“Aiutatemi. Ho una condizione personale e familiare che non auguro a nessuno, ma devo e voglio continuare a lavorare. Venitemi incontro, non chiudetemi ogni possibilità ogni spiraglio. Solo questo chiedo. La mia situazione si può risolvere anche in modo favorevole per la stessa azienda. Non chiudete la stazione di Giarre che è ancora in buona salute grazie ai numerosi abbonamenti che il Comune di Mascali continua a sottoscrivere. E’ più vantaggioso tenere me in quella stazione piuttosto che pagare una persona per effettuare trasferte una volta mese, per la preparazione la distribuzione degli abbonamenti. Con me di nuovo lì, questa spesa potrebbe essere cancellata”.
E’ questa l’accorato appello di Vera Labate, impiegata della Ferrovia Circumetnea da 26 anni. La signora Labate si affida al nostro giornale per fare un’appello all’azienda affinchè riesamini la sua situazione e le sue proposte, alla luce della pesantissima condizione in cui vive e di cui ci racconta nei particolari.
Vera, suo marito e suo figlio primogenito, sono malati. Non una di quelle malattie tanto per fare qualche giorno di assenza sul posto di lavoro, giocando sulla legge 104.
“Mio padre è morto nel 2004 dopo aver lavorato in Circumetnea per 36 anni. Io sono entrata nella FCE tramite concorso. Lo abbiamo fatto sia io che mio fratello. Per fortuna o per preparazione, io l’ho passato. Lui no e ha preso un’altra strada. Una volta entrata in Circumetnea mi sono sposata. Ho avuto un figlio che ha seri problemi di salute, così ho dovuto usufruire della legge 104: dei tre giorni al mese e, nel corso del tempo, anche dei 24 mesi di aspettativa. L’azienda, seppure legalmente obbligata a concedermi queste dovute agevolazioni, non l’ha presa benissimo. Adesso mi sta presentando il conto. Speravo di poter andare in pensione: ho una massa tumorale, al momento non operabile, mio marito è affetto da sclerosi multipla e mio figlio ancora gravemente malato. Una situazione sicuramente molto particolare, speravo di trovare conforto ma invece l’azienda è stata dura e decisa nei miei confronti. Ho lavorato per tanti anni nella stazione Nunziata di Mascali. Dopo qualche tempo si è liberata una posizione in quella di Giarre e abitando nella vicinissima Riposto, ho chiesto il trasferimento. Era una stazione ambita anche da altri colleghi. Molti di essi, ciclicamente, pare facessero pressione sui dirigenti per ostacolare il trasferimento adducendo come motivazione principale quella delle numerose assenze: un fattore dovuto alla mia situazione familiare e che appunto, avvicinandomi a casa, si sarebbe sicuramente assottigliato. Pressioni o no, i dirigenti hanno dovuto comunque accontentare la mia richiesta per una questione di maggiore anzianità”.
A Giarre la signora Labate si trova bene e lavora in modo regolare, ma accade qualcosa che rompe questo equilibrio.
“Il 4 novembre scorso una frana tra Nunziata e Giarre ha reso impossibile il transito dei treni, tanto che quella tratta è coperta ancora oggi solo dagli autobus. L’azienda ha prima chiuso la stazione di Mascali, una decisione presa non tanto per la frana quanto per una postazione che già di per sé produceva poco, poi ha chiuso la stazione di Riposto, giustificando la scelta con la mancanza di treni in arrivo e in partenza a causa della frana. E infine, a metà gennaio, ha chiuso anche quella di Giarre. Il punto è che la stazione di Giarre, tra novembre e gennaio, ha continuato a lavorare tantissimo: ad esempio con gli abbonamenti commissionati dal Comune di Mascali per gli studenti. Parliamo di un’operazione effettuata solo a Giarre e di un importo pari a circa 4mila euro al mese. La stazione della Circumetnea è fisicamente vicina a quella di Trenitalia e l’afflusso di turisti che ogni giorno gravitavano attorno alla struttura era davvero notevole: gente che indipendente dalla presenza dei treni, si avvicinava alle nostre postazioni per acquistare biglietti, chiedere informazioni sugli spostamenti che assicura l’azienda sul territorio, sugli orari dei convogli e su quelli dei pullman. Tutte mansioni che svolgevo con grande piacere”.
La decisione della chiusura sconvolge la vita della Labate che viene trasferita non molto lontano, ma in posto che per le sue condizioni diventa proibitivo.
“Mi hanno trasferito a Linguaglossa, dove c’è un bar interno alla stazione che già vende i biglietti. Non è una postazione in cui si sottoscrivono gli abbonamenti e dunque, di fatto, la mia funzione lì lascia il tempo che trova. Linguaglossa dista circa 30 chilometri da Riposto e con il mio personale problema di salute non posso guidare l’automobile. Dovrebbe accompagnarmi mio figlio, che però non sta bene. E mio marito non solo è costretto a letto dalla sclerosi multipla ma ha anche bisogno di assistenza continua”.
Così Vera chiede alla FCE di rivedere la decisione e di riaprire Giarre, spiegando che ci sono le condizioni per farlo.
“Ho illustrato la questione all’azienda più e più volte. Ho chiesto di non chiudere la stazione di Giarre documentando come questa abbia sempre continuato a lavorare. Ho fatto presente come per distribuire gli abbonamenti che il Comune di Mascali continua a sottoscrivere, l’azienda paghi una persona per fare trasferte una volta al mese la preparazione e distribuzione degli abbonamenti. Con me di nuovo lì, questa spesa potrebbe essere cancellata. Ma non c’è stato nulla da fare. Mi hanno solo proposto di andare in aspettativa senza retribuzione, in attesa della pensione: una cosa che davvero non posso permettermi”.
Una condizione quella della signora Vera, che avrebbe meritato quanto meno di essere valutata approfonditamente, ma legge del profitto non perdona. Così badando freddamente ai numeri e all’aspetto economico non ha alcuna importanza se l’impiegata ha due persone a cui badare e una massa tumorale che le ha creato una neuropatia. La Circumetnea spietatamente le ha proposto un’aspettativa senza retribuzione.
“C’è stato un frangente nel quale mi hanno proposto di essere io a fare una volta al mese quella trasferta per preparare e distribuire abbonamenti del Comune di Mascali. Un’offerta sulla quale non mi hanno dato nemmeno il tempo di riflettere perché pare che con due agenti fuori turno la cosa dovesse spettare necessariamente a loro”.
La signora Labate, a questo punto è stata costretta a rivolgersi a un legale per cercare di vedere rispettati i suoi diritti. Un caso di coscienza che cozza contro le regole rigide della produttività, ma che potrebbe trovare soluzioni indolori con una maggiore attenzione e sensibilità.
La signora Labate, proprio in queste ore affidandosi al noto social network facebook getta pesanti ombre sulla FCE scrivendo testualmente: “Forti discriminazioni in Ferrovia circumetnea. Discriminazioni e ingiustizie palesi vigono vergognosamente su quella che, malgrado, conoscevo come da racconti e vissuti nella mia famiglia, volevo riconoscere come la seconda famiglia di mio padre pur ammettendo che è stato trattato incondizionatamente da figliastro fino alla fine. Ma perché Giarre che, tuttavia, lavorava è stata subito chiusa ( non tenendo in considerazione i gravi problemi personali e familiari di chi vi prestava servizio) mentre Piedimonte Etneo, stazione di gran lunga meno produttiva rimarrà aperta fino alla fine del mese di marzo? E come mai una dipendente veramente afflitta da seri problemi di salute suoi e dei suoi familiari più prossimi viene messa in condizione di non poter lavorare mentre un’altra dipendente moglie di un sindacalista dichiarata non idonea per miracolo riacquista l’idoneità e passa da un parametro più basso ad uno considerevolmente più alto con relativa lievitazione dello stipendio? Forse veramente in questa famosa azienda esistono figli e figliastri proprio di seconda serie”.
Abbiamo cercato di contattare la dirigenza della FCE telefonicamente, ma nessuno ha risposto all’apparecchio. Proveremo nei prossimi giorni per cercare di ascoltare anche la versione della controparte su questo che consideriamo un vero e proprio “caso”.
Mario Pafumi