Sempre in merito alla costituzione dei Liberi Consorzi dei Comuni ed agli approfondimenti che vi abbiamo dedicato (leggi l’ultimo speciale dedicato Liberi Consorzi, ora basta perder tempo!), questa volta vogliamo approfondire l’argomento Città Metropolitane cercando di contribuire al dibattito fornendo degli elementi che speriamo possano contribuire a fare un po’ di chiarezza. Infatti continuano, insistenti, voci, spesso approssimative o strumentali, sull’istituzione delle Città Metropolitane. Il primo punto da chiarire è: cosa sono le Città Metropolitane? Da cosa sono regolate? Qual è il modello di sviluppo?
Andiamo per ordine. Cosa sono le Città Metropolitane? “Città Metropolitana” è una definizione amministrativa. Per quanto riguarda l’ambito di sviluppo e cooperazione territoriale, la giusta denominazione in termini di riferimento europeo è “Area Metropolitana”. A livello europeo, queste, sono state individuate dall’OECD (Competitive Cities in the Global Economy) che, in cooperazione con la Commissione europea ed Eurostat, ha sviluppato una definizione armonizzata delle aree urbane che supera le precedenti limitazioni legate alle definizioni amministrative. Secondo questa definizione un’area urbana è un’unità economica funzionale, caratterizzata da “nuclei urbani” densamente abitati e un “hinterland” in cui il mercato del lavoro è fortemente integrato con i nuclei. In particolare il nucleo urbano è rappresentato dalle città con alta densità, almeno pari a 1.500 abitanti per kmq e i Comuni considerati hinterland urbani sono quelli con almeno il 15% dei residenti occupati che lavorano nel centro urbano principale.
Le aree urbane funzionali sono poi classificate sulla base della popolazione residente secondo un criterio quadripartito: a) Grandi aree metropolitane (popolazione con più di 1,5 milioni di abitanti); b) Aree metropolitane (popolazione compresa tra 500.000 e 1,5 milioni di abitanti); c) Aree urbane di media dimensione (popolazione compresa tra 200.000 e 500.000 abitanti); d) Piccole aree urbane (popolazione inferiore a 200.000 abitanti).
Nel caso specifico vengono prese in considerazione le prime due fasce (Grandi Aree Metropolitane e Aree Metropolitane), fattispecie importanti nell’assegnazione delle risorse europee per lo sviluppo territoriale. Ma è un punto che vedremo dopo. Da questa classificazione l’Unione Europea, attraverso l’OECD ha stilato una graduatoria in funzione della dimensione abitativa (consulta l’elenco Le grandi aree metropolitane europee).
Da questa classifica, tenendo conto che è un documento ufficiale UE, si possono evincere diverse considerazioni e, confrontando i dati, è possibile intuire come saranno veicolati i fondi europei?
Innanzitutto si nota l’assenza di Messina, Reggio Calabria e Cagliari da questa lista. Ed è normale poiché queste città non posseggono i requisiti corrispondenti ai parametri minimi di riconoscimento (da qui il tentativo di far passare sia Messina che Reggio Calabria, quale area metropolitana unica, divisa in due Città Metropolitane (fantasie italiane da rendere credibili all’Europa). Inoltre notiamo il posizionamento delle restanti due Città Metropolitane siciliane posizionate, rispettivamente, Palermo in 56ma posizione e Catania in 94ma su 111. Quindi le stesse dovranno avere la forza di competere non solo con le grandi Capitali Europee ma anche con le grandi città italiane, Roma, Milano e Napoli innanzitutto. Ma è inoltre importante evidenziare come su 111 aree metropolitane individuate solo in 9 sono presenti quelle caratteristiche peculiari innanzi dette che determinano l’area metropolitana e, di queste, sono solo 2 le italiane con queste caratteristiche, Napoli e Milano.
Ma come sono normate? In Italia la legge che istituisce e riconosce le Città Metropolitane è la Legge 7 aprile 2014, n. 56 – Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni, detta Delrio, che definisce alcuni criteri, che dovranno per conformità istituzionale essere recepiti dalla Regione Siciliana.
Qual è il modello di sviluppo? Il modello è quello “Smart City” dove, attraverso la pianificazione metropolitana, potrebbero essere previsti interventi sociali, economici ed infrastrutturali, finalizzati all’interconnessione territoriale, sociale ed imprenditoriale attraverso sistemi di rete ed interconnessione ed utilizzo di sistemi energetici a basso impatto ed innovazione dei processi tecnologici oltre che infrastrutturali. Ma approfondiamo il concetto in un ambito più di nostra pertinenza. Il Comune di Catania ha già in atto un progetto, lo “Smart Cities”, che vede coinvolti molte realtà ma tutte in ambiti territoriali di propria pertinenza. Quanto sarà disposta la città a condividere questa esperienza? Ma è necessario definire meglio il concetto di Smart City (città intelligente). Cos’è? Una città può essere definita “Smart City” quando gli investimenti effettuati in infrastrutture di comunicazione, tradizionali (trasporti) e moderne (ICT), riferite al capitale umano e sociale, assicurano uno sviluppo economico sostenibile, un’alta qualità della vita e una gestione sapiente delle risorse naturali attraverso l’impegno e l’azione partecipativa.
Le Smart Citiy possono essere identificate (e classificate) secondo sei assi o dimensioni principali: 1) economia intelligente; 2) mobilità intelligente; 3) ambiente intelligente; 4) persone intelligenti; 5) vita intelligente; 6) governance intelligente.
L’Unione Europea prevede una spesa totale che si aggira tra i 10 ed i 12 miliardi di Euro in un arco di tempo che si estende fino al 2020. Gli investimenti in conto sono volti a finanziare (o quantomeno stimolare) i progetti delle città europee che ambiscono a divenire “Smart”. Tali progetti sono rivolti all’ecosostenibilità dello sviluppo urbano, alla diminuzione di sprechi energetici ed alla riduzione drastica dell’inquinamento grazie anche ad un miglioramento della pianificazione urbanistica e dei trasporti.
In questo contesto, l’Area Metropolitana di Catania e particolarmente quella di Messina, hanno le caratteristiche e capacità di affrontare tale sfida? E saranno capaci di condividere con la propria area metropolitana questo progetto di sviluppo? Esistono e/o avranno la capacità di programmare infrastrutture e servizi condivisi, rispetto alle realtà comunali eterogenee e destrutturate? Avrà Messina la capacità di programmare interventi capaci di sviluppo delle aree rurali, quando il sistema “Smart City”, è strutturato rispetto ai grandi agglomerati urbani ad alta densità? E, soprattutto, potrà la Città Metropolitana di Messina essere destinataria di queste risorse se la stessa non compare nella lista di individuazione delle aree metropolitane fatta propria dall’Unione Europea? E se si riuscisse in tal senso, attraverso l’individuazione dell’area metropolitana con Reggio Calabria, come potranno essere condivise le risorse su un territorio che si estende da Terme Vigliatore a Taormina fino ai quei Comuni ai confini della Provincia di Cosenza? Saranno capaci gli Enti metropolitani di programmare uno sviluppo territoriale e la sua promozione in forma coerente e omogenea sotto il profilo turistico e dello sviluppo economico in generale?
Noi qualche dubbio lo nutriamo…