Seconda, repentina, mozione di censura, nel breve giro di due mesi, contro il presidente del Consiglio comunale Antonino Grillo (nella foto a sinistra). A Randazzo non era mai accaduto prima d’ora.
Già lo scorso fine settembre, tra la bagarre generale, un’analoga proposta di censura non passò per l’astensione di due consiglieri di minoranza. Ma, stavolta, la situazione si è ribaltata per una prevedibile défaillance della maggioranza che sostiene il sindaco Michele Mangione.
Nell’ultima adunanza del Consiglio comunale, tenutosi martedì scorso (non altro che una seduta di aggiornamento della seduta convocata il 17 novembre) approfittando dell’assenza – a quanto si apprende giustificata – dei consiglieri Emanuele, Mollica e Sindoni, senza che l’argomento fosse all’ordine del giorno, l’opposizione (in maggioranza numerica) adducendo una serie di motivazioni e rispolverando una vecchia lettera di biasimo del marzo 2014 con cui si stigmatizzava il lavoro del presidente, con dieci voti favorevoli, due astenuti (Salanitri e Pagano) e cinque contrari (Anzalone, Priolo, Ceraulo, Gullotto e lo stesso Grillo) ha presentato, approvandola, una mozione di censura contro il presidente del Consiglio Grillo.
Al centro della mozione di censura vi è una sorta di anatema lanciato dalle minoranze al presidente Grillo fin dai primi mesi della sua elezione alla carica più importante del Consiglio. La mozione va a sindacare e censurare il comportamento del presidente ritenuto pregiudizievole per gli interessi della comunità.
Riassumendo gli addebiti contro Grillo, l’accusa consiste in una presunta imparzialità e inadeguatezza nella conduzione del suo ruolo istituzionale. Naturalmente sia l’interessato sia i colleghi della maggioranza respingono ogni addebito, contrattaccando. Tant’è che i capogruppo di Articolo 4, Ceraulo, del Pd, Anzalone, e della lista civica “Impegno per Randazzo”, Emmanuele, accusano l’opposizione di ostruzionismo dichiarando che «la mozione di censura contro il presidente Grillo avviene senza nessun motivo plausibile, ma semplicemente per continuare in un lungo e lento progetto politico di destabilizzazione di una maggioranza che ha stravinto le elezioni del 2013. Ad ogni modo – continuano i tre capigruppo – si è persa l’ennesima occasione per deliberare atti che potevano essere utili alla città. La nostra comunità è stanca di assistere a consigli comunali, o per meglio dire ai lunghi “teatrini” dove non si delibera nulla ma si finisce sempre con attacchi personali e sterili polemiche. Come consiglieri di maggioranza – dicono – chiediamo al presidente che faccia rispettare “alla lettera” il regolamento. È inconcepibile che le comunicazioni in aula durino dieci ore. Ci appelliamo alla parte sana delle minoranze – aggiungono – affinché i relativi consiglieri siano costruttivi nel dibattito e svolgano, insieme con noi, atti che servono effettivamente alla città. Ribadiamo il nostro totale appoggio sia politico sia personale al presidente del consiglio comunale Antonino Grillo e al sindaco Michele Mangione – concludono – nella speranza che i lavori consiliari e quelli della giunta possano portare alla nostra collettività un futuro più sereno e con meno imposizioni possibili».
La mozione di censura approvata dal Consiglio comunale sul piano giuridico non produce effetti e quindi non rimuove dall’incarico il presidente Grillo. Tuttavia, l’episodio è sintomatico dell’aria di grande ostilità, ma anche di precarietà, che si respira all’interno del Consiglio comunale. Qui prevale soprattutto la grave criticità politica rappresentata dalla mancanza di una solida e chiara maggioranza consiliare.
«La mozione di censura nei miei confronti non si attiene per nulla a quanto recita l’art. 57 del vigente regolamento del consiglio comunale – dichiara il presidente Grillo, che aggiunge – in politica ci sta tutto, ma io definisco questa mozione una “carognata politica”».
Qualcuno parla di una prova tecnica per una futura mozione di sfiducia contro il sindaco Michele Mangione che per legge, comunque, non potrà essere destituito prima dello scadere dei due anni dall’insediamento. Ma, nell’eventualità, i voti dell’attuale opposizione non bastano, bisognerà raggiungere una maggioranza qualificata, almeno 14 consiglieri disposti a votare la sfiducia. Come recita un vecchio proverbio italiano “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare” e al momento pare sia improbabile che in quattordici possano coalizzarsi con questo obiettivo, anche se in politica colpi di scena e capovolgimenti di fronte, purtroppo, sono continuamente latenti.
Ormai sono tanti anni che il palazzo di città è diventato un campo di battaglia tra fazioni rivali. La conseguenza di tutto ciò è l’immobilismo che, concretamente, si traduce nel cosiddetto “tirare a campare”. Va da sé che ciò non prospetta nulla di buono per la cittadinanza, soprattutto in questo momento di grande crisi economica e dei valori.
Il presidente Grillo, forse, sta pagando lo scotto per il mancato suggellamento di un presunto accordo per una larga intesa con un gruppo politico di minoranza che effettivamente lo avrebbe appoggiato nell’occasione della sua elezione alla carica di presidente. Ma il presunto accordo, nei fatti, pare che non si sia ratificato per la forte resistenza interna con una parte della maggioranza.
Gaetano Scarpignato