Catania: un libro antico, ma ancora moderno, del De Felice Giuffrida, presentato alla libreria Feltrinelli con l’intervento del prof. Rosario Mangiameli
La libreria Feltrinelli, tra i numerosi incontri previsti nel corso del mese di maggio, ne ha dedicato uno alla presentazione del recente volume, curato dal professore universitario Rosario Mangiameli “Maffia e delinquenza in Sicilia” (Edizioni di Storia e studi sociali, Roma, marzo 2014, pag. 95, € 12,00), a quasi cento anni di distanza. Infatti, il volume venne allora pubblicato dal De Felice Giuffrida, sindaco di Catania, in occasione del processo celebrato a Milano per il primo assassinio eccellente compiuto dalla mafia dell’ex direttore generale del Banco di Sicilia, Emanuele Notarbartolo, Quel processo, celebrato proprio a Milano, pose per la prima volta alla ribalta dell’attenzione dell’opinione pubblica nazionale la cosiddetta “questione mafiosa”.
A fare gli onori di casa la signora Sonia Patania, responsabile della stessa libreria di via Etnea, nel salotto buono della città a pochi passi dalla villa Bellini, assieme al curatore della nuova edizione Mangiameli, del rappresentante di Libera, Renato Camarda, e del professore Giuseppe Astuto, il quale, su De Felice Giuffrida, ha dedicato un proprio corposo lavoro, ricco di documentazione del tempo, recentemente pubblicato dalle Edizioni Bonanno.
Il professore Mangiameli tratteggia la figura del De Felice Giuffrida, a lungo sindaco di Catania, per la prima volta nel 1889, poi dal 1902 sino al 1920, anno della morte. “Con De Felice – racconta Mangiameli –, Catania venne interessata da una notevole espansione commerciale verso il centro della Sicilia, ricca di miniere di zolfo comprendente le province di Caltanissetta e Agrigento e, dal 1926, quella di Enna, sull’onda di una forte domanda internazionale del minerale provocata dalla seconda rivoluzione industriale. Attorno alla stazione centrale ferroviaria si sviluppo il complesso degli opifici per la lavorazione dello zolfo da esportare, sia col treno che con le navi in tutto il mondo. Come Sindaco di una grande città e come capo del movimento dei Fasci, egli coniugava un fortissimo radicamento attraverso il dialogo con ceti differenti, le stesse organizzazioni fascianti, la piccola borghesia e gli imprenditori”.
“Il De Felice – ha continuato Mangiameli – teneva molto a far capire che la mafia non fosse affatto delinquenza comune da confondere con altri piccoli reati, furti, ecc. L’esperienza dei Fasci appare centrale per il sindaco di Catania, nonché dirigente socialista regionale, in occasione dell’acceso dibattito provocato dal delitto Notarbartolo, massima manifestazione dell’inquinamento mafioso della politica e, da lì, nelle stanze della grande finanza”.
Personalmente ho dato il mio contributo, raccontando la lunga esperienza di mia zia, per tantissimi anni assistente sociale presso il Tribunale di Catania, che operava proprio nelle zone della estrema periferia sud della città etnea, dove la parola mafia, etimologicamente, era legata a ma=mamma e fia=figlio o figlia, la prima come espressione della centralità della “famiglia” e la seconda come messaggero verso l’esterno.
Domenico Pirracchio