Catania tra sacro e profano. E quando fruttivendoli e pescivendoli finirono alle mani. In nome di Sant’Agata -
Catania
11°

Catania tra sacro e profano. E quando fruttivendoli e pescivendoli finirono alle mani. In nome di Sant’Agata

Catania tra sacro e profano. E quando fruttivendoli e pescivendoli finirono alle mani. In nome di Sant’Agata

Catania è amministrata da una giunta che non scherza. Una giunta che quando esprime una posizione, quella è e tutti si devono adeguare. Con disciplina.

Così dopo il Capodanno, con “ordinanza antibotti” violata da tutta la città in un’escalation di sarcasmi sui social, ora è tempo di Sant’Agata, l’ennesima occasione per il Palazzo di… ”rifarsi il trucco”, dopo le travagliate “vicende politiche-antimafiose” delle ultime settimane.

Bene, il 26 gennaio scorso, l’amministrazione Bianco presentò il regolamento per la festa della patrona. Una sorta di “inno alla legalità”. Almeno nelle intenzioni.

“Con questo regolamento – spiegò Francesco Marano, presidente del comitato dei festeggiamenti in “quota sindaco” – abbiamo voluto dare un segnale forte di ordine e di trasparenza, condiviso con le tante associazioni che si occupano della festa e con quelle che, come noi, hanno a cuore la legalità”.

Aggiunse Marano: “abbiamo posto alcune regole chiare: le associazioni che gestiscono le candelore dovranno indicare preventivamente alla Questura e al Comune il percorso per ogni uscita, dovranno essere assicurate verso terzi e per infortuni, tenere un comportamento decoroso e in linea con la tradizione della Festa, rispettare oltre che le leggi anche le normative fiscali, rilasciando la ricevuta per le donazione da parte di privati o aziende e impegnandosi a destinarne una parte per iniziative di solidarietà che si svolgeranno durante i festeggiamenti”.

Concluse Marano: “Chi non si attiene a queste regole rischia di non partecipare più alla Festa per l’anno in corso e per gli anni successivi e di non ricevere il contributo del Comune…Si sta facendo squadra con la Prefettura e le Forze dell’Ordine, con il Questore di Catania, che ringrazio, e con i Vigili urbani, per rendere la Festa di Sant’Agata sempre più ordinata e bella. Una scelta voluta e sostenuta con forza anche dal sindaco di Catania Enzo Bianco e dall’arcivescovo Salvatore Gristina“.

Non sono andate esattamente così le cose in tema di ceri e bracieri: quanto disposto dall’amministrazione è stato abbondantemente disatteso. Il consigliere della prima municipalità (centro storico) Davide Ruffino ha fatto rilevare che “i bracieri, per l’occasione, sono stati quintuplicati malgrado l’ordinanza, l’aria era irrespirabile. I vigili sotto gli occhi sgomenti dei cittadini non hanno fatto smobilitare nessun venditore abusivo, almeno lungo la via Plebiscito”.

Non solo i ceri accesi sono stati innumerevoli. Legalità ancora in salita, quindi. Per fortuna, le cose non sono andate come tre anni fa.

Allora, in una mattinata di sole, a due passi dal porto, era andata “in scena” una sorta di “sfida all’ok corral”, fra pescivendoli e fruttivendoli stretti attorno alle proprie candelore. Una “sfida” che sarebbe stata a suon…di musica e prove di resistenza. E magari “annacate”, quel movimento tipico dei portatori in segno di rispetto. Invece, ad un certo punto, la “sfida” finì a colpi…non di note ma di schiaffi e “tumpulate”. Insomma, la devozione forse era stata troppo forte, o più probabilmente c’era dell’altro. Qualcuno aveva paventato l’ipotesi di scommesse. Che esistono eccome nella festa della massima devozione popolare catanese.

Comunque, presa da un grande afflato religioso con la Chiesa, la città è devotissima, magari proprio non esattamente con l’ultraterreno, ma sempre devota a qualcuno o qualcosa è. E S. Agata, assieme al Calcio Catania, sono due “fari” immortali della vita di tanti abitanti di una città che non mostra di amarsi tanto. A parte il denaro, ovviamente.
Secondo talune ricostruzioni, comunque, la rissa sarebbe durata parecchi minuti e poi finita in una sorta di “abbraccio colletivo”. Magari sulle note dell’inno del Calcio Catania. Perché, alla fine, sacro e profano trovano sempre una moneta, pardon un punto di incontro.

Marco Benanti

Potrebbero interessarti anche