Anche quest’anno, come nel 2013, la sacra devozione dell’associazione culturale “Carlo Parisi” al teatro dialettale ha trionfato sulla precarietà delle casse comunali. Infatti se è vero che la massa debitoria nella quale è impantanato l’ente comunale, ha impedito all’amministrazione Bonaccorsi di finanziare la rassegna teatrale macchiese, ovvero uno degli eventi clou del patrimonio degli appuntamenti culturali della frazione, l’associazione “Carlo Parisi” non ha però disatteso le aspettative della comunità locale in materia di allestimento di una commedia ascrivibile alla dimensione della recitazione.
L’interruzione della rassegna teatrale, fermatasi alla sedicesima edizione, non si è pertanto riverberata sull’organizzazione della XVII edizione del premio “Mons. Salvatore Giuffrida”. Ed è così che, nel solco di una tradizione lunga oltre quattro lustri, l’associazione “Carlo Parisi”, fondata nel 1990 da Mons. Salvatore Giuffrida, ha mantenuto fede al suo trasporto emotivo verso il microcosmo teatrale, veicolandolo nella forma del dialetto siciliano.
I componenti dell’organizzazione, ed in particolare la sua presidentessa Lucia Cardillo, avevano confidato nella possibilità che la ricorrenza del bicentenario potesse indurre l’amministrazione comunale ad affrontare una spesa finalizzata alla prosecuzione della rassegna. Tuttavia, la solidarietà espressa in termini economici dall’ente comunale nel 2014 in favore dell’associazione, non si è ripetuta quest’anno. Ciononostante, la memoria del compianto “Mons. Salvatore Giuffrida” non poteva non essere onorata con l’organizzazione della XVII edizione del premio in suo onore. Fu grazie al suo attivismo infatti che il tramonto della filodrammatica “San Vito Martire”, sancì in compenso la nascita di un’associazione la cui denominazione si ispira allo storico magistrato, giurista e poeta macchiese Carlo Parisi.
Ad ospitare il diciassettesimo premio “Salvatore Giuffrida” è stata ancora una volta la suggestiva cornice del parco “Giardino” di Macchia. La serata, condotta dal presentatore Melo Nicodemo, è stata scandita da due momenti improntati alla musica. Nel primo, ha fatto la sua apparizione il clarinettista Giuseppe Mangano, eseguendo due brani: “New York, New York” di Frank Sinatra e “Nel blu dipinto di blu” di Domenico Modugno. Nel secondo invece ha calcato il proscenio macchiese la quattordicenne cantante Maria Pia Pennisi. Quest’ultima ha intonato due singoli tra cui l’”Hallelujah”, grazie al quale ha riscosso un plebiscito di consensi.
L’apice del prologo della serata è stato però toccato in occasione del conferimento del premio all’emerito docente universitario Nicolò Mineo, designato, anche in ragione della sua carica di componente del comitato d’onore del bicentenario, come meritevole di essere inserito tra gli storici beneficiari del riconoscimento. La motivazione del premio, curata dal professore Girolamo Barletta, ha evidenziato come Mineo sia ancora considerato uno dei più illustri dantisti d’Europa. Barletta ha inoltre sottolineato, nel corpo della motivazione, che il professor Mineo, presidente della “Società di Storia Patria e Cultura”, avendo ricoperto in passato la carica di assessore alla pubblica istruzione, ha contribuito fattivamente alla promozione della cultura a Giarre. Inevitabile poi una parentesi riservata dal conduttore Melo Nicodemo relativamente alla produzione di Mineo, il quale vanta anche importanti trattazioni su Ugo Foscolo. Attraverso il predetto letterato infatti, il critico letterario nativo di Alcamo esaminò cultura e letteratura nella società napoleonica. Significativa inoltre la dichiarazione di Mineo sulla figura di Dante Alighieri, il quale, secondo lui, sapeva vedere il mondo in funzione dell’aldilà. A proposito del canto della “Divina Commedia” di Dante che più lo ha rapito, Mineo senza indugi ha specificato che il canto XI del Paradiso, nel quale emerge il personaggio di San Francesco d’Assisi, è quello che veicola un grande messaggio di fede per gli uomini. Una breve digressione sulla figura di “Carlo Parisi”, giurista, magistrato e poeta macchiese al quale fu intitolata l’associazione nel lontano 1990, ha ulteriormente impreziosito la serata. Carlo Parisi infatti, oltre a iniziare la carriera di magistrato nel ministero di Grazia e Giustizia, rappresentò una eminente figura in seno al ministero dei lavori pubblici. Famose le sue opere “Le città bionde” – Visioni d’arte della poesia, e “I canti di Milo”, così come la sua tendenza al crepuscolarismo.
