L’unione civile è un atto che comporta il riconoscimento da parte dell’ordinamento giuridico (cioè l’insieme delle leggi di uno Stato) delle coppie di fatto e ha il fine di stabilirne i diritti e i doveri. La tipologia delle unioni civili è varia: in particolare, può riguardare sia le coppie di sesso diverso (eterosessuali) sia le coppie dello stesso sesso (omosessuali) ed è stata disciplinata, ad oggi, da un gran numero di provvedimenti legislativi.
Il ddl Cirinnà istituisce l’unione civile tra persone dello stesso sesso quale “specifica formazione sociale” con riferimento agli articoli 2 e 3 della Costituzione. L’atto avviene alla presenza di due testimoni davanti a un ufficiale di stato, che registra l’unione nell’archivio civile. Entrambi i contraenti devono essere maggiorenni. Sono escluse le persone già sposate o unite civilmente con qualcun altro, chi è interdetto per infermità mentale o è stato precedentemente condannato in via definitiva per omicidio o tentato omicidio di un coniuge, le coppie legate da vincoli di parentela oppure quelle in cui uno dei componenti risulta costretto o convinto con minacce e violenza.
I due partner devono concordare una residenza comune e possono optare per la comunione dei beni. Il rapporto si scioglie in caso di morte di un elemento della coppia oppure per la richiesta di uno dei due o entrambi davanti all’ufficiale di stato civile. E per quanto riguarda l’eventuale imposizione di alimenti da pagare, gli assegni familiari, la successione e la reversibilità vale quanto stabilisce il codice civile. Tra i diritti che saranno acquisiti da chi celebra l’unione civile, oltre a quelli patrimoniali, il ricongiungimento familiare se uno dei due “uniti” è straniero, la possibilità di accedere come coppia alle graduatorie per l’assegnazione delle case popolari, di assistere l’altro in caso di incarcerazione o ricovero, di decidere sulla sua salute in caso di incapacità, sul trattamento del corpo e dei funerali.
In caso di decesso di uno dei due, l’altra persona, anche se non è proprietaria dell’immobile, ha diritto a continuare ad abitare nella casa per due anni o per lo stesso periodo di durata della convivenza precedente, fino a un massimo di cinque anni. In pratica, come sancisce l’articolo 20 del testo, “le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole coniuge, coniugi o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso”.
Questo “al solo fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso” come chiarisce un passaggio che prima non c’era e che successivamente è stato inserito nel maxiemendamento. Come detto, dunque, i punti comuni con il matrimonio sono molti. Le differenze, al netto della stepchild, appaiono soprattutto burocratiche o “simboliche”. Anzitutto nell’unione civile i due potranno scegliere quale cognome adottare e avranno la possibilità di conservare il proprio prima o dopo quello del partner, a differenza dell’imposizione a moglie e figli che avviene tra chi si sposa. Il rito dell’unione sarà senz’altro più rapido, perché saranno tagliati i tempi delle pubblicazioni.
Non irrilevante la questione del divorzio breve: lo scioglimento della relazione potrà avvenire dopo soli tre mesi, maggiore (tra i sei mesi e l’anno) il tempo necessario per rompere la relazione tra due coniugi omosessuali. Salta la possibilità di sciogliere l’unione nel caso che non venga “consumata”, disciplina che rimanda ad altri tempi. Quanto al contestatissimo obbligo di fedeltà per la coppia, vincolo che esiste ancora oggi per il matrimonio civile, per volere di Alfano è stato invece stralciato dalla nuova versione del ddl. Cancellata la stepchild adoption, la possibilità per un minore di essere adottato dal partner del proprio genitore.
Mario Pafumi