Giovani donne nigeriane, anche minorenni, reclutate nel loro Paese e sottoposte a un rito ‘Ju Ju’ dopo avere ricevuto i soldi per il viaggio in Italia su gommoni della ‘speranza’ salpati dalla Libia, costrette a prostituirsi per fare fronte al debito contratto. A gestire il traffico umano, secondo la Procura di Catania, sei loro connazionali, nei cui confronti la polizia di Stato ha eseguito un provvedimento di fermo. In reati ipotizzati sono associazione per delinquere, tratta di persone, favoreggiamento della prostituzione anche minorile, con l’aggravante della transnazionalità. Secondo indagini della Squadra Mobile di Catania l’organizzazione , con cellule operative nel capoluogo etneo, in centro e nord Italia, reclutava in Nigeria giovani donne che, dopo essere state sottoposte a rito “Ju Ju” ed avere contratto un debito, venivano trasferite dapprima in Libia, dove rimanevano diverse settimane controllate a vista da persone armate, quindi condotte a bordo di gommoni in Italia.
Le indagini che hanno portato ai fermi, tra Catania, Roma e Genova, di sei nigeriani accusati di aver fatto arrivare in Italia dalla Libia giovani connazionali, anche minorenni, da avviare alla prostituzione, sono cominciate nel settembre del 2015, quando lungo la Strada Statale 417 Catania – Gela fu trovata una minorenne nigeriana (nome di fantasia Dorina) che, dopo essere stata collocata in una comunità, raccontò di essere partita dal suo Paese alla volta dell’Italia dopo avere contratto un debito di decine di migliaia di euro con una madame “Mummy” che l’aveva sottoposta al rito magico-esoterico “JuJu”, in forza del quale in caso di inadempimento, lei ed i suoi familiari sarebbero stati colpiti da disgrazie di ogni genere. Dorina, seguendo le istruzioni di un “boga” (responsabile del trasferimento) aveva intrapreso un viaggio in più tappe dalla Nigeria alla Libia, dove si era fermata per diverse settimane controllata a vista da persone armate. Successivamente si era imbarcata su un gommone con il quale aveva raggiunto la Sicilia nell’agosto del 2015. All’arrivo in Italia era stata collocata in una comunità nel nord Italia e da lì era stata “presa in consegna” e condotta a Catania, dove la attendeva la sua “madame”, la figlia della “Mummy” nigeriana, che l’aveva immediatamente fatta prostituire.