Le foto qui pubblicate non sono state realizzate in un’area periferica degradata ma ad Aci Trezza, fra la centralissima e trafficatissima via Provinciale e la via Guarnaccia, ad un centinaio di metri dal Lungomare dei Ciclopi.
Cosa si attende, la scossa giusta dell’Etna per radere tutto al suolo? E per la discarica si attendono le fiamme per “bonificare” il tutto? Ma non è finita qui.
Infatti, alcuni anni dopo l’abbattimento dei palazzi, ulteriori controlli determinarono che non esisteva – o non era mai esistito? – il pericolo di crollo ma, ormai, dei danni irriversibili erano avvenuti. Uno di questi danni ha un nome e cognome: Attilio Castrogiovanni che gestiva nel piano terra della palazzina che non è stata abbattuta, un piccolo ristorante meta di turisti e di palati raffinati. La chiusura forzata del locale fu per il Castrogiovanni l’inizio di una vera e propria agonia. Chi scrive l’ha incontrato per una intervista, subito dopo la notizia che la “sua” palazzina non era più considerata “pericolante”. Era un uomo amareggiato e a tratti rabbioso e, facendo riferimento alla storia della sua famiglia – suo nonno Attilio negli anni successivi allo sbarco angloamericano in Sicilia è stato un combattente per l’Indipendenza dell’Isola e, successivamente, stimato sindaco di Linguaglossa – mi disse: “Il grande Attilio Castrogiovanni è stato definito “l’uomo della rabbia”. Anch’io, oggi, mi definisco così”.
Ma il cuore del ristoratore Castrogiovanni non ha retto più di tanto e c’è chi sostiene che, spesso, di notte, si sentano provenire dal “ristorante” vuoto, rumori di bicchieri e di piatti. Suggestione popolare? Chissà…
Orazio Vasta