Fornire informazioni corrette, capire cosa sostiene la legge e i pareri del mondo scientifico, contribuire ad aumentare le conoscenze su farmaci come la pillola del giorno dopo. Sono stati questi alcuni degli obiettivi della tavola rotonda dal titolo “Contraccezione d’emergenza: tra retaggi e modernizzazione”, svoltasi a Catania al Borghetto Europa, organizzata dall’associazione medica EquoMed e dall’associazione universitaria Kampus, con il patrocinio dell’Ordine dei Medici di Catania e dell’Università degli Studi etnea.
I dati parlano chiaro: in Italia si pratica obiezione di coscienza per la prescrizione di contraccettivi d’emergenza con punte del 90% in alcune Regioni, ma non si scende mai al di sotto del 60%. Per questo “abbiamo voluto accendere i riflettori sulla impossibilità ad esercitare un diritto, che spesso viene negato a causa della disinformazione” ha spiegato Bruno Guzzardi dell’associazione Kampus.
E in tema di disinformazione, soprattutto tra i giovani, fanno effetto i dati snocciolati da Graziella Priulla, docente di Sociologia dei processi culturali del dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università etnea: dati che parlano di “giovani disinibiti ma ignoranti, che non conoscono il proprio corpo e ai quali nessuno, né la scuola né la famiglia, dà informazioni complete e chiare”. “Appena l’1 per cento delle adolescenti conosce il proprio corpo, non sanno quale sia il meccanismo che genera le mestruazioni, non sanno nulla di pillole e contraccettivi – ha proseguito Priulla – Il 19% degli adolescenti però ha rapporti sessuali prima dei 14 anni e sta crescendo il tasso di abortività”. Da qui, l’importanza di fare una corretta educazione sessuale a partire dalle scuole. Un’educazione che dovrebbe portare a comprendere anche le basi della contraccezione, illustrate tecnicamente stamane da Agata Campisi, docente di Biochimica del dipartimento di Scienze del Farmaco, e dal ginecologo Giuseppe Camilleri. “C’è da distinguere ad esempio tra pillola del giorno dopo, che non è affatto un metodo abortivo perché interviene bloccando l’ovulazione, e quella dei cinque giorni dopo” ha detto Campisi. “Se ci fosse maggiore informazione – ha proseguito Camilleri – si ridurrebbe di tanto il ricorso alle interruzioni volontarie di gravidanza”.
All’iniziativa, alla quale è intervenuto per un saluto anche il prof. Biondi della facoltà di Medicina, ha partecipato anche il presidente dell’Ordine dei Medici di Catania, Massimo Buscema, sottolineando come “l’Italia anche oggi è spaccata su questi temi, come lo era nel 1981 ai tempi del referendum: per questo la partecipazione ad iniziative di questo genere è importante”. E in una sala effettivamente gremita, si è dibattuto anche della legislazione italiana “che è lacunosa e frammentaria” come ha sottolineato Paolo Schilirò, avvocato: “Perché, ad esempio, la pillola del giorno dopo ha bisogno di prescrizione e quella dei cinque giorni no? – ha proseguito – L’Italia su questi temi è fanalino di coda in Europa e spesso la magistratura è costretta ad eseguire un ruolo di supplenza: per questo la vera battaglia da condurre è per far sì che la pillola del giorno dopo sia riconosciuta come farmaco da banco, facendo cadere il problema dell’obiezione di coscienza”. A concludere i lavori, il presidente di EquoMed Gaetano Palumbo: “Il punto fermo da cui partire è che la pillola del giorno dopo è un contraccettivo e non un farmaco abortivo, per cui non rientra nelle possibilità dell’obiezione di coscienza, che è prevista invece dall’articolo 9 della legge 194 sull’interruzione di gravidanza – ha sottolineato – Lo scudo dietro cui si nascondono molti operatori sanitari è frutto di scarsa informazione o voglia di deresponsabilizzarsi, ma se vogliamo progredire verso una società moderna è necessario che tutti conoscano i propri diritti, facendo sì che i medici affrontino quindi le proprie responsabilità”.
Orazio Vasta