L’Isis alle porte, Tripoli rischia di essere espugnata -
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L’Isis alle porte, Tripoli rischia di essere espugnata

L’Isis alle porte, Tripoli rischia di essere espugnata

Mentre a Roma nei giorni scorsi i nostri parlamentari si scazzottavano sulla riforma della Costituzione, a soli 500 km da noi, i miliziani dello Stato islamico conquistavano l’importante città libica di Sirte. Un vero e proprio scenario di guerra dove la Sicilia si trova improvvisamente in prima linea

Una minaccia, quella dell’Isis, spesso e volentieri sottovalutata perché considerata lontana e quindi militarmente inoffensiva. Le vicende degli ultimi giorni, invece, trascinano l’Italia e gli alleati occidentali a dover prendere coscienza del fatto che la minaccia della nostra sicurezza, e quindi della nostra libertà, è arrivata davanti alle porte di casa nostra.

Certo, negli ultimi mesi abbiamo assistito ad un progressivo cambiamento della strategia dei fondamentalisti islamici, i quali sono passati da una minaccia sostanzialmente basata su una rete terroristica “liquida”, con piccole cellule sparse per tutto il mondo, ad una minaccia sostanziata da un vero e proprio Stato dotato di un esercito, di risorse economiche ingenti, di legami internazionali tanto oscuri quanto pericolosi. L’errore principale dell’Occidente, quindi, è stato il non comprendere questa metamorfosi e l’aver fatto poco o nulla per stroncare sul nascere la minaccia jihadista, anzi se si pensa proprio a quanto fatto nel 2011 per rovesciare Gheddafi ci sarebbe da mettersi le mani ai capelli.

In questo quadro risultano tremendamente profetiche le parole che Gheddafi ebbe a pronunciare qualche settimana prima della sua deposizione e della sua successiva barbara uccisione: «Il regime qui in Libia va bene. È stabile. Cerco di farmi capire: se si minaccia, se si cerca di destabilizzare, si arriverà alla confusione, a Bin Laden, a gruppuscoli armati. Migliaia di persone invaderanno l’Europa dalla Libia. Bin Laden verrà ad installarsi nel Nord Africa e lascerà il mullah Omar in Afghanistan e in Pakistan. Avrete Bin Laden alle porte. (…) Ma voglio farle capire che la situazione è grave per tutto l’Occidente e tutto il Mediterraneo. Come possono, i dirigenti europei, non capirlo? Il rischio che il terrorismo si estenda su scala planetaria è evidente».

Per la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale l’Italia è potenzialmente oggetto di azioni militari ostili di preoccupante rilevanza, se si considera il fatto che, qualora l’Isis riesca a conquistare centri importanti e nevralgici della Libia come Misurata e Tripoli (a oggi non si vede chi possa fermarli), la loro minaccia si avvicinerebbe al nostro Paese a meno di 300 km, cioè la gittata media di un missile Scud.

Tra l’altro c’è anche un precedente. Basti pensare a quanto avvenne nel 1986 quando, al culmine di una crisi diplomatica tra Stati Uniti, Italia e Libia, il regime di Gheddafi decise di lanciare dei missili indirizzati verso Lampedusa che caddero a soli 2 km dall’obiettivo.

Tutto questo senza considerare l’ipotesi che gli jihadisti potrebbero essere in possesso di armi ancora più sofisticate e performanti, cosa che i più accreditati analisti non escludono vista l’enorme portata dell’oscuro mercato internazionale delle armi dove tutto è possibile se lautamente pagato. Per queste ragioni si comprende quanto sia davvero in prima linea la Sicilia.

È pur vero che dalle grandi difficoltà nascono grandi opportunità, in questo contesto. Anche se con grave ritardo, l’Italia potrebbe assumere una posizione di leadership, incoraggiando e guidando una coalizione internazionale di peace enforcement, chiedendo la collaborazione anche e soprattutto degli altri Paesi africani della sponda sud del Mediterraneo. Davanti all’Italia l’occasione storica per ripristinare la propria egemonia in Libia dopo la follia di Sarkozy del 2011 che, eliminando brutalmente Gheddafi, consegnò il Paese al caos e al terrorismo islamico. Se c’è una cosa che Renzi farebbe bene a emulare da Sarkozy è l’intraprendenza e il decisionismo che, almeno a parole, dovrebbero appartenergli. Diversamente, se aspetteremo che siano altri a decidere per noi, allora rassegniamoci all’attesa dei missili e degli attentati islamici.

Non può esistere per ragioni storiche, politiche, geografiche, economiche, una Libia ostile all’Italia, a maggior ragione non può esistere una Libia in mano a sanguinari tagliagole.

La collaborazione degli alleati africani, in questo senso, assume un ruolo fondamentale e strategico affinché l’intervento sul suolo libico non sia strumentalizzato e fatto passare per un’invasione di campo, o peggio, per una nuova colonizzazione.

Ma per il momento tutto è solo nelle ipotesi, le uniche cose certe sono che la Libia sta rapidamente cadendo nelle mani dei terroristi islamici del Califfo Al Baghdadi e che è partita l’operazione gestita dalla marina militare per l’evacuazione degli italiani presenti sul territorio libico.

«L’aria ormai è pesantissima», dice Bruno Dalmasso, ottantaduenne custode del cimitero italiano a Tripoli. Dopo 40 anni se ne va anche lui.

Alberto Cardillo

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