Levata di scudi di varie associazioni di volontariato del comprensorio contro il discusso strumento di programmazione triennale, recentemente approvato dai sindaci dei ventiquattro Comuni ricadenti nel Distretto Sociosanitario D32. Inviati appelli al Governo regionale ed anche agli stessi primi cittadini affinché si riformuli il tutto, tenendo conto delle progettualità proposte dal terzo settore
Non gode affatto di buona salute il Distretto Sociosanitario D32 di Taormina, ossia l’organismo comprensoriale rappresentativo di ventiquattro Comuni (ricadenti tra il Taorminese e le Valli dell’Alcantara e dell’Agrò), istituzionalmente chiamato a fornire risposte ai bisogni dei cittadini in condizione di maggiore fragilità (indigenti, disabili, donne vittime di violenza, ecc.). E’ nell’occhio del ciclone, infatti, il Piano di Zona 2013-2015 approvato nei giorni scorsi dal Comitato dei Sindaci delle municipalità rientranti nel sopra citato Distretto e risultato per nulla gradito a diverse associazioni di volontariato operanti sul territorio, le quali hanno inviato all’Assessorato Regionale della Famiglia una richiesta di bocciatura del Piano in questione, chiedendo al contempo ai primi cittadini di recitare il “mea culpa” annullando quanto da loro deliberato al riguardo.
Ad alzare le barricate sono state, in particolare, le associazioni “Penelope” e “Carpe Diem” di Taormina, “Evaluna Onlus” di Gaggi, “Dispari” ed “Avis” di Santa Teresa di Riva, la cooperativa sociale “Cuore Matto” di Taormina ed il Coordinamento per l’area jonica del “Centro Servizi Volontariato” di Messina.
A non andare giù ai rappresentanti del terzo settore (con in testa il presidente dell’associazione “Penelope”, Giuseppe Bucalo, da quasi un ventennio impegnato con i suoi volontari ad erogare servizi sociali in numerosi Comuni della fascia jonica messinese e della Valle dell’Alcantara) è stato, in linea generale, l’atteggiamento prevaricatorio dei sindaci, i quali avrebbero “snobbato” le progettualità elaborate dalle associazioni di volontariato in sede di formulazione del Piano per privilegiare, invece, iniziative “politicamente” più rilevanti «che prevedono – si legge nelle varie lettere che le associazioni ricorrenti hanno spedito in questi giorni alla Regione Siciliana ed ai Comuni del Distretto – l’utilizzo di ingenti risorse pubbliche a fronte di una ricaduta nulla in termini di servizi e di efficacia.
«In pratica – spiegano gli esponenti del volontariato entrando nei dettagli del discusso Piano di Zona – si continua erroneamente a ritenere che, per affrontare le sfide della povertà e dei bisogni sempre più estesi, basta elargire somme di denaro in forma di elemosina anziché creare servizi e serie opportunità di affrancamento definitivo dalle situazioni di indigenza. Ed al danno si aggiunge la beffa, in quanto è stato partorito una sorta di “Manuale Cencelli” delle politiche sociali, visto che le risorse finanziarie di questo Piano di Zona saranno assegnate a ciascun Comune in ragione del numero di abitanti: ciò significa che il 50% dei fondi a disposizione andrà ai tre Comuni più popolosi, mentre i restanti ventuno dovranno accontentarsi del rimanente 50%. Morale della favola: chi ha di più avrà sempre di più, e chi ha di meno avrà sempre di meno”.
Ma quali sono le “strategie” messe in campo dai sindaci in questo Piano di Zona e quali, invece, le progettualità alternative e senz’altro più innovative proposte dal mondo del volontariato?
Per quanto concerne l’assistenza sanitaria, si prevedono ventiquattro progetti per disabili a domicilio ed altrettanti di assistenza igienico sanitaria per minori inseriti in ambito scolastico, con una media, dunque, di due assistiti per Comune.
«Noi invece – sottolineano i rappresentanti delle associazioni – avevamo proposto i “Laboratori di Autonomia”, ossia tre centri diurni (uno per ogni sub-area territoriale del Distretto) che avrebbero assistito per due anni sessanta disabili gravi, con attività volte alla socializzazione e alla promozione di esperienze lavorative».
Spostandoci sul fronte della lotta alle povertà, i sindaci intendono far leva sul Fondo di Solidarietà Sociale e sulle cosiddette “borse lavoro” per garantire ai soggetti indigenti sussidi “una tantum” pari a quattrocento euro mensili.
«Anche qui – fanno osservare gli esponenti del volontariato – ci troviamo di fronte ad “elemosine” umilianti per chi le riceve e non certo in grado di risolvere alla radice alcun problema economico. Peraltro, con lo scellerato criterio di ripartire i fondi sociali in proporzione al numero di abitanti, di queste pressoché ininfluenti “paghette” beneficeranno maggiormente i residenti nei tre Comuni più popolosi, mentre gli indigenti degli altri ventuno rimarranno prevalentemente a bocca asciutta. Sta di fatto che per finanziare questo tipo di sterili, assistenziali e dispendiosi interventi, i sindaci hanno preferito sacrificare due servizi essenziali da noi proposti per contrastare efficacemente le sempre più ricorrenti situazioni di grave emarginazione (il progetto “Bassa Soglia”, mirato all’accoglienza h 24 di soggetti adulti in situazione di povertà estrema, senza dimora o privi di supporto socio-familiare) e la violenza sulle donne (il progetto “Casa Rifugio” per donne con minori).
«Ci dicono – concludono le associazioni – che tale Piano di Zona sia stato approvato all’unanimità dei presenti. Ma sappiamo bene che alcuni sindaci erano assenti ed altri, pur presenti, hanno ritenuto doveroso attenersi alle ragioni della maggioranza. Facciamo appello a questi ultimi (assenti o dubbiosi) nonché a quelli che, con scarsa attenzione, hanno votato un’operazione socialmente e politicamente non sostenibile, affinché, con un atto politico di responsabilità, ritirino in autotutela le delibere di Giunta con cui è stato approvato questo “scandaloso” Piano di Zona».
Rodolfo Amodeo