Un augurio di felice compleanno alla ventenne attrice Valeria Strano, ha preceduto l’inizio della commedia in tre atti dal titolo “U paraninfu”. Lo svolgimento della commedia, si è ispirato all’omonima opera di Luigi Capuana, teorizzatore del verismo. In particolare, attraverso la sua novella, Capuana ha sottolineato come il paraninfo, in virtù delle sue doti di mediatore, fosse all’epoca una figura determinante nella costruzione di matrimoni che altrimenti non potevano nascere. Nel primo atto, don Pasquale Minnedda, ovvero il paraninfo ex brigadiere della guardia di finanza (interpretato da Pippo Cutuli), si lamenta con la cameriera Antonia, interpretata da Roberta Messina, della carenza di pulizia nella casa, invitandola a curare un pavimento che deve essere pulito come un “Cularinu di signa”.
Intanto la moglie del paraninfo, ovvero donna Rosa, interpretata da Monica Liseo, gli ricorda che tutti sparlano di lui e che dunque in molti si lamentano dei suoi matrimoni combinati. Intanto però don Pasquale comincia a coltivare un pensiero fisso: sistemare le sorelle Matamè e dunque assicurare loro un marito. A casa di don Pasquale fa la comparsa anche don Angelo, interpretato da Stefano Patti. Quest’ultimo si presenta claudicante a casa di Don Pasquale, spiegando di essere scivolato. Precisato ciò, quando don Pasquale lo invita ad andare in campagna e a non intrattenersi a sparlare in farmacia, don Angelo replica asserendo che la moglie è contraria in quanto, essendo molto gelosa, teme che egli possa recarsi lì per donna Peppina. Il paraninfo spiega che invece alla moglie bisognerebbe concedere poco, perché altrimenti essa mette al marito “U suttapanza”, manovrandolo senza mezzi termini. In seguito, donna Rosa, moglie del paraninfo, riceve a casa sua le sorelle Matamè, ovvero Vennira, sorella maggiore interpretata da Lucia Cardillo e Rica, sorella minore interpretata da Carmela Sorbello.
Insieme a loro appare donna Paola, interpretata da Valeria Strano. Donna Paola, appena vede il marito, ovvero Don Angelo, lo redarguisce duramente invitandolo a rientrare a casa, poiché era uscito approfittando della sua assenza. Per la precisione, essa gli specifica che la prossima volta che egli metterà il naso fuori di casa, lei gli farà diventare le carni “Niuri comu a cira di Spagna”. Le sorelle Matamè si erano comunque recate a casa di Don Pasquale per raccogliere denaro in funzione della festa della Madonna. Donna Rosa decide di elargire loro un obolo dichiarando che la Madonna vede il cuore e sa compatire. Successivamente appare a casa di Don Pasquale donna Tina, interpretata da Veronica Bernini, la quale si lamenta di suo genero. Le sue lamentele nascono dalla consapevolezza che a sposare sua figlia con il predetto genero sia stato proprio il paraninfo che aveva di fronte. Don Pasquale Minnedda però evidenzia che sebbene in tanti avessero parlato male di sua figlia proprio al genero, lui, ovvero Minnedda, lo aveva persuaso a sposare la figlia di Donna Tina.
Questa però si lamenta delle pretese avanzate dal genero anche in tema di arredamento e giura a don Pasquale che se non ripristina l’equilibrio tra i due coniugi, pregherà affinchè gli crolli addosso la casa. Intanto Don Pasquale Minnedda riceve nella propria dimora il professor Barresi della provincia di Siracusa, interpretato da Tino De Salvo ed il tenente Luigi Rossi, interpretato da Carmelo Messina. Con loro però appare pure una triade: Calenna, interpretato da Carmelo Spina, Alessi, interpretato da Gianfranco Bellitto, e Sasà, interpretato da Antonio De Salvo. L’obiettivo di Don Pasquale è quello di sposare il tenente ed il professore con le due sorelle Matamè, ma i tre uomini, ovvero Calenna, Alessi e Sasà cercano di dissuadere il professore ed il tenente. In particolare, Alessi dichiara che una persona ad una certa età diventa imbecille e pertanto può decidere di sposarsi.
