È stata portata a termine alle prime luci dell’alba una brillante operazione antidroga dalla Polizia di Stato la cui denominazione, “Binario morto”, oltre a richiamare la base logistica principale dell’attività illecita, sembra richiamare con ironia l’esito, spesso scontato, della gestione di attività di malaffare
Una vera e propria holding della droga è stata smantellata oggi quando, nelle prime ore del mattino di oggi, martedì, il personale del Commissariato Polizia di Adrano ha dato esecuzione a diverse ordinanze di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del Tribunale di Catania, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di ventisette soggetti residenti principalmente ad Adrano, responsabili del reato di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti, ex art.74 D.P.R. 309/90. L’indagine a cura della Squadra Investigativa del Commissariato, si è protratta per diversi mesi, comprendendo l’utilizzo sia di mezzi tradizionali sia di mezzi tecnici audio e video, consentendo di individuare numerosi soggetti impegnati, ognuno con un proprio ruolo con mansioni e responsabilità precise come si trattasse di una organizzazione aziendale di una importante società, in una fiorente attività di spaccio di eroina e cocaina. La location principale del fiorente business era la centrale zona della Stazione della Ferrovia Circumetnea, e più specificamente negli spazi, strutture e binari, della Stazione in disuso e da qui il nome dell’operazione battezzata infatti “Binario morto”. Nel corso di accurate indagini sono stati ottenuti numerosi e obiettivi riscontri, tali da comportare arresti in flagranza e sequestro di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente, accertando altresì come il denaro provento dell’illecito traffico venisse in buona misura impiegato per il mantenimento economico dei detenuti in carcere affiliati al clan Santangelo e delle famiglie di costoro. Le indagini hanno, in particolare, consentito di acclarare la presenza di due gruppi impegnati nello spaccio di sostanze stupefacenti, tra l’altro collegati tra loro, e più precisamente: uno gestito da Nicola Mancuso, referente di Antonino Santangelo, deceduto successivamente in un sinistro stradale, figlio del locale “boss” Alfio Santangelo, quest’ultimo all’epoca dei fatti detenuto; un secondo gruppo, era pertinente a Giovanni La Rosa e Antonino Zammataro, referenti della “famiglia” denominata Rosano-Pipituni, tra i quali si emergeva Valerio Rosano, figlio di Vincenzo, reggente della suddetta cosca. Nel dettaglio l’organigramma societario per quanto riguardava il clan Santangelo, piuttosto articolato, vedeva nel ruolo di promotori e gestori del mercato della droga e della cassa comune Biagio Trovato di soli 24 anni, Nicola Mancuso di 32 e Angelo Pignataro di 26 anni; alla custodia e spaccio della droga nonché alla gestione del “punto vendita” presso la Stazione FCE erano assegnati principalmente Angelo Arena di 39 anni, Agatino Sangricoli di 42 anni e Nino Longo 40enne. A svolgere il non meno delicato ruolo di vedetta , corriere o pusher secondo le necessità erano il 32enne Salvatore Fiorenza ed il 40enne Marco Ravità. Infine il ruolo di pusher era assegnato ad altri 9 soggetti (a dimostrazione della fiorente attività) del clan Santangelo e cioè Angelo Lo Cicero, 39 anni, Alfio Lo Curlo, appena 22 anni, Salvatore Longo, 38 anni, Nicolò Giarrizzo, 37 anni, Salvatore Ricca, di 28 anni, Pietro Santangelo, 38 anni, Agatino Armenia, 47 anni, Natale Bubulotta, 43 anni ed Errigo Antonino di 44 anni.
L’altra famiglia affiliata al clan Santangelo che collaborava alla gestione di questo traffico, come già detto, era il gruppo Rosano il cui reggente e cassiere era il giovanissimo Valerio Rosano di 22 anni, ad organizzare la rete erano Giovanni La Rosa, 28 anni, Antonino Zammataro, 40 anni e Giuseppe La Manna di 23 anni. Infine la rete di spacciatori composta da Gaetano Zignale, 32 anni, Francesco Formica, 22 anni, Dario Cantarella, 29 anni e Prospero Bua di 22 anni.
Esterni ai due clan ma comunque coinvolti nell’attività Francesco Pirrello di 28 anni perché ritenuto il fornitore dello stupefacente e Alessio Magra, di 22 anni, definito un procacciatore di armi.