Ha avuto una certa eco la marcia di protesta contro la chiusura del pronto soccorso di Giarre. La manifestazione, organizzata dalla rete delle associazioni Jonica e da membri delle associazioni del territorio, ha centrato l’obiettivo di scuotere le coscienze individuali e di saldarle tra di loro affinchè costituissero un imponente muro di dissensi per quegli inadempimenti dell’Asp che stanno comportando l’assenza di un presidio in grado di rispondere senza balbettamenti alle emergenze del locale distretto socio-sanitario.
Una folta schiera di boy-scout, animata da forte senso civico, ha sciorinato uno striscione inneggiante alla tutela di quell’art. 32 della costituzione che si richiama alla difesa del diritto alla salute. Le rivendicazioni dei boy-scout si sono unite a quelle di una comunità coinvolta non solo dagli inviti circolati su facebook ma anche da una autentica campagna di pubblicizzazione che ha ricalcato il modello riscontrabile in tempi di comizi elettorali. Un tripudio di volantini che chiedevano la riappropriazione di un ospedale efficiente, ha tappezzato di bianco un corso Italia che brulicava di forte partecipazione emotiva. Il corteo, partito da Villa Pantano e scandito da minuti di raccoglimento in memoria delle vittime della malasanità, si è distinto per una compostezza che non ha rinunciato a legittimi sfoghi imprescindibili per una collettività che non può abdicare alla sua sovranità popolare. Il raggiungimento di piazza Duomo ed il confronto con la rete delle associazioni ha rappresentato l’ultimo atto di un evento che sembra destinato ad inaugurare una sequela di manifestazioni volte a lanciare con forza un appello alle istituzioni.
Intanto fioccano le iniziative finalizzate all’organizzazione di nuovi momenti di protesta. Tante le proposte il cui scopo è di consentire alla collettività locale di esporre direttamente il proprio dissenso e malcontento ai vertici dell’azienda sanitaria. La battaglia per il diritto della salute “Made in Jonia” non è dunque ancora finita e promette scintille. La rassegnazione sembra non albergare ancora negli animi della popolazione locale.
foto di Alessandro Lo Piccolo