Nella avveniristica chiesa della Santissima Immacolata, la Vergine dei tre dogma, di Giardini Naxos, la cui cuspide svetta maestosa ed imponente verso il cielo, quasi a volere diminuire la distanza che separa i fedeli della parrocchia da quel Dio che sacrificò il Figlio, crocifisso sul Golgota, per salvare il servo, si è riunita una eletta schiera di fedeli in un incontro che ha unito, in perfetta simbiosi: cultura, fede e devozione. Incontro che ha visto la presentazione del libro scritto da don Enzo Grasso, parroco della parrocchia Maria Santissima della Raccomandata di Giardini Naxos, dal titolo: “La Chiesa che io amo”.
Piane, complete, semplici, ma istruttive le parole di Sua Eccellenza Calogero La Piana, vescovo di Messina, che ha recensito il libro ricordando quanto scritto dal grande e dotto Papa Emerito J. Ratzinger: “Ad impressionarci non è la Chiesa di chi ha avuto successo, la Chiesa dei papi o dei signori del mondo ma è la Chiesa dei sofferenti che ci porta a credere, è rimasta durevole e ci dà speranza.. Essa è ancora oggi segno del fatto che Dio esiste e che l’uomo non è solo fallimento, ma può essere salvato”. Su questa presentazione si è soffermato il bravissimo e preparato presentatore don Franco Di Natale, preside dell’Istituto Teologico “San Tommaso” di Messina, il quale ha evidenziato in modo convincente e molto significativo il contenuto del libro, puntualizzando quanto don Enzo Grasso ha scritto e anticipando, magari, quanto pensava di scrivere.
Un’ora di erudita oratoria durante la quale il libro è stato sezionato ed analizzato in ogni sua parte. Venti capitoli, quasi autobiografici, nei quali viene evidenziata la grande fede di chi scrive ed il grandissimo desiderio di vivere e praticare questa fede, in una Chiesa di tutti e soprattutto per tutti. Una Chiesa povera, come la voleva il poverello di Assisi, il santo con le stimmate, vicina a chi soffre, ai perseguitati, a coloro che, pur avendo sbagliato e peccato, si sono ravveduti e a Lei vorrebbero tornare.
Negli scritti di don Enzo, emerge la trilogia che è alla base della filosofia del cristianesimo: Peccato, Pentimento, Perdono. Il peccato è l’offesa che si fa a Dio; ma, se al peccato segue il pentimento sincero e sentito, la Bontà divina che è immensa, concede il perdono. Il perdono monda, purifica, redime. E il pentito rientra nella schiera dei seguaci di Cristo. Esaustive queste parole, piene di significato che tornano imperiose nel capitolo: I Lontani. I Lontani sono coloro i quali hanno smesso di frequentare la Chiesa. Don Enzo si chiede quanti sono, ed il perché si sono allontanati e cosa si fa per recuperare questi fratelli. La risposta è: nulla! Spesso si ostacola il loro desiderio di ritorno. I Lontani sono segnati per sempre come se fossero appestati, come se le loro possibilità di cambiamento e di ritorno fossero irreversibili. Questo diniego, questa chiusura, addolorano don Enzo il quale si chiede: perché? Se il perdono monda e purifica, perché non cancella il peccato di chi si è allontanato?
Accorato, pieno di domande, il capitolo che parla dei Vescovi. Si legge il desiderio di avere Vescovi meno vistosi e più vicini alla gente. Non distanti, più disponibili. Don Enzo vorrebbe meno attese, più vicinanza, meno burocrazia, più prontezza, disponibilità. Ecco la Chiesa che don Enzo ama; una Chiesa dove non ci sono esclusi, dove la gerarchia deve ascoltare e produrre. La chiesa che don Enzo ama e che vorrebbe è la Chiesa di Pietro, delle Catacombe. La Chiesa è la sposa di Dio che genera e perpetua la fede e come tale deve essere amata e rispettata. La chiesa è la grande famiglia dei figli di Dio e come tale deve restare, come punto di riferimento, non tanto perché è il luogo della dimora, ma perché è il luogo dell’accoglienza, dove tutti si debbono sentire a casa propria. Una Chiesa di tutti; una Chiesa per tutti. Il sogno di don Enzo è una Chiesa più umana, aperta ai bisogni alle necessità della gente; trasparente. Una Chiesa che trasmetta senza equivoci il messaggio del Cristo Salvatore che perdona e accetta coloro i quali tornano a Lui.
Sicuramente, don Enzo avrebbe voluto chiamare il suo dotto libro “La Chiesa che vorrei”, ma il suo grandissimo senso della disciplina, la sua radicata riservatezza ed il suo rispetto per il passato glielo hanno impedito. Malgrado le sue imperfezioni, dovute alla natura umana che la rendono più viva e più vicina, don Enzo ci mostra nel suo scritto perché ama questa Chiesa e perché noi dobbiamo amarla. La Chiesa è la madre che genera la fede e, come ogni madre, va amata e rispettata. Essa è utile e necessaria, perché ci dà una visione della maestosità della potenza divina. Va amata per la profondità di ciò che rappresenta e per l’universalità dei messaggi che veicola attraverso la parola di Dio.
Francesco Bottari