La dottoressa Giuseppina Montuori, giudice della Prima Sezione Penale del Tribunale di Catania, il 30 marzo 2016 ha depositato una sentenza destinata a fare chiarezza su di un punto: il praticantato non è il “salvacondotto” per una prestazione professionale a costo zero.
E’ accettabile una retribuzione in misura inferiore vista l’inesperienza, tuttavia il praticante svolge pur sempre un’attività lavorativa che deve essere riconosciuta dal suo datore di lavoro.
Veniamo al fatto: la signora V.M.L.N. presso la testata “La gazzetta rossazzurra” intraprende il tirocinio finalizzato a conseguire il tesserino professionale dell’Albo Pubblicisti dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia.
L’Ordine fissa una retribuzione minima come criterio necessario, in assenza del quale, infatti, la domanda di iscrizione è respinta. La signora V.M.L.N. è in possesso del requisito, ma si scontra con l’atteggiamento dell’editore, il signor Vincenzo Anicito, il quale pretende la restituzione in contanti sia del compenso sia del versamento con Modello F24.
Evidentemente non aveva messo nel conto il coraggio della lavoratrice che, con la consulenza legale dell’avvocato Isabella Altana, ha ottenuto dal Tribunale di Catania la sua condanna a 3 anni e 4 mesi di reclusione, mille euro di multa e l’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni; inoltre il Tribunale ha condannato l’editore a risarcire la signora V.M.L.N. nella misura di 20 mila euro e l’Ordine dei Giornalisti di Sicilia per altri 10 mila euro, per il danno morale inflitto ad entrambi.
Flora Bonaccorso