C’erano una volta due splendidi esemplari di pini marittimi secolari. E c’era una volta e ancora c’è una frazione, storicamente la più antica della città, in perenne stato d’abbandono. Abbandono e incuria a partire dalla rete idrica che passa in mezzo alle fognature.
Tutti i tecnici lo sanno e non parlano e gli amministratori fanno finta di niente. Abbandono delle strade ridotte a piste per fuoristrada, come la Statale, da poco asfaltata e già piena di buche e soprattutto la via Sacerdote Penturo, ex Strada 37, il cui manto stradale, a seguito dei lavori di realizzazione del canale di gronda somiglia ad una trazzera da poco bombardata.
Abbandono che si nota nella mancanza di una pulizia programmata e di una assoluta incuria per il verde pubblico. Basta guardare ad esempio l’area individuata come punto di raduno per calamità naturali. Un’area che sotto l’amministrazione Toscano era stata ripulita, chiusa con una transenna e attrezzata di porte da calcio per i ragazzi e i giovani della frazione.
Una parte era riservata alla piantumazione di alberi, secondo quanto previsto dalla legge n°113/1992 voluta Francesco Rutelli , che prevedeva la piantumazione di un albero per ogni neonato. Oggi quell’area non è in grado di assolvere a nessuno dei suoi compiti, occupata com’è da accampamenti, baracche e perfino roulotte; ridotta a una jungla, mai ripulita da mano di giardiniere.
Una frazione abbandonata come quel branco di cani, segnalato più volte anche dalle colonne di questo giornale, che rende difficile la vita per i residenti pedoni, e l’elenco potrebbe continuare. Nessuno si accorge di nulla. Non ci sono vigili urbani di quartiere o squadre di tecnici dell’ufficio tecnico comunale che relazionano su queste importanti e scottanti problematiche.
Però, a fronte di tutto questo, qualcuno, con solerzia tecnica, improvvisamente, nel dormiveglia generale si accorge dei due pini secolari, che altrettanto improvvisamente diventano il pericolo più grave per la frazione. Così, sabato mattina, non tanto in sordina, perché le motoseghe hanno iniziato a far sentire i loro sinistri rumori di buon mattino, arriva una squadra di operai specializzati, assistiti da vigili urbani che regolano il traffico e comincia l’assassinio dei due giganteschi maestosi straordinari esseri viventi, che avevano visto nascere generazioni di residenti, passare vento ed acqua e proteggere la sottostante ex scuola elementare, donando ossigeno ed ombra a grandi e piccini.
I pini sono stati prima decapitati e poi impietosamente fatti a pezzettini. Pace all’anima loro, perché gli alberi, oltre ad essere nostri amici e fratelli, sono esseri viventi. Abbiamo raggiunto l’assessore comunale al verde pubblico, Salvo Patanè, assessore anche al tempo dell’epoca Toscano, per chiedergli spiegazioni.
Ci ha detto: “Non è una scelta politica (che c’entra? n.d.r.). E’ stato un intervento necessario su segnalazione dell’ufficio tecnico perché gli alberi costituivano un pericolo per la pubblica incolumità”.
Abbiamo cercato di contattare l’ingegnere capo dell’Ufficio tecnico comunale, ma benché il telefono squillasse non abbiamo avuto risposta. Probabilmente essendo sabato era in giornata di riposo. Gli alberi erano sani, non avevano nemmeno l’ombra della processionaria, a differenza di quelli di Calvario Peri che sono stati solamente bonificati. E mentre nella capitale Roma i pini marittimi vengono protetti e venerati, da noi vengono distrutti e sacrificati sull’altare della presunta “pericolosità” mai segnalata prima…
C’era una volta Santa Maria La Strada e ancora c’è così come ci sarà la memoria di quanto è stato e non è stato fatto. E così, insieme alla storia di Ruggero il normanno, che fece costruire un santuario e un pozzo per ringraziare la Madonna del miracolo ricevuto, racconteremo anche la storia dell’”assassinio” dei pini secolari…
Mario Pafumi
Foto Mario Pafumi