Plebiscito di consensi per la Primavera d’autore

Tre incontri letterari grazie ai quali buona parte della collettività santalfiese ha compreso che i romanzi e le poesie assurgono a codici di accesso a correnti emozionali dalle quali nessuna anima è immune. Il ricordo, la malinconia, la paura e l’amore sono infatti meccanismi interiori che possono innescarsi in ogni anima che percorre il sentiero della vita. E poiché tale sentiero nasce per intersecarsi con quello degli altri individui, ecco che quest’incrocio di esistenze accende in noi sentimenti che formano la nostra identità.

È questo il filo conduttore che accomuna i contenuti delle opere, esposti dagli autori delle stesse e da illustri relatori in occasione della rassegna culturale promossa dal giornalista Mario Pafumi e organizzata sia dal predetto che dall’assessore alla pubblica istruzione di Sant’Alfio Laura Leonardi (la quale è stata coadiuvata dal presidente del Consiglio comunale Renato Finocchiaro).

Il primo atto di questi appuntamenti tesi a favorire l’incontro tra il popolo santalfiese e l’universo della letteratura, si è sostanziato nella dissertazione di Salvatore Fresta, ex impiegato comunale santalfiese, relativamente ai contenuti della sua opera intitolata “I miei ricordi santalfiesi”. Illustrando i passaggi salienti di un componimento che presenta i connotati di un autentico amarcord, Salvatore Fresta ha rivisitato tappe della sua esistenza che combaciano non solo con la sua totale immersione nella sacralità delle tradizioni del suo paese, ma anche con avvenimenti che hanno scandito la storia di Sant’Alfio. Fresta, nato nel novembre del 1947, era l’ultimo di tre figli, ma i primi giorni della sua nascita furono caratterizzati da un evento drammatico. Il fratello gemello e settimino, morì infatti dopo 7 giorni dalla nascita.

A questo evento si agganciava il ricordo che Fresta custodiva del parroco di allora Francesco Parisi, il quale, ricordandogli la morte del fratello, forse lo invitava ad acquisire sin da piccolo un senso di responsabilità dei confronti dei suoi familiari. Figlio di genitori la cui unione fu originata da una “Fuitina”, ovvero da una fuga d’amore culminata nella celebrazione delle nozze in incognito nelle prime ore del mattino, Fresta visse momenti toccanti ed al contempo dolorosi che segnarono la sua esistenza. Uno di questi fu il terremoto del 1953, che determinò la distruzione del rione Sciara, ascrivibile al fondo macchia. Un altro evento toccante che comportò l’intersezione della sua esistenza sia con quella di Padre Francesco Parisi che con il vice Parroco Grasso, fu l’eruzione lavica del 1971. In contrada “Serracozzo”, ovvero dove sorge il rifugio Citelli, fuoriuscì un fiume di lava che minacciava il paese.

Questa circostanza rappresentò per Fresta una ulteriore occasione per corroborare il suo senso di devozione verso Sant’Alfio oltre che verso gli altri due Santi. La consegna ai bambini della Teca contenente le reliquie dei santi all’altezza della contrada Felcerossa, fu infatti seguita dal tanto atteso miracolo, maturato proprio dopo la richiesta ai tre martiri di intercedere affinchè fermassero il fronte lavico, poi arrestatosi nel torrente Cavagrande, e per la precisione in zona Fossapoliti. Il memoriale di Fresta, come ha sottolineato poi il prof. Girolamo Barletta, è una raccolta di ricordi, anche fotografici, in cui emerge la volontà di rimarcare che i tempi odierni non ricalcano la solennità delle tradizioni del passato.