Calenna Alessi e Sasà sono infatti tre uomini che piuttosto preferiscono corteggiare le mogli degli altri uomini. Ecco perché don Pasquale asserisce che se ne avesse avuto la possibilità avrebbe introdotto una legge che imponeva il matrimonio obbligatorio per uomini e donne all’età di 20. Questa legge avrebbe infatti scongiurato il pericolo che gli uomini corteggiassero le donne di altri mariti. Intanto Don Pasquale non fa altro che tessere le lodi delle sorelle Matamè per convincere il professore ed il tenente a sposarle. In particolare, per allettarli, don Pasquale comunica al tenente che le sorelle sono così ricche che lui,una volta sposata una delle due, potrebbe anche fare a meno dello stipendio che lo Stato gli eroga. Don Pasquale comunque escogita un piano. Decide che i due, per introdursi a casa delle sorelle Matamè, dovranno fingersi componenti della commissione che verifica i danni del terremoto.
Le sorelle Matamè vengono informate da Don Pasquale della venuta di questi commissari. Esse vorrebbero offrire loro qualcosa, ma Don Pasquale le ammonisce specificando che i commissari potrebbero vedere in questo loro atteggiamento un tentativo di corruzione per ottenere più denaro per la riparazione della casa. Intanto Nino, cameriere delle due sorelle, viene invitato dalle due sorelle Matamè a comunicare ai commissari che i danni c’erano ma che ormai non erano più visibili. Nino, dal canto suo, invita le due donne, dall’aspetto estetico non esaltante, ad apparire quanto più umili possibili al fine di riuscire a convincere i commissari ad assicurare una copertura dei danni della dimora quanto più sostanziosa possibile. Il professore ovviamente rimane deluso dall’aspetto della sua promessa sposa donna Vennira, così come il tenente rimane deluso dall’aspetto di donna Rica. Prima che si chiuda il secondo atto, appare il personaggio di Cutugnu, interpretato da Marco Camarda, il quale lamentandosi di non aver avuto ancora figli dalla moglie, invita con fare impetuoso don Pasquale a rimediare a ciò.
Nel terzo atto, Calenna, Alessi e Sasà, ridacchiano delle offese che il tenente ha riservato a Don Pasquale, e sguazzano in tale accadimento, inventandosi che il tenente desidera sfidare Don pasquale il paraninfo a duello. Don Pasquale vorrebbe evitare ma i tre gli fanno capire che ciò è impossibile e che a Don Pasquale spetta il compito di scegliere le armi. Don Pasquale vorrebbe scegliere la pistola e lasciare il tenente libero di optare per la sciabola in modo tale da essere fortemente avvantaggiato nel duello. La paura del duello, lascia spazio all’orgoglio nell’animo di don Pasquale, il quale, accettando la sciabola, asserisce che i suoi trascorsi da ex brigadiere di finanza non lo tradiranno, garantendogli la vittoria, sebbene il tenente sia molto abile con la predetta arma. Intanto don Angelo si presenta a casa del paraninfo confermando la dipartita della moglie e lasciando intendere di volerne un’altra. Cutugnu, dal canto suo, esprime tutto il suo dolore per la fuga della moglie, forse stressata dal desiderio del marito di avere un figlio. In tutto questo però, a differenza di quanto temuto da donna Rosa, emerge che il tenente non abbia alcuna intenzione di sfidare Don Pasquale e che anzi sia disposto a non solo a chiedergli scusa ma anche a sposare Rica Matamè, seppur povera e di sgradevole aspetto. Anche il professore Barresi si convince a sposare l’altra sorella Vennira. Nel finale, don Pasquale dichiara che quando si recherà in America Latina campeggerà una targa con scritto che da quel luogo era transitato il più grande paraninfo siciliano.
Al termine dello spettacolo è stata grande la soddisfazione di Lucia Cardillo, presidentessa dell’associazione culturale, sia per la riuscita dello spettacolo che per la presenza dell’assessore allo spettacolo Piera Bonaccorsi. La Cardillo non ha poi esitato a ringraziare l’assistente di palcoscenico Rosa Maria Raiti, così come non ha esitato a ringraziare Anna Quattrocchi e Sergio Bellipanni per il loro supporto tecnico.