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Giarre, la “Marano” va rilanciata, non chiusa!

Giarre, la “Marano” va rilanciata, non chiusa!

Salvo Pistorio, già presidente del Consiglio d’amministrazione, racconta cinque anni di lotta contro i mulini a vento, a fronte di reali prospettive di sviluppo per la struttura dell’Ipab. E indica una strada percorribile per garantire il  futuro dei servizi

Un argomento delicato, una struttura cui gettare lo sguardo, magari chiedendosi se è ancora funzionante, un buco di quasi 500mila euro, figlio di un passato che, a quanto pare, non vuole fare il salto in un futuro diverso. Tutto questo, ma anche altro ancora è l’Ipab “Marano”, la struttura a rischio chiusura che, ad oggi, oltre ad agitare le acque del Consiglio comunale, non riesce a trovare una via d’uscita dalla palude dei dubbi in cui si trova impelagata. Abbiamo chiesto a Salvo Pistorio, presidente del Consiglio d’Amministrazione negli anni 2008/2013, cosa stia succedendo e da dove parte la situazione attuale.

«Quella che Giarre sta conoscendo in questi tempi è una situazione che, al mio insediamento come presidente del Consiglio di Amministrazione, nel 2008, è stata ereditata dalle passate gestioni. Un’eredità pesante se si pensa, ad esempio, che l’ente non risultava neppure accreditato alla Regione Siciliana, nonostante l’assessorato regionale alla Famiglia, cui faceva riferimento l’Ipab, avesse più volte sollecitato questo accreditamento, senza ricevere alcuna risposta. L’accreditamento poteva essere effettuato solo con il possesso di tutte le necessarie autorizzazioni igienico-sanitarie».

– E invece…

«Invece, la struttura non possedeva nessuna di queste autorizzazioni. Figurarsi che l’immobile non aveva neppure l’accatastamento  o l’autorizzazione allo scarico delle acque. Solo dopo il mio insediamento si è provveduto ad attivare tutte le procedure per avere le necessarie autorizzazioni igienico-sanitarie. Ma non ci siamo fermati a questo. Abbiamo razionalizzato le enormi spese, legate soprattutto alla gestione del personale, almeno nei punti dove era possibile intervenire».

– Perché questa difficoltà nell’intervenire nel settore del personale?

«Il personale è equiparato, come trattamento economico, a quello degli Enti pubblici e, quindi, ci troviamo di fronte ad una struttura che deve operare su un mercato concorrenziale ma con la mentalità operativa di un Ente pubblico. Infatti, se prendiamo ad esempio le rette per i degenti, sono quelle del tariffario regionale, quindi molto più alte rispetto al mercato, e assolutamente non concorrenziali. Per avere l’accreditamento presso la Regione, inoltre, si deve avere un certo numero di unità di personale, che sono eccessive rispetto alle necessità della struttura. Ricordiamo che ci sono 35 posti utilizzabili ma, al momento del mio insediamento, proprio per queste condizioni di gestione non concorrenziali, erano soltanto 12 gli anziani ospitati».

– Spese da tagliare, dunque, per cercare di riportare la struttura verso una sua dimensione più competitiva e, in ultimo, verso un certo attivo…

«Per far diminuire le spese abbiamo puntato, con l’appoggio del Consiglio di Amministrazione, ad un taglio razionale delle spese. Vista la realtà operativa che non lo richiedeva in maniera così massiccia, abbiamo puntato ad esternalizzare i servizi, a ridurre il ricorso alle presenze notturne ed ai turni festivi, sempre garantendo lo standard richiesto per i servizi da erogare. Ho trasformato i contratti a tempo pieno in contratti a tempo parziale. Tutte misure che hanno segnato una inversione di tendenza ed infatti, siamo arrivati ad avere 33 utenti su 35 posti disponibili. L’opera di rilancio è passata anche attraverso l’accreditamento presso l’assessorato regionale alla Salute, oltre che a quello alla Famiglia (come era in origine, n.d.A.), creando la possibilità di un ampliamento dei servizi, rivolti anche a lungodegenti con patologie croniche degenerative».

– Un’opera di promozione ad ampio raggio…

«Era la strada da percorrere per diventare competitivi, pur essendo sottoposti ai vincoli delle non competitive rette regionali. Il passo successivo è stata la proposta di una convenzione con l’Asp 3 e l’invio capillare a tutti i Comuni delle province di Catania, Messina, Siracusa e Ragusa di una lettera con la descrizione dei servizi offerti dalla “Marano”».

