femminile vista la complessità e la difficoltà che le innumerevoli dinamiche presenti nella psiche donna venivano a costituire. Materia assai scivolosa e facile da sfuggire di mano. Il Maestro si è guardato bene dal farlo;

2) Per tale semplicissima ragione la Psicologia Generale risulta monca del Capitolo dedicato all’Amore, il che è tutto dire. Possedere sicurezze in merito all’argomento dovrebbe far riflettere ed indurre a procedere con quanto più equilibrio possibile;

3) Per tale semplicissima ragione manca nelle Scuole occidentali la disciplina più importante, tra le tante che vengono elargite ai ragazzi: la cultura dei sentimenti.

Ai volenterosi che si avvicinano a questo intricato percorso bisogna, quindi, ricordare quanta sia precaria la strumentazione di bordo che ognuno possiede, e lo ricordo, ovviamente, ad entrambi i generi. Ogni sub, che fa pesca subacquea, a parità di strumentazione iniziale, dopo decide soggettivamente quali anfratti e fondali preferire per portare a casa un carniere quanto più ricco possibile. Ho notato che il pezzo, perlopiù, alle lettrici, non è piaciuto a partire dal titolo. Scusate: c’è qualche dubbio che il femminicidio viene vissuto dal sentire comune, specie femminile, come se esistesse un solo colpevole? Non si può non riconoscere, come sostiene qualche amico, che del film viene visto solo il secondo tempo. Ed allora, in questo senso, appare doveroso sentire l’altra campana, quella maschile. Vi sembra astrusa questa ipotesi? A me sinceramente no! Dai, partiamo, buon viaggio.

Se potessi, come novello Virgilio, vorrei partire, inevitabilmente, da lontano. Occorre farsi alcune domande:

a) D’accordo che il Grande creazionista ed evoluzionista, al contempo, pensò alla vita sulla terra come di un qualcosa che fosse stabile, sicura e duratura? Aveva senso il contrario? Pare di no!

b) D’accordo che ai due generi, maschile e femminile, è stata attribuita parità nella diversità dei ruoli? Esiste dubbio? Spero di no! Perfino la splendida Mia Martini cantava: “gli uomini sono figli delle donne ma non sono come noi”.

c) Quale è il ruolo maschile? Quale è il ruolo femminile? Siamo d’accordo che sono entrambi ruoli non facili da porre in essere, secondo le finalità originarie? Sembra di si. Si può dire che sono due “mondi” che debbono assicurare, nelle intenzioni del Creatore, come primissimo compito da assolvere, la perpetuazione della specie? E che tutto è piegato in modo visibile ed occulto a questa finalità? Ci siamo? Anche qui dovremmo esserci. E che quasi furbescamente, e forse senza quasi, il Creazionista abbia posto un muro invalicabile tra di loro per non far “saltare” subito la priorità data? Quante coppie, dopo una vita passata insieme, possono dire di conoscersi bene fino in fondo? Non esiste nessuna possibilità, siatene certi. Brevetto creazionista.

d) Esiste un sesso forte nella coppia? Non si sa bene, di sicuro il femminile non è sesso debole.

e) È giusto ritenere che al genere femminile, a cui è dato il compito di dare la vita, proteggerla e difenderla, deve possedere armi, risorse, capacità di sacrificio, strumentazioni particolari, che possano assicurare al meglio questa finalità da raggiungere? Non pare possano esistere dubbi. Qualsiasi creatore l’avrebbe pensato, previsto ed attuato. Non avrebbe avuto grande senso il contrario.

f) D’accordo che, in virtù di ciò, occorreva dotare il genere femminile di una grande generosità, pazienza e duttilità? E che sempre, a salvaguardia della finalità da raggiungere, occorresse dotarla anche del suo opposto, ossia la durezza e la determinazione, al limite della crudeltà, quanto meno come dotazione di bordo che solo in certi frangenti può uscire fuori? Non tutti i rapporti di coppia, per fortuna, finiscono in “femminicidio”. Vi pare?

g) Quante volte si è detto che le donne, rispetto all’uomo, in genere sono più “cattive”. Non sarebbe strano se non fosse così? Significherebbe che abbiamo fatto strada sin qui inutilmente. Ed allora, caro genere femminile, l’omeostasi (migliore comprensione ed equilibrio del sé) va raggiunta, da ognuno dei due generi, al riparo di quel muro invalicabile che è stato posto, nella speranza che possa migliorare al massimo la qualità delle relazioni tra generi diversi. Quante coppie oggi, per egoismi, per edonismi, per individualismi variegati ed avariati, non per nulla si parla di società “liquida”, vorrebbero saltare il “crescete e moltiplicatevi” ? Non mi pare sia stato detto, distruggetevi od autodistruggetevi (si perde in due, in ogni caso), sebbene si è stati lasciati liberi di percorrere questo ciglio. Chiunque può decidere di essere autodistruttivo ad oltranza, pena la perdita della vita, fisica o psichica.

Miei cari, Virgilio, si ferma qui. Il viaggio è finito. Chi non lo ha ritenuto interessante, suggestivo e producente non ho cosa dire, spiace per lui o per lei. Ognuno è libero di scegliersi i viaggi che lo aggradano di più. Personalmente, mi fermo qui. Buon anno.

Salvo Marino

(sociologo) – Università Urbino

 

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