La “Batiazza” di Francavilla tra fede, storia e leggenda -
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La “Batiazza” di Francavilla tra fede, storia e leggenda

La “Batiazza” di Francavilla tra fede, storia e leggenda

Sarà il tema dell’originale pubblicazione, di imminente uscita, “Il Salto di San Crimo”, nella quale l’autore Salvatore Ferruccio Puglisi raccoglie gli approfonditi studi rimasti inediti di Don Salvatore Virzì sul monastero basiliano e sul suo fondatore Cremete. Partendo dal… Giro d’Italia del 1954, una cui tappa attraversò il Comune dell’Alcantara

Seconda incursione nella narrativa per Salvatore Ferruccio Puglisi, insegnante nativo di Francavilla di Sicilia, ma residente in Veneto per lavoro: ambientalista (è stato fondatore e presidente della sezione francavillese di “Italia Nostra”), naturalista, appassionato di fotografia, autore di documentari in diapositive, campione di corsa podistica e da alcuni anni anche scrittore. Puglisi aveva già avuto a che fare con l’editoria, inizialmente dando alle stampe delle pubblicazioni riguardanti rispettivamente la flora spontanea e le testimonianze preistoriche nel territorio della Valle dell’Alcantara per poi, cinque anni fa, cimentarsi nel genere del romanzo con “Gli zucchini di Loto”. Adesso è lui stesso a preannunciarci l’imminente uscita del suo secondo lavoro letterario, dove gli aspetti autobiografici si innestano nella ricerca storica.

“Il Salto di San Crimo” sarà il titolo della nuova opera di Puglisi, interamente incentrata sul “leggendario” monastero basiliano comunemente denominato “Batiazza” (ossia “grande abbazia”) i cui ruderi (parti di pareti perimetrali, alcune strutture ad arco attestanti l’esistenza di un opificio per la vinificazione, una grande aia inamovibile, una cisterna per la raccolta dell’acqua piovana, qualche tomba rupestre e tanti mucchi di macerie indistinte) svettano sulla sommità di un’altura dalla strana forma cilindrica e con pareti a strapiombo ubicata nel territorio del Comune natio dell’autore, ossia Francavilla, a meno di quattro chilometri dal centro abitato nelle adiacenze della strada che conduce a Mojo Alcantara e Novara di Sicilia.

Per quanto ci riguarda, abbiamo avuto il privilegio di leggere in anteprima il prologo di Salvatore Ferruccio Puglisi a tale suo scritto e ci ha già incuriosito l’originale approccio dell’autore alla tematica trattata: fatti e personaggi “austeri” dell’età medievale vengono, infatti, introdotti dal nostalgico “amarcord” di un evento per così dire “effimero”, ossia il passaggio da Francavilla della… seconda tappa del Giro d’Italia nella memorabile giornata del 22 maggio 1954, quando il Puglisi era ancora un fanciullino di sei anni.  L’autore attinge, dunque, alla suggestiva tecnica del “flashback”, spesso impiegata nel cinema e consistente nel partire da situazioni contemporanee per poi proiettarsi a ritroso nel tempo.

Nel caso di specie, a fare da “ponte” tra passato recente e passato remoto è proprio quello “storico” pomeriggio del ’54, quando ai francavillesi festanti per il passaggio dal proprio paese della popolarissima competizione ciclistica nazionale si contrapponeva contemporaneamente l’esperienza parallela, ma profondamente diversa, di un intellettuale che in quello stesso giorno decideva di recarsi, in tutta solitudine, in escursione alla volta della maestosa rocca della “Batiazza” per tentare di carpirne i misteri, ma finendo col rimanere piuttosto infastidito dalla chiassosa e strombazzante carovana del Giro che, prima di addentrarsi nel centro abitato di Francavilla, transitò ai piedi dell’altura su cui a tutt’oggi si ergono i resti dell’antico cenobio.