– E per quanto riguarda il forte debito ereditato?

«Abbiamo provato a stipulare un mutuo con un istituto bancario per poter coprire i debiti. Parliamo di somme derivanti da stipendi arretrati e altre dovute in seguito a decreti ingiuntivi. L’istituto bancario chiedeva delle garanzie per l’erogazione del mutuo richiesto e si era pensato di affidare in gestione ad un privato la struttura, coprendo la rata mensile del mutuo con l’incasso del canone di gestione derivante dall’affidamento. Purtroppo, la strada si rivelò non percorribile perché, la Regione non aveva approvato il Bilancio in tempo, causa numerosi avvicendamenti di dirigenti e, poi, perché arrivò la cessazione del mio mandato di presidente del CdA».

– La situazione attuale?

«Oggi, l’Ipab ha un debito di circa 480mila euro, con circa 30mila euro di residui attivi derivanti da rette non riscosse pur in presenza di decreti ingiuntivi. Ma nessuno può permettersi di dire che non si aveva conoscenza della situazione reale. Avevo provveduto per tempo a segnalare la situazione dell’Ipab “Marano” al presidente Crocetta, sin dal suo insediamento, chiedendo di essere ricevuto ed ascoltato ma senza ricevere alcuna risposta. La IV Commissione consiliare era stata informata della grave situazione che caratterizzava la “Marano”, e delle possibile soluzioni da poter adottare per un effettivo rilancio della struttura: ossia un partnerariato pubblico-privato. Nessuna risposta!».

– E ci si ritrova ancora con il Commissario in carica…

«L’Ipab è ancora con il commissario in carica perché, secondo il decreto assessoriale del  2013, per poter essere nominati membri del CdA bisogna avere i requisiti della “comprovata esperienza di almeno 5 anni in attività sociali. Tre dei 4 membri nominati dal sindaco Bonaccorsi non avevano questo requisito, quindi è stata una logica conseguenza la bocciatura, con la comunicazione del 13 gennaio 2013, da parte dell’assessorato regionale e la nomina del commissario. Alla scadenza del mio mandato ho manifestato al sindaco Bonaccorsi la mia disponibilità ad essere nominato per il CdA, avendo i requisiti richiesti. Il Sindaco non ne ha tenuto conto. Eppure, durante il mio mandato non ho percepito un solo centesimo, avendo svolto il mio ruolo a titolo gratuito».

– Quale può essere il futuro della Ipab “Marano”?

«La Ipab deve passare dal ruolo di “fornitore di servizi” a quello di”imprenditore vigilante: affidare ai privati la gestione e controllare che tutto risponda ai requisiti richiesti. E poi, c’è un altro aspetto. Nel corso del mio mandato ho fatto una ricognizione patrimoniale dei beni della Ipab, cosa mai fatta in 60 anni di attività. Se la “Marano” chiude si estingue l’Ipab ed i beni passano al Comune, mentre il personale viene assorbito da altre Ipab. Ma se qualcuno, diciamo così per dire, pensa di poter acquisire l’immobile della “Marano”, che ha un valore di circa 2 milioni di euro, essendo un’ottima struttura che è stata rimessa a nuovo negli ultimi anni, per poi, diciamo così, “regalarlo” per un prezzo minore, ha fatto malissimo i suoi conti. Infatti, le Ipab sono soggette alla “legge Crispi” del 1862 la quale prevede, appunto, l’alienazione dei beni delle Ipab solo per miglioramento delle strutture non per ripianare i debiti. Il Comune di troverebbe con un ulteriore debito di quasi 500mila euro, senza nessun beneficio».

– E quindi?

«Secondo me, la strada da percorrere è quella della fusione o dell’accorpamento con un altro soggetto, ad esempio la “Bonaventura” di Giarre. Penso, poi, ad un allargamento dei servizi rivolgendosi a bambini, ragazze-madri, migranti, con un ampliamento dell’offerta socio-assistenziale a tutto il distretto sanitario, del tipo “dalla culla alla tomba” includendo, ad esempio, l’assistenza domiciliare integrata. Per fare questo occorre una modifica allo Statuto ma la proposta, formulata durante il mio mandato, giace dal 2010 sul tavolo o in qualche cassetto della Regione. Senza risposta!».

– Ad oggi, quale sono le cifre della “Marano”?

«Ci sono solo 14 utenti a fronte di 40 posti disponibili».

Corrado Petralia

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