Nulla cambia in Sicilia in materia di procreazione medicalmente assistita. E risulta sempre più agevole, conveniente, addirittura necessario rivolgersi alle strutture del centro e soprattutto del nord, incrementando una “migrazione sanitaria” di cui a fare le spesse sono a pari titolo i pazienti e le casse regionali. Il 28 febbraio è stato emanato il Decreto assessoriale che decine di migliaia di coppie infertili siciliane attendevano, con la speranza di vedere tutelato il loro Diritto alla Salute e risolto il problema dell’accesso alle cure per l’infertilità in Sicilia. E invece la sorpresa: con il decreto Borsellino non avranno più assistenza gratuita nei pochi Centri pubblici funzionanti e neppure in quelli privati che saranno accreditati.
«Siamo delusi e sconcertati – dichiarano i rappresentanti del direttivo dell’associazione Hera –. Il Decreto n.61/2014 incarna in modo esemplare il giudizio espresso nella Relazione del 1 marzo dal Presidente della Corte dei Conti Siciliana, Luciana Savagnone: Davanti (…) alle disastrose condizioni economiche dei siciliani, la politica non riesce a dare risposte concrete ai bisogni dei cittadini, occupandosi prevalentemente di se stessa e, sempre più spesso, sottraendo ricchezza al Paese, depredando nei più diversi modi e, in questo, la realtà supera spesso la fantasia, le risorse pubbliche che dovrebbero essere destinate alla crescita”.
Se le coppie infertili si aspettavano risposte concrete alle loro esigenze di cura, niente da fare: dovranno continuare a migrare in altre regioni e soprattutto nei Centri privati convenzionati del Nord. Solo in questo caso l’Assessorato coprirà l’intera spesa, ma se le coppie siciliane vogliono curarsi nella propria Regione, dovranno pagare di tasca propria. L’Assessore Lucia Borsellino invece di cambiare, come aveva promesso, il discusso e tanto contestato Decreto sulla Riproduzione Assistita, emanato il 26 ottobre 2012 dal precedente Assessore Massimo Russo, lo conferma definitivamente in tutte le sue parti».
Conferma l’eliminazione di qualsiasi forma di assistenza sanitaria gratuita. Conferma le scarse risorse economiche messe a disposizione, recuperandole dalla legge 40 del 2004 e previste per altre finalità. Conferma tutti i limiti di accesso per le coppie al contributo regionale, utilizzando criteri incomprensibili sul piano clinico e privi di ogni ragionevolezza sul piano scientifico (sono escluse le donne con età superiore a 42 anni ed FSH> a 18, e sono consentiti solo tre tentativi, considerati anche quelli eseguiti retroattivamente negli ultimi due anni).
Conferma il costo dei trattamenti a carico delle coppie, pari a 3200 euro sia nelle strutture pubbliche sia in quelle accreditate. Conferma la mancata individuazione di un DRG (rimborso) specifico per i trattamenti di riproduzione assistita, nonostante sia stato previsto nel Piano Sanitario Regionale e indicato dallo stesso Assessorato fra gli obiettivi prioritari da realizzare entro il 2013. Questo intervento sarebbe appunto servito a evitare la “migrazione sanitaria” verso altre Regioni. A tal proposito, il PSR a pag.110 cap. 9.1.4, riporta che i cicli in mobilità “rappresentano una delle maggiori voci di mobilità sanitaria extraregionale (…) con un impatto negativo non indifferente sui conti sanitari regionali”.
Né il Decreto prevede un adeguamento delle somme disponibili alle cure. L’unico cambiamento, apparentemente positivo, riguarda la quota del contributo che da 1000 euro passa a 1700, ma il numero di coppie che potranno usufruirne è ridotto da 2000 a 1000, su un fabbisogno di 6000 l’anno.
«Quindi l’Assessore Borsellino, come il suo predecessore – continuano i rappresentanti dell’Hera –, preferisce pagare circa 10 milioni di Euro l’anno alle Regioni del Nord piuttosto che istituire un DRG come tutte le altre Regioni. Inoltre il Decreto Russo è già stato avversato con 5 ricorsi al Tar, promossi da operatori e coppie che hanno visto nei limiti imposti una grave lesione del Diritto alla Salute. È facile prevedere che la stessa avversione troverà il Decreto Borsellino. Si continuano a rimborsare i trattamenti come mobilità passiva, invece di investire le stesse risorse economiche nella nostra Isola. Noi chiediamo: perché? E soprattutto a chi giova?». Già, perché?