C’è anche un insospettabile giarrese, D.M., 66 anni, tra i sette arrestati dell’operazione condotta dai militari delle Fiamme Gialle del Comando Provinciale di Catania, coordinati dal gruppo per i “reati contro la criminalità economica” della locale Procura della Repubblica, responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata all’abusiva mediazione creditizia, attività per la quale hanno percepito, sotto forma di provvigioni, illeciti profitti per oltre 4,2 milioni di euro.
Le indagini sono partite da due “segnalazioni di operazioni sospette” trasmesse dall’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia sul conto di D.M., imprenditore operante nel settore dei servizi alle imprese, relative al versamento di numerosi assegni bancari, per oltre 3 milioni di euro, emessi da società aventi sede in diverse regioni italiane (Lombardia, Toscana, Lazio, Campania e Sicilia) e contestuale prelievo, in contanti, di parte di dette somme. Le investigazioni del Nucleo di Polizia Tributaria di Catania – condotte anche attraverso l’ausilio di intercettazioni telefoniche, accertamenti bancari e acquisizioni documentali – hanno consentito di appurare l’esistenza di un’organizzazione, con base in Sicilia e Toscana che, approfittando dello stato di forte difficoltà economica di alcune aziende che non riuscivano più ad accedere al credito bancario, prometteva loro di ottenere i finanziamenti necessari, anche in difetto delle previste garanzie patrimoniali.
L’attività, svolta in modo abusivo in quanto non autorizzata dalla Banca d’Italia (Ente che gestisce l’albo dei “mediatori creditizi”), è stata promossa e organizzata dal M., unitamente agli altri indagati, ognuno dei quali aveva uno specifico ruolo operativo, per il quale percepiva parte dei proventi delittuosi. In particolare, D.M. – avvalendosi dei propri collaboratori catanesi si occupava di individuare imprese che necessitavano di finanziamenti bancari alle quali proporre la possibilità, previo pagamento di commissioni, di accedere al credito da parte degli Istituti “Monte dei Paschi di Siena” e “MPS Capital Services” (entrambi facenti parte del medesimo gruppo bancario). Il braccio destro del Marcuccio, D.Z., aveva il compito di prendere contatti con gli imprenditori in difficoltà economica e proporre loro le condizioni della consulenza offerta, finalizzata a “favorire” il buon esito della pratica di finanziamento.
Tali condizioni consistevano, in buona sostanza, nel pagamento immediato di un anticipo pari al 50% della provvigione, determinata in misura variabile tra il 4 e il 6% del finanziamento richiesto alla banca. L’imprenditore che accettava poteva incontrare il M. Gli incontri avvenivano sia presso una sala riservata dell’Hotel Sheraton di Firenze sia presso le sedi di Firenze e Siena dei due Istituti di credito. In tali circostanze, il principale indagato – presentandosi come funzionario della Fondazione del Monte dei Paschi di Siena, competente a deliberare l’erogazione del finanziamento – sottoponeva ai clienti un contratto di consulenza e chiedeva il pagamento della prima tranche del compenso pattuito.
La città di Firenze costituiva un importante snodo, sia in quanto sede della Mps Capital Service, sia perché base degli altri indagati, la cui attività era essenziale per il buon esito degli affari illeciti. Tra gli indagati anche l’ex europarlamentare P.B. (eletto nelle liste PDL nella legislatura 2009-2014), per l’influenza esercitata sui dirigenti della banca, e G.M., funzionario della MPS Capital Service S.p.a., per l’opera di preventivo esame e “aggiustamento” delle pratiche da trattare. È stato anche accertato che, in talune occasioni, il M. ha suggerito a potenziali clienti che si erano presentati in banca di rivolgersi al M. in ragione delle sue importanti “conoscenze” all’interno dell’Istituto di credito.
Il ruolo rivestito da B. nel sodalizio criminale emerge dal tenore di diverse conversazioni intercettate tra il M. e l’ultimo sodale, anch’egli fiorentino, A.C., che dell’uomo politico è risultato essere l’intermediario nonché il destinatario di diverse somme di denaro, tramite ricariche postepay, sempre comunque dirette al B.. Più in dettaglio, nel periodo oggetto d’indagine (2009-2012) risultano accreditati sul conto corrente intestato al M. complessivi 4,2 milioni di euro corrisposti da varie società clienti dislocate su tutto il territorio nazionale.
Parte delle somme incassate dal M. sui propri conti correnti erano successivamente distribuite ai vari associati in ragione del ruolo concretamente svolto in relazione alla singola “pratica”, perlopiù in contanti (risultano, infatti, effettuati prelevamenti per oltre 300.000 euro) e/o versate su conti intestati a soggetti terzi, così da celare la reale natura del pagamento. Con specifico riferimento alla posizione delle società che si sono avvalse dell’opera dell’organizzazione, molte delle stesse risultano oggi in fallimento o in liquidazione. Le somme complessivamente richieste quali finanziamenti, per il tramite del sodalizio criminale, ammontano a oltre 300 milioni di euro. Gli accertamenti della Guardia di Finanza nei confronti di D.M.non si sono limitati alle vicende oggetto di indagine, ma sono stati rivolti anche alla sua posizione fiscale.
Nei confronti della sua ditta individuale, infatti, nel 2013 è stata contestata un’evasione fiscale di oltre 6 milioni di euro, realizzata anche mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti per oltre 3 milioni di euro. Nella circostanza, è stato eseguito un decreto di sequestro, emesso dall’Autorità Giudiziaria etnea, di beni e attività finanziarie per circa 1,6 milioni di euro.
GLI ARRESTATI.
D.M., consulente aziendale; D. Z., perito informatico; G. Q., commercialista; P. B., impiegato di banca; A.S.P., libero professionista; G. M., all’epoca dei fatti funzionario di banca; A. C., , pensionato, incensurato. Dell’organizzazione è risultato far parte anche l’ex eurodeputato fiorentino P.B., anch’egli indagato per i medesimi reati, nei cui confronti si è proceduto alla notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari.