Ci si perdoni la provocazione, ma per certi versi potrebbe essere positivo il fatto che i tempi delle grandi opere pubbliche sono pressoché finiti. Ci permettiamo di affermare ciò in quanto non sono così tanto rari i casi di quei “fortunati” (si fa per dire…) imprenditori che riuscivano ad accaparrarsi i relativi lavori miliardari per poi rimanere con le cosiddette “dita schiacciate”. Tanto per non andar lontano, è quanto è capitato ad un’imprenditrice del Comune etneo di Milo (la quale preferisce mantenere l’anonimato), oggi ritrovatasi in quell’autentico “girone infernale” burocratico-finanziario che si è rivelato il progetto di potenziamento e ristrutturazione dell’acquedotto di Giardini Naxos (denominato “Progetto 30”).
Tale opera venne finanziata nei primi Anni Novanta dalla Cassa Depositi e Prestiti dello Stato per otto miliardi delle vecchie lire, ed i relativi lavori iniziarono nel 1996. L’impresa in questione, però, subentrò nel 2001 in quanto l’originario aggiudicatario si vide costretto, nel 1999, a gettare la spugna non pervenendo al municipio naxiota le autorizzazioni, sia da parte di enti pubblici (come l’Anas e l’Ente Ferrovie) che di privati, a poter intervenire in alcune parti del territorio. Si aprì, dunque, un contenzioso con il Comune (perché quest’ultimo, in effetti, delle suddette autorizzazioni avrebbe dovuto disporre prima di iniziare l’opera), sfociato poi in una transazione nella quale si stabilì che i lavori in questione sarebbero stati rilevati dalla suddetta ditta di Milo la cui titolare, per quanto concerne i lavori fin lì eseguiti, aveva già fatto da procuratore (ossia rappresentante con poteri decisionali assoluti) al primo aggiudicatario. L’impresa subentrante si obbligava, quindi, a completare il tutto entro il 2004, mentre il Comune di Giardini Naxos a munirsi di tutte le autorizzazioni necessarie a poter proseguire i lavori.
Da qui comincia il calvario dell’imprenditrice milese, non si sa bene per quale motivo e per colpa di chi. Noi del Gazzettino Online abbiamo voluto incontrarla per tentare di dipanare, almeno “teoricamente”, tale ingarbugliatissima matassa.
– Gentile signora, può darci qualche cifra che possa rendere l’idea dell’incresciosa situazione per lei venutasi a creare a seguito di questi “maledetti” lavori a Giardini Naxos?
«Presto detto. Rifacendoci alla valuta in circolazione al tempo in cui sono subentrata all’originaria impresa, avrei dovuto percepire circa tre miliardi di vecchie lire, mentre sino a questo momento ne ho incassato poco più della metà (esattamente 1.604.516.009). Si pensi solo che per i tubi in acciaio ed i pezzi speciali, alla ditta fornitrice ho pagato oltre 600 milioni del vecchio conio, mentre oltre un miliardo alla ditta che si occupò della parte elettro-meccanica (telecontrollo, protezione catodica, pompe ecc.)».
– S’intravede qualche possibilità che l’ingente debito nei suoi confronti possa un giorno essere saldato?
«Posso soli dirvi che quella cifra parziale cui prima accennavo l’ho incassata in più soluzioni e che l’ultimo mandato di pagamento risale al settembre del 2007. Dopodiché non ho ricevuto più nulla. Ad onor del vero, i versamenti mi venivano corrisposti con la massima puntualità fin quando il Comune di Giardini Naxos è stato guidato dal sindaco Salvatore Giglio, sotto la cui gestione amministrativa, nel 2001, ero subentrata in quei lavori (ricordo che l’allora assessore ai lavori pubblici era Seby Cavallaro). Qualcosa stava cominciando a smuoversi nella primavera scorsa, quando qualche mese prima delle elezioni amministrative giardinesi venni convocata dall’allora vicesindaco ed assessore ai lavori pubblici Agatino Bosco per tentare un bonario componimento; ma il destino ha voluto che, proprio alla vigilia dell’appuntamento fissato, il sindaco Nello Lo Turco lo defenestrasse dalla sua Giunta perché, come ho appreso dalla stampa, Bosco aveva deciso di candidarsi contro di lui all’imminente competizione elettorale».
– Ma i lavori a lei affidati sono stati effettivamente completati?
«Certamente! Già nel 2005 erano quasi finiti nonostante i ritardi nelle autorizzazioni degli altri enti (di cui il Comune di Giardini Naxos avrebbe dovuto disporre prima che i lavori iniziassero, ossia nel 1996) ed i continui imprevisti connaturati ad interventi di questo tipo. E’ stato veramente un lavoro immane in cui ho dato tutta me stessa, senza risparmio di mezzi ed energie. In pratica, abbiamo lavorato dal Ponte Alcantara fino al Bar Lo Po scavando pazientemente e faticosamente a mano in quanto dovevamo assolutamente evitare di danneggiare i tanti sottoservizi esistenti nel sottosuolo (condotta del gas, cavi della rete telefonica, ecc.) non considerati nel progetto. Ma non si poteva continuare così per ben dodici chilometri. Mi è stato quindi ordinato, dall’allora direttore dei lavori, di individuare dei percorsi alternativi, per i quali si è reso necessario apportare diverse varianti all’originario progetto esecutivo».
– Ed invece, tanto per curiosità, quell’impresa originaria cui siete subentrati cosa aveva fatto e sa se è stata pagata?
«Non è affatto una “semplice curiosità”, bensì un particolare importante. Perché quell’impresa ha dovuto necessariamente limitare il proprio intervento al solo centro urbano di Giardini Naxos in quanto, come abbiamo precedentemente accennato, i ritardi nel rilascio delle autorizzazioni da parte di altri soggetti istituzionali (l’autorizzazione per il sottopasso ferroviario è arrivata addirittura nel 2007) impedivano di poter cominciare ad operare nel resto del territorio comunale ed, in particolare, sulla strada nazionale. Sta di fatto che a quella ditta, per appena quattro chilometri di condotta idrica, è stato corrisposto quasi un miliardo di vecchie lire (per l’esattezza 910.273 milioni), mentre la mia impresa, che ha dovuto affrontare tutto il restante ed alquanto complesso lavoro (oltre il 75% del totale), ha ricevuto appena seicento milioni in più, senza ancora sapere che ne sarà di quanto ancora mi spetta. La mia impresa, in particolare, ha realizzato circa dodici chilometri di condotta, nuove opere tra pozzi (come il nuovo “Marino”) e serbatoi (come il grande “Adelardi” in contrada Calcarone) facendo molti interventi fuori contratto, ma autorizzati dalla direzione dei lavori e dall’Amministrazione Comunale con delibere in cui quest’ultima si impegnava a pagare quanto ordinato con fondi propri, sanando tutto con una perizia che avrebbe tenuto conto delle varianti apportate, ma della quale a tutt’oggi non si hanno notizie».
– Se ne deduce, quindi, che l’“inghippo” sta nella mancanza di questa perizia…
«L’“inghippo”, a mio parere, si origina quando viene sostituito il direttore dei lavori, la cui perizia di variante non viene accettata, mentre chi gli succede non redige nessuna perizia, ma si limita a presentare un conto finale in diminuzione, senza alcun contraddittorio con la mia impresa. Del resto è stato fatto il collaudo statico delle opere ma non ancora quello amministrativo, bloccando quindi di fatto l’iter burocratico. In definitiva, dunque, il Comune di Giardini Naxos si è dotato di un bene pagandone solo una minima parte. A nulla sono valse le mie innumerevoli diffide a completare la pratica, rimaste lettera morta in quanto non ci si rende conto che ulteriori ritardi provocheranno un danno erariale al Comune e quindi alla cittadinanza giardinese».
– A quelle diffide che non hanno sortito effetto alcuno, pensa di far seguire iniziative di natura legale per recuperare quanto le spetta?
«E’ proprio quello che farò. In passato, purtroppo, c’è stato un periodo in cui, per problemi personali, non ho potuto curare in maniera adeguata i miei legittimi interessi. Ma ora è mia ferma intenzione ottenere quanto dovutomi per i lavori che la mia impresa ha eseguito, ultimato e consegnato, e di cui la comunità di Giardini Naxos beneficia da vari anni».
Tenendo conto dell’attuale valuta, degli interessi e della rivalutazione monetaria, il Comune di Giardini Naxos rischia, pertanto, di dover sborsare circa un milione di euro per una condotta idrica le cui acque si potrebbero rivelare particolarmente “salate”.
Rodolfo Amodeo