Unico anello di congiunzione tra passato e presente della storia Santalfiese, è infatti, secondo Fresta, soltanto la “dera”, ovvero il falò di legna resinosa acceso il giovedi e il venerdi sera antecedenti il giorno della festa. Al ricordo della squadra di calcio Cedig si accompagna poi anche la memoria di toccanti tradizioni della liturgia del luogo, che nel tempo si sono fiaccate fino a scomparire. Il ricordo della strenna che i bambini chiedevano in regalo il giorno dell’epifania o il ricordo della novena la quale alla fine culminava nella consegna a clero e chierichetti di biscotti con glassa di cioccolato, è una delle peculiarità che connotano sia l’excursus di Fresta sulla sua opera che l’esegesi di Barletta in merito al memoriale dell’ex impiegato santalfiese. U “zuccu” è un altro rituale che Fresta ha rimembrato con nostalgia insieme ad una festa patronale che, oltre a caratterizzarsi per l’esibizione di due bande, si distingueva per un senso di raccoglimento non riscontrabile oggi. Fresta infatti ha evidenziato come l’odierna festa dei tre Santi, invece di concentrarsi nella piazza centrale come un tempo, interessi tutto il paese connotandosi però per un intreccio con fenomeni del microcosmo folkloristico come la sfilata dei carretti siciliani. Il culto della rimpatriata con i compagni del “Geometra” di Riposto è un altro aspetto sottolineato nel suo memoriale, per esplicitare il concetto secondo cui l’amicizia coltivata nel tempo è quella che aiuta l’anima a conservare intatte le proprie virtù. Le letture a cura del giornalista Mario Pafumi, inerentemente a stralci della fatica letteraria di Fresta, hanno suggellato il primo dei tre incontri.

Nel secondo, scandito dalla dissertazione della professoressa Gabriella Gullotta sull’opera del prof. Paolo Salvatore Sessa “Specchio delle mie trame”, è stata snocciolata l’essenza del predetto romanzo. Trattasi di una silloge che si articola in sei racconti i cui rispettivi personaggi manifestano un loro disagio esistenziale. Sebbene le storie siano diverse, il comune denominatore di questi racconti è il senso di paura che si manifesta in ognuno quando ci si confronta con quella parte di se stessi che è stata rimossa. Pertanto, alla luce di tale concetto, nella silloge del professore Paolo Salvatore Sessa è possibile riscontrare tracce degli studi freudiani poiché l’io, a metà strada tra l’es ed il super-io, può in qualsiasi momento fare i conti con quell’inconscio le cui pulsioni sono state rimosse proprio dalla parte cosciente di noi stessi.

Dalla conduzione dei lavori a cura dello scrittore Vladimir Di Prima e dalla lettura dei brani scelti effettuata dall’autore della silloge, è emerso proprio quel senso di sofferenza che affiora quando la vita denuda pulsioni che entrano in conflitto con il super-io: ovvero con il bagaglio di convenzioni etiche e morali trasmessoci. Sotto questo profilo, si è rivelata molto simile l’esegesi del romanzo di Lucio Paolo Alfonso “Contesa”. In questo romanzo introspettivo spicca non solo la contesa tra eros e tanatos, e dunque tra l’amore e la morte, ma anche il conflitto tra es (inconscio) ed io. Alla fine, il protagonista, l’architetto Giovanni Spuches, pur di non vegetare in Sardegna, decide di tornare in Sicilia dove però si affiderà a psicofarmaci che lo faranno vivere di allucinazioni.

Il professor Antonino Alibrandi, docente di lettere, ha indossato i panni del relatore, coadiuvato dal prof. Salvatore Ivan D’Agostino. Le letture sono state curate dal prof. Paolo Sessa. Oggi invece, alle ore 18 nella sala “Livatino” del municipio di Sant’Alfio, è previsto l’ultimo atto di questi venerdi letterari. La professoressa Marinella Fiume, scrittrice e saggista, illustrerà la fatica letteraria di Mario Pafumi “Le radici dell’anima… e dintorni”. Gli interventi musicali del chitarrista Piero Romano e le doti da menestrello del cantastorie Luigi Di Pino, impreziosiranno l’ultima serata di questo calendario di incontri promosso sia dal sindaco di Sant’Alfio Giuseppe Nicotra che dal gruppo di facebook “Etnei nel mondo”.