Storie di sindaci contro. Di territori che rappresentano vocazioni diverse, oggi al contempo decadute. Stritolate da una crisi irreversibile e senza precedenti, che sta inghiottendo le speranze di una generazione intera. Storie che sembrano lontane ma che si replicano continuamente. Ed al centro i Liberi Consorzi
La guerra che si è scatenata tra questi due sindaci ci induce a qualche riflessione. Tra Termini e Cefalù, le contrapposizioni sono come si vede antiche e recenti. Come Giarre e Riposto, come Acireale e Catania, come una serie di tanti altri casi. Se uno governa (Crocetta) e non tiene conto di queste diverse “sociologie” è un emerito “ignorante” e Crocetta sicuramente ignora. I Liberi Consorzi, ciò che non ha capito Crocetta, servono a rinfocolare queste vecchie dispute, a far riesumare vecchi campanilismi. Per raccordare lo sviluppo socio-economico delle nostre realtà occorre (o occorreva) una buona Provincia, Ente terzo, da rivedere e correggere, in cui veniva eliminato ciò che non andava ed aggiornata una funzione più alta con un empatico coordinamento socio-economico con ogni realtà. Non accorgersi di questo e buttare il “bambino e le acque sporche” è pretendere che le nostre realtà diventino anch’esse tutte “riceventi/subenti”, che è solo la proiezione di una condizione geneticamente anomala. Ogni realtà locale, inevitabilmente, preferirà il morto in casa che un “ospite” alla porta, in attesa di poterlo “sbolognare”. Come si fa a non capire? Solo un contesto normativo manifestatamente anomalo può consentire che Gela bussi alla porta di Catania, giusto per fare un esempio. Solo uno troppo distante può aspirare a tanta confusione e spacciarla per normalità. Se butti la sociologia dalla finestra, lei esigerà di rientrare dalla porta principale, statene certi. Un po’ ciò che succedeva con l’unione (oggi fusione) dei Comuni, che chiedevano, in buona parte, il divorzio, ossia il ritorno alle condizioni precedenti alla loro unione, generando una complessa condizione gestionale. Non a caso il legislatore ha previsto maggiore risorse finanziarie per chi “unisce” i servizi degli Enti contigui e non la fusione (attuale terminologia) delle identità, che oggi tendono, più saggiamente, a conservare le proprie “particolarità”, senza con questo voler privilegiare “guerre” fratricide. All’Ente terzo Provincia (bel termine nobile della antica Roma traghettato nella Costituzione italiana) va chiesto un nuovo e migliore Coordinamento per eliminare le acque sporche di tutti, Provincia in testa. Signori, serve molta semplicità, di inutile confusione ne abbiamo già abbastanza. Non ne serve altra.
Salvo Marino