Come ogni estate arriva il gran caldo che favorisce parecchi incendi (già quest’anno di uno sviluppatosi nel quartiere Jungo abbiamo scritto Giarre, quartiere Jungo, incendio a pochi metri dagli alloggi popolari) specialmente in tutte le aree incolte delle periferie che sono sommerse di sterpaglie ed erbacce secche. Due anni fa, il 30 luglio per l’esattezza, nelle periferie di Giarre si è vissuta quasi una catastrofe, una giornata di vera emergenza incendi, che ha causato parecchi danni e tantissima paura. Un vasto incendio, in un terreno incolto di via Messina, raggiunse perfino alcuni condomini dove alcune persone, per lo spavento, sono finite in ospedale; in un palazzo sono bruciati i climatizzatori, le tende e le tapparelle e solo grazie all’intervento dei Vigili del fuoco si è evitato il peggio. Un altro incendio, sviluppatosi ai margini del torrente Macchia, è arrivato a bruciare alcune auto parcheggiate in un condomino di via Pietro Mascagni. Addirittura le fiamme, spinte dal forte vento, raggiunsero e bruciarono parte della vegetazione della “bambinopoli” di piazza Immacolata raggiungendo anche l’aiuole attorno alla statua di Padre Pio.
Le ordinanze che emettono i sindaci – nel caso di Giarre è stata emessa – intimano ai proprietari ed agli affittuari dei terreni ubicati nei centri urbani e nelle immediate vicinanze, di provvedere alla pulizia degli stessi ma, nella maggior parte dei casi, tali ordinanze non vengono rispettate. Come scritto, in base all’ordinanza, i proprietari o gli affittuari di tali terreni dovrebbero quindi provvedere al taglio e alla successiva eliminazione delle stoppie, fieno o di altro materiale infiammabile fino alla distanza di cinque metri ma, di fatto, quasi nessuno rispetta queste ordinanze forte del fatto che, spesso, chi deve vigilare non riesce ad ottemperare a tutti i controlli e men che meno si riesce a multare gli inadempienti. Alle aree private, come se non bastasse, si aggiungono le aree pubbliche, ovvero di proprietà del Comune, molte delle quali, soprattutto in periferia, non “brillano” per pulizia e manutenzione e, quindi, non costituiscono quello che si potrebbe definire un esempio al cittadino. Quindi, come ogni anno siamo alle solite. E come ogni anno ci interroghiamo sul perché non si riescano a creare le condizioni minime di prevenzione studiando, magari, un piano di scerbamento, che parta dalle aree periferiche, solitamente più “ricche” di sterpaglie secche, e arrivi per ultimo al centro della città.
Gaetano Bonaventura