A dirlo, all’interno di una lunga intervista, dove si parla anche della trattativa Stato-mafia è Salvatore Borsellino (nella foto a sinistra), fratello del giudice Paolo Borsellino, assassinato dalla mafia il 19 luglio del 1992, Fondatore del movimento delle Agende Rosse, che da 22 anni porta avanti la battaglia per l’accertamento della verità su questa e altre stragi mafiose.
– Secondo lei, attualmente, ci sono le stesse condizioni di tensione rispetto ai tempi degli attentati che colpirono Falcone e Borsellino?
“Credo purtroppo che ci siano. Nel ’92, Paolo dopo l’assassinio di Falcone, soprattutto, era certo che prima o poi sarebbe successo qualcosa. Analogamente a Di Matteo, anche nel caso di Paolo c’erano state notizie di un carico di esplosivo che era arrivato a Palermo, cosa di cui Paolo venne a sapere casualmente all’aeroporto. Anche in quel caso, i provvedimenti che si dovevano prendere, se non altro, rendere più difficile il “lavoro” a chi voleva attentare alla vita di Paolo, non vennero presi. Allora si trattò del divieto di sosta in via D’Amelio, che avrebbe impedito la permanenza all’ auto che poi venne usata per l‘attentato. Adesso si tratta del bomb jammer che, benché promesso dal ministro dell’Interno, non viene concesso alla scorta di Di Matteo. Comunque anche in questo caso la vita di Di Matteo è sicuramente ad alto rischio, senza contare che si sta cercando di fermare con ogni mezzo questo processo sulla Trattativa. Visto che non ci sono finora riusciti, potrebbero pensare di fermarlo in maniera estrema cioè attentando alla vita di Di Matteo”.
– E’ ipotizzabile una nuova strage mafiosa, in un momento come questo in cui si avverte una palpabile diffidenza dei cittadini verso le istituzioni, dovuto anche al quadro politico incerto e alla crisi economica?
“Purtroppo credo che sia ipotizzabile. In ogni caso però credo che non si tratterebbe di una strage mafiosa, perché non è sicuramente alla mafia che interessa fermare Di Matteo. Il processo che Di Matteo sta portando avanti, è un processo che dal punto di vista della mafia, eleva lo “status” della mafia: il processo sulla Trattativa vuole provare che lo Stato ha cercato di trattare con la mafia, portando lo stesso Riina al livello di uno Stato parallelo, come un capo di Stato con cui si può trattare. Quindi non è sicuramente alla mafia, che interessa eliminare Di Matteo, quanto piuttosto a chi, per vent’anni, ha taciuto su questa scellerata trattativa che fu avviata con la mafia e che costò la vita a Paolo Borsellino”.
– Qual è il pericolo maggiore che sta rischiando di correre la Sicilia in questa fase?
“Guardi, la Sicilia sta correndo il rischio di essere ancora una volta il teatro di una strage, non di mafia ma, ribadisco, una strage di Stato. Perché questa fu la strage del 1992 e questo sarebbe un’eventuale strage se dovesse eventualmente coinvolgere Di Matteo.
– Alcune recenti sentenze, che appaiono inspiegabili, hanno allontanato i cittadini dalla magistratura: crede che di conseguenza, la magistratura possa perdere credibilità?
“Secondo me non si tratta di credibilità della magistratura, io parlo della credibilità dei magistrati, dei singoli magistrati. Non scordiamo che i peggiori nemici di Giovanni Falcone e anche soprattutto di Paolo Borsellino si trovavano all’interno della magistratura. Magistrati che ha portato avanti i primi due gradi del processo sulla strage di Via D’Amelio, avvallarono la testimonianza di un balordo come Vincenzo Scarantino, testimonianza che, depistando, è costata 20 anni di ritardo sulla giustizia su via D’Amelio. Quindi a me non piace parlare di credibilità della magistratura. Io parlo della credibilità di alcuni magistrati, tra questi sicuramente Nino Di Matteo.
– Lei è stato accusato di vilipendio al capo dello Stato. Alla luce del recente interrogatorio a cui è stato sottoposto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, interrogato, fra gli altri, anche dal pm Di Matteo, cosa ne pensa degli elementi emersi in tale interrogatorio?
“Io credo che Giorgio Napolitano, con la sua testimonianza al processo, abbia perso un’ottima occasione di dire quello che poteva dire. Perché è impensabile che il presidente della Repubblica non sapesse nulla dell’accenno fattogli da Loris D’Ambrosio sugli “indicibili accordi”. E’ impensabile che Napolitano non abbia ritenuto opportuno chiedere a D’Ambrosio, prima che fosse colpito dall’infarto che l‘ha portato via, che cosa intendesse dire con quegli “indicibili accordi”. E’ impensabile che Giorgio Napolitano che per vent’anni è stato un testimone privilegiato di quello che è successo nel nostro Paese, possa affermare di non sapere nulla della Trattativa. Penso anche che Giorgio Napolitano abbia confermato, col suo silenzio, su questi punti chiave, alle domande che gli sono state poste o che avrebbero dovuto porgergli, di essere il garante sulla trattativa Stato-mafia che avvenne negli anni ’90. Ecco, se questo significa portare vilipendio al capo dello Stato, io non posso fare a meno di affermare queste cose e penso che, ripeto, il presidente Napolitano sia il garante del silenzio sulla Trattativa Stato-mafia. E penso che questo lo abbia confermato anche con i suoi “non ricordo” “non so” nella deposizione che ha fatto in quell’aula del Quirinale trasformata in un’aula di giustizia”.
– Non si meraviglia quindi del fatto che neanche in quella circostanza, il presidente Napolitano abbia espresso solidarietà nei confronti di Di Matteo?
“Non mi meraviglia affatto. Ricordiamo che il presidente Napolitano è quello che, col suo conflitto di attribuzione sollevato proprio con la Procura di Palermo, ha apportato il più grave attacco alla stessa Procura e al processo sulla Trattativa che stava per essere istruito”.
Teresa Fabiola Calabria
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