Lo studioso in questione altri non era che l’illustre sacerdote salesiano Don Salvatore Calogero Virzì, docente di materie letterarie al Collegio “San Basilio” di Randazzo, con il quale Salvatore Ferruccio Puglisi si sarebbe incontrato otto anni dopo essendone stato allievo in quinta ginnasiale presso il collegio del Comune etneo, che a sua volta, prima che nel 1867 gli ordini religiosi venissero soppressi, aveva fatto da nuova sede dei monaci basiliani, probabilmente trasferitisi dalla “Batiazza” perché andata in rovina (anche a seguito del disastroso terremoto verificatosi sul finire del XVII secolo) o a causa del clima rigido e delle avversità atmosferiche che, durante i mesi autunnali ed invernali, rendevano pressoché invivibile quel particolare lembo sopraelevato di territorio francavillese.

«Il compianto Don Virzì – spiega Salvatore Ferruccio Puglisi – ha condotto un’accurata ricerca sul monachesimo basiliano e su San Cremete, fondatore e primo abate dell’eremo di Francavilla, intitolato a San Salvatore della Placa. Al sottoscritto e ad altri allievi che venivamo dal Comune dell’Alcantara, amava parlarci spesso di Cremete.

«Ci raccontava, in particolare, che “nella seconda metà del secolo XI, sui monti di Placa viveva questo santo eremita, attorniato da vari animali selvatici che lui era riuscito ad addomesticare. Un giorno, accompagnato dalle sue docili bestie, si presentò al Conte Ruggero, che con il suo esercito si recava a Troina per combattere contro i Mori, il quale rimase affascinato dalla figura di quel mistico. Così, salito con lui sulla sommità della rocca, gli concesse di erigere in quel posto un monastero di cui Cremete diventò l’abate ed il superiore degli altri suoi confratelli.

«Ma un giorno alcuni monaci non vollero più ubbidire alla sua regola basiliana e pensarono di liberarsi di lui buttandolo giù dalla rocca. Ciò malgrado, Cremete sarebbe rimasto miracolosamente illeso (morì poi il 6 agosto del 1116) e, da quel momento, cominciò ad essere considerato un santo”.

«Da qui – prosegue l’autore – il titolo di questo mio nuovo scritto (“Il Salto di San Crimo”), che peraltro è un’espressione già usata da Antonio Filoteo degli Omodei, storico di Castiglione di Sicilia del 1500.

«Purtroppo Don Virzì, deceduto nel 1986 all’età di settantasei anni, non fece in tempo a pubblicare questo suo studio su San Cremete ed i basiliani, di cui resta solo una semplice bozza dattiloscritta. Mi sono quindi prodigato per avere una copia di essa e, con mia grandissima sorpresa, in quei fogli ho rinvenuto anche un intero paragrafo dedicato alla descrizione della visita fatta dal religioso ai ruderi del monastero il 22 maggio del 1954 quando io, ancora scolaretto di prima elementare, ero invece tutto preso, così come l’intera popolazione francavillese, dal passaggio del Giro d’Italia.

«“Il Salto di San Crimo” l’ho dunque articolato in due parti: la prima riguarda il mio personale ricordo di quel pezzo di storia sportiva nazionale transitata da Francavilla, mentre nella seconda ho integralmente riportato quanto scritto dal prete salesiano su quella stessa giornata, da lui vissuta in un contesto totalmente diverso da quello di noi “gente comune”».

Mentre oggi Salvatore Ferruccio Puglisi si occupa della “Batiazza” di Francavilla dal punto di vista storico-letterario, in passato se ne è occupato da ambientalista per denunciare, in particolare, l’inopportuna installazione di freddi ed antiestetici tralicci dell’alta tensione nelle immediate adiacenze di quell’angolo di antichità.

Tornando a “Il Salto di San Crimo”, sarà questa la seconda pubblicazione interamente dedicata all’anacoreta francavillese ed alla sua “Batiazza”. Nel 2004, infatti, lo scultore Mario Restifo, anche lui originario della cittadina dell’Alcantara, si cimentò nella narrativa con il romanzo “Il Nido dell’Aquila”, ispirato alle vicende mistico-leggendarie di San Cremete, i cui resti del capo sono conservati in un reliquario di bronzo dorato ed argento custodito nella basilica di Santa Maria a Randazzo.

Rodolfo Amodeo

 

FOTO: da sinistra Salvatore Ferruccio Puglisi, una veduta della “Batiazza” di Francavilla e Don Salvatore Calogero Virzì

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