Giordana Di Stefano e Antonio Priolo hanno una figlia ma vivono ciascuno con i propri genitori. Infatti non ci sono i soldi per mettere su famiglia. Lui non lavora, ha difficoltà a trovare un’occupazione e la difficile situazione causa molti litigi. All’ennesima incomprensione, discussa in auto la sera del 6 ottobre 2015, Antonio sferra a Giordana quarantacinque coltellate, con un “coltello da campeggio” acquistato cinque mesi prima del delitto in un negozio di softair sito a Misterbianco.
Il Gip ha escluso “l’aggravante di aver agito per motivi abietti e futili” e attraverso gli interrogatori ha accertato “il tormento interiore e la sofferenza del Priolo causati dalla relazione con la Di Stefano”.
Questa storia impone una riflessione sulla definizione stessa di femminicidio, stante che in questo caso il comportamento omicida non si manifesta alla fine di una serie di maltrattamenti e che non corrisponde ad una cultura contro la donna.
Il ragazzo vive un profondo disagio sociale: ad un certo punto Antonio emigra a New York in cerca di fortuna, ma anche oltreoceano la sua aspettativa di sistemazione economica è delusa e ritorna in Sicilia, a casa dei genitori.
“Poi c’è il disagio personale: tra i due si susseguono continue separazioni e riavvicinamenti.
In questo caso la violenza passionale travalica i confini del conflitto di genere. In controtendenza al tam tam mediatico, non vediamo in Antonio Priolo nulla che ci faccia pensare ad un uomo che odia le donne”.
di Flora Bonaccorso e Sergio Pensato