Gli aveva dato fuoco perché faceva troppo rumore: per questo motivo, Antonino Marino, oggi 39 anni, il 23 aprile del 2013, provocò la morte del cugino Marco Castro, 25 anni, ex giocatore di calcio molto conosciuto a Paternò. Un Comune che rimase scosso da una tragedia autentica.
Ieri, la Corte d’assise d’appello di Catania (presidente Salvatore Costa, a latere Marcello Gennaro) ha confermato la sentenza (per le motivazioni si dovranno attendere novanta giorni) di primo grado del 25 marzo 2014, con cui il Gup del Tribunale di Catania Flavia Panzano, con il rito abbreviato, inflisse, raccogliendo la richiesta del pubblico ministero Giuseppe Sturiale, trent’anni di carcere all’imputato.
Nel processo si sono costituti parte civile, con l’avvocato Giuseppe Primaverile, la madre e il fratello della vittima: in secondo grado, l’accusa, per la Procura Generale, è stata rappresentata da Iole Boscarino. In precedenza a reggerla era stato il sostituto procuratore generale Gaetano Siscaro, dal dicembre scorso in pensione.
Marino (difeso dall’avv. Rosanna Natoli), in primo grado, è stato condannato anche a pagare, come risarcimento, una provvisionale di 50mila euro alla madre di Marco Castro e 20mila euro al fratello, costituitisi parte civili.
In primo grado, il giudice Panzano aveva incaricato Liliana Gandolfo, psichiatra dell’ospedale “Vittorio Emanuele”, di svolgere una perizia sulle condizioni di Marino. Da questa è emerso che Marino presenta un “disturbo di personalità schizoide, ma capace di intendere e di volere”.
In secondo grado, i periti della Corte d’assise d’appello (i dott. Giuseppe Fichera, Carmelo Rinaudo e Carmelo Zaffora) hanno concluso il loro lavoro, sostenendo che “… all’epoca della commissione dei fatti presentava (il Marino, ndr) idonee capacità psichiche e capacità di intendere e di volere del tutto compiuti. Il suo comportamento è stato lucido, programmato, eseguito con utile competenza ai fini del reato commesso…”.
Da parte sua, il consulente tecnico della Procura Generale, prof. Antonino Petralia ha affermato in conclusione che “… la capacità di intendere e di volere del signor Marino, pertanto, era grandemente scemata ma non esclusa”.
In precedenza, c’era stata un’ulteriore perizia (disposta dal collegio diversamente composta, presidente Antonino Giurato) da parte del prof. Eugenio Aguglia per il quale “… è possibile affermare che il sig. Antonino Marino era ed è affetto da disturbo di personalità con tratti di tipo schizoide borderline; tale patologia non comprometteva la sua capacità di intendere e di volere al momento del reato…”
Il 23 aprile 2013, Castro venne sorpreso dal cugino, mentre stava aprendo la porta d’ingresso del proprio appartamento; all’improvviso venne investito da almeno 10 litri di liquido infiammabile, che Marino aveva acquistato la mattina a un rifornimento. La fiammata colpì lo stesso Marino il quale rimase ustionato alle mani, al volto e al collo. Castro morì tre giorni dopo al “Civico” di Palermo per le gravi ustionate riportate sul 90% del corpo.
Marco Benanti