I Carabinieri del ROS e quelli del Comando Provinciale di Catania hanno dato esecuzione ad un provvedimento di confisca dei beni emesso, su richiesta della locale Procura Distrettuale della Repubblica, dal Tribunale di Catania – Sezione Misure di Prevenzione (ai sensi del D.LGS. 159/11) nei confronti di Francesco Pesce (nella foto a sinistra), tratto in arresto dal ROS nell’ambito dell’indagine Iblis il 03.11.2010 e condannato in primo grado il 09.05.2014 alla pena di anni 12 poiché ritenuto responsabile di avere concorso nella famiglia di Cosa Nostra catanese Santapaola – Ercolano.
Il provvedimento, che si fonda sulle emergenze investigative provenienti dalle attività condotte dal ROS e coordinate dalla Procura Distrettuale Antimafia, è sorretto dagli esiti dell’indagine Iblis, svolta dalla Sezione Anticrimine di Catania in direzione delle famiglie di Catania, Ramacca e Caltagirone, che ha permesso di raccogliere decisivi elementi probatori sull’evoluzione di Cosa Nostra.
Da queste indagini, infatti, è emerso che Pesce concorreva nella famiglia di Cosa Nostra catanese quale imprenditore che metteva a disposizione di detto sodalizio la sua attività imprenditoriale, in stretta connessione con l’allora rappresentante provinciale Vincenzo Aiello ed altri affiliati mafiosi di rango, partecipando alla distribuzione di lavori controllati direttamente o indirettamente dall’organizzazione criminale a cui versava anche delle somme di denaro e permettendo ad imprese mafiose od a disposizione della medesima associazione di partecipare alle attività economiche intraprese, così, da un lato ponendo e mantenendo le sue imprese nel mercato in violazione delle regole della libera concorrenza e dall’altro apportando un concreto contributo causale ai fini della conservazione, del rafforzamento e, comunque, della realizzazione anche parziale del programma criminoso di Cosa Nostra etnea.
Già nell’anno 2005, grazie alla intercettazione dei colloqui carcerari effettuati tra Vincenzo Aiello ed i suoi familiari, si documentava l’esistenza di cointeressenze economiche, legate alle attività di Cosa Nostra, tra Francesco Pesce e Vincenzo Aiello; in quel contesto si accertava anche che era proprio Pesce ad essere onerato di versare lo “stipendio” alla famiglia del detenuto Aiello.
In un colloquio emergeva in particolare l’esistenza di rilevanti interessi economici che Galea Eugenio (già rappresentate provinciale di Cosa Nostra catanese) ed Aiello avevano proprio con Pesce e Carmelo La Mastra in ordine alla quota di un affitto annuale, pari a circa 600 milioni delle vecchie lire, relativa ad un terreno sito a Motta S. Anastasia, vicenda questa di cui si erano interessati gli esponenti più importanti dell’organizzazione tra cui lo stesso Benedetto Santapaola ed il figlio di questi Vincenzo.
Dalle indagini svolte è emerso inoltre con sicurezza che Francesco Pesce era utilizzato da Vincenzo Aiello per fissare degli appuntamenti con imprenditori e, comunque, per discutere di fatti attinenti all’organizzazione mafiosa.
In tale ambito è stato infatti documentato che Pesce ha svolto un importante ruolo di intermediazione con il responsabile della logistica di una azienda attiva nella grande distribuzione, in una vicenda che interessava Cosa Nostra Etnea e Cosa Nostra Palermitana, questa ultima all’epoca rappresentata dall’allora latitante Salvatore Lo Piccolo da cui si era recato Vincenzo Aiello il 19.06.2007 anche per discutere della vicenda che vedeva coinvolto Pesce.
Grazie al servizio di video sorveglianza svolto presso gli uffici della società Primefrut, riconducibile ai fratelli Aiello, si accertava inoltre che Francesco Pesce si incontrava sovente e in modo riservato con Vincenzo. Aiello
In particolare il 18.05.2007 e 24.05.2007 si notavano Vincenzo Aiello e Pesce intenti a comunicare, in maniera riservata, nella zona adiacente all’ingresso laterale della ditta; i due, evidentemente timorosi di essere intercettati, parlavano l’uno ad indirizzo dell’orecchio dell’altro.
In alcune intercettazioni ambientali emergeva che Vincenzo Aiello era consapevole di potere contare sul socio e sodale Francesco Pesce per insinuarsi anche in alcuni lavori che dovevano essere avviati per la realizzazione di campi da golf e di un imponente parco tematico progettato per il territorio di Regalbuto; in relazione a questi progetti si apprendeva che effettivamente Pesce si stava interessando sia della costruzione di una struttura alberghiera con campi da golf che del progetto per la costruzione di strutture ricreative che sarebbero dovute sorgere nel Parco di Regalbuto.
In conclusione è possibile affermare che dalle indagini complessivamente condotte dal ROS sul conto di Francesco Pesce è emerso che questi, imprenditore legato in maniera simbiotica alla famiglia di Cosa Nostra etnea:
– aveva uno stretto e fidato rapporto con Vincenzo Aiello, con cui si incontrava in riunioni riservate per discutere di affari riservati;
– aveva rilevanti cointeressenze economiche con Aiello, che coinvolgevano anche importanti rappresentanti della stessa famiglia mafiosa;
– pagava lo stipendio alla famiglia di Aiello, quando questi era detenuto;
– è stato socio occulto di Aiello in una società che effettuava lavori edili;
– si adoperava fattivamente per consentire al ramo imprenditoriale di Cosa Nostra, capeggiato da Aiello, l’inserimento in rilevanti vicende imprenditoriali.
Il valore dei beni oggetto di confisca, che comprendono 2 imprese, 2 quote societarie e 26 immobili, è stato quantificato in circa 10 milioni di euro.