Nelle prime ore odierne i Carabinieri del Comando Provinciale di Messina hanno eseguito in questa provincia e in quella di Siracusa, un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Messina, d.ssa Daniela Urbani, su richiesta della competente Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo diretta dal Procuratore della Repubblica di Messina, dott. Guido Lo Forte coadiuvato dai titolari dell’indagine i Sostituti Procuratori, d.ssa Liliana Todaro e dott. Fabrizio Monaco, nei confronti di 21 soggetti (15 dei quali ristretti in carcere, 5 sottoposti agli arresti domiciliari e 1 all’obbligo di presentazione alla p.g.), ritenuti responsabili – a vario titolo – di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, porto e detenzione illegali di armi da fuoco e spendita di banconote falsificate.
Il provvedimento scaturisce dagli esiti di una attività d’indagine sviluppata, sin dal settembre 2013, dalla Compagnia di Milazzo, che ha consentito di comprovare l’esistenza di un’organizzazione criminale, attiva in quel centro e nei territori di Tortorici e Barcellona Pozzo di Gotto, delineandone le gerarchie interne e il ruolo svolto dai singoli associati nella gestione di una vasta e lucrosa attività di narcotraffico.
Le investigazioni, in particolare, hanno permesso di documentare come un gruppo di soggetti legati alle famiglie mafiose tortoriciane fornisse periodicamente ingenti quantitativi di hashish e marijuana ad altre due diverse articolazioni della medesima organizzazione, operanti tra Barcellona P.G. e Milazzo, che si preoccupavano poi di commercializzare lo stupefacente sulle principali “piazze di spaccio” del litorale tirrenico messinese.
A due mesi dall’attentato al presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci, l’esecuzione odierna colpisce duramente uno dei settori di maggior interesse criminale per le consorterie tortoriciane, confermandone il ruolo egemone nel particolare settore della coltivazione su vasta scala di sostanze stupefacenti.
Si tratta, peraltro, di una risposta in un contesto territoriale il cui controllo era stato ulteriormente rafforzato dall’Arma dei Carabinieri anche con l’impiego dello Squadrone Eliportato “Cacciatori” di Calabria, particolarmente specializzati nell’impiego in aree impervie, che in questi ultime settimane ha consentito di scovare numerose piantagioni di “cannabis indaca”, coltivata proