Il merito di molti può essere gettato alle ortiche per il demerito di pochi? Stando alla vicenda capitata al sig. V.B., 79 anni, purtroppo la risposta è positiva. Diciamo purtroppo perché quanto stiamo per raccontare è capitato all’ospedale “S. Giovanni di Dio e S. Isidoro”, una struttura che sta faticosamente cercando di risollevarsi dal limbo in cui decenni di cattiva politica e voluta disattenzione lo hanno precipitato. È lo stesso sig. V.B. a raccontarci, con un sorriso la sua vicenda.
«Era di venerdì (due settimane addietro, n.d.A.) ed ho sentito un forte dolore al petto, avevo difficoltà a respirare, quasi non riuscivo a parlare. Ho avuto la forza di chiamare il 118 ed essendo solo a casa e non riuscendo quasi più a parlare, ho aspettato l’arrivo dell’ambulanza davanti la porta di casa. L’ambulanza è arrivata subito ed il personale è stato bravissimo. Sono arrivato al Pronto soccorso in codice rosso e lì sono intervenuti i dottori Longo e Grasso, a cui faccio i complimenti e ringrazio per l’aiuto che mi hanno dato».
Il sig. V. continua a ripensare alla sua “avventura” con serenità, soprattutto pensando al ritorno a casa con le sue gambe: «Ma già al Pronto soccorso sono cominciate le “dolenti note”. Non riuscivo ad alzarmi ed ho chiesto aiuto ad una infermiera. Questa mi ha guardato e mi ha urlato: “Non mi tocchi! Non mi tocchi!”. Ma io non avevo mica la scabbia! Poi, mi hanno ricoverato al reparto di Geriatria. Anche qui ho trovato medici, infermieri ed ausiliari bravissimi, ma anche la solita pecora nera. Senza voler fare torto a nessuno vorrei ringraziare le dott.sse De Gregorio e Caprino ed i dottori Di Stefano, Mammano e Spallino che sono stati bravissimi e disponibilissimi. Purtroppo, anche qui il demerito di pochi rischia di vanificare gli sforzi dei molti».
Un momento di pausa, il tempo di metter in bocca un pezzo di mela («oggi non ho potuto mangiare molto perché a me non piace il pesce, ma purtroppo il mangiare arriva da fuori già pronto e non è possibile scegliere»), e riprende: «I primi giorni di ricovero non mi potevo alzare dal letto, arrivavano le ausiliarie che portavano da mangiare e lo lasciavano sul tavolo che c’è in camera. Ho chiesto a qualcuna: “ma io non mi posso alzare, mi può aiutare?”. Mi hanno risposto: “Non mi tocca!” E sono andate via. Io no ho nessuno che mi poteva aiutare, e così sono rimasto a digiuno. Poi, arriva la dottoressa che mi deve fare il prelievo per il controllo e mi dice: “Ma come? Non ha mangiato? E come dobbiamo farlo il prelievo?”. Oltre al danno arriva la beffa!”. E poi anche con il prelievo ne ho viste delle belle. L’infermiera non è riuscita a trovarmi la vena e mi ha fatto più di un buco prima di riuscirci. Ho il braccio che sembra il colapasta a macchie scure».
Eppure il sig. V. non ha perso il sorriso. Continua a pensare alla sua campagna: «Non mi sento di dire che sono stato trattato male. Ci sono state tante brave persone, tra medici, infermieri ed ausiliari che hanno fatto il massimo e non è giusto che per le colpe di pochi tutti quelli che fanno bel oltre il proprio lavoro siano penalizzati. Ho anche raccontato la mia vicenda al rappresentante del Tribunale dei Diritti del Malato, ma non so se è servito. So solo che devo ringraziare chi ha dimostrato di voler fare il dovere con il cuore e con generosità e mi dispiace che ci sia qualcuno che non riesce a a fare questo».
Corrado Petralia