Sarà un 32° compleanno speciale quello che festeggerà oggi lo chef Giovanni Santoro. Il giovane di Linguaglossa, infatti, ha conquistato la sua prima stella Michelin, prestigioso riconoscimento che premia la qualità del prodotto, la tecnica della preparazione, l’equilibrio fra gli ingredienti e la creatività in cucina. L’abbiamo incontrato sul suo luogo di lavoro, il Resort Shalai del paese etneo, divenuto ormai la sua “seconda casa” da ben 7 anni.
Cosa hai provato quando hai saputo di aver conquistato questo riconoscimento?
Partiamo dall’inizio, dalla tua infanzia, cosa ti ha spinto ad intraprendere questo mestiere?
“Da piccolo avevo sempre la mania di giocare con le pentole in casa, uscirle e preparare qualcosa, osservare mia nonna e i miei genitori ai fornelli o mettere letteralmente le mani in pasta facendo il pane nel forno a legna. Questo lavoro nasce dalla passione, ce l’hai nel sangue, non ti serve
Come mai la scelta di rimanere in Sicilia e non andare a lavorare in contesti diversi, magari all’estero?
“Ho ricevuto tante offerte di lavoro nell’arco della mia carriera ma posso dire che le esperienze le ho già fatte. Oggi ritengo di avere una maturità, personale e lavorativa, tale da farmi soffermare sul mio territorio. Voglio credere che questo territorio può dare tanto. Ormai si investe sull’Etna, pensiamo a quanti formano aziende viti-vinicole. Sono felice di aver dato il la alla creazione di altre strutture ricettive di qualità a Linguaglossa dopo il
C’è un alimento, in particolare, che ti piace cucinare rispetto ad altri?
“Amo tantissimo il pesce, mi piace andarlo a scegliere, cucinarlo. E’ un alimento molto più versatile rispetto alla carne, con cui ti puoi sbizzarrire. Ma non mi dispiace nemmeno lavorare la carne quindi posso dire che entrambe le cose sono di mio gradimento. Le tecniche sulle carni sono più difficili perché della carne devi conoscere il taglio e i tempi di cottura”.
Tra tutti i piatti che hai cucinato o che hai inventato, ce n’è uno che ti è rimasto nel cuore?
“No, perché cambio menù ogni tre mesi seguendo la stagionalità dei prodotti. Il menù alla carta è di trenta piatti quindi nell’arco di un anno ne piazzo 120. L’anno dopo, però, cambio sempre qualcosa e questo mi fa capire che in me c’è una crescita, la consapevolezza di riuscire a migliorare e valorizzare le pietanze. Sono affezionato a tutti i miei piatti, non scopiazzo, quindi quello che faccio è solo per trasformare la materia prima in qualcosa di interessante, è frutto della mia immaginazione, di un pensiero, viene sempre dal cuore. Il miglior piatto è quello che deve essere ancora cucinato”.
“Le ambizioni di chi fa il mio lavoro sono per tutti le stesse. Dopo la prima stella lottare per la seconda. Le mie prospettive, però, saranno sempre quelle di avere una buona ristorazione che è motivo di vanto per tutto il paese. La Sicilia è la regione con meno stelle di tutta Italia e mi sento orgoglioso di far parte dei 13 stellati siciliani, rispetto ad altre regioni in cui le presenza più alta di stelle totali non ti permette di giocartela allo stesso modo”.
C’e qualcuno che vuoi ringraziare?
“Innanzitutto lodo la mia costanza sul lavoro. Poi un grazie speciale va ai miei genitori che hanno investito su di me e mi hanno sempre sostenuto. Un grazie ai miei vecchi colleghi, ai miei maestri e a chi ha creduto in me, in primis Luciano e Leonardo Pennisi. Ringrazio il mio secondo Marco e i ragazzi che collaborano con me, chi c’è ancora o chi è andato via, perché tutti hanno dato qualcosa di veramente importante per raggiungere questo obiettivo”.
Alessandro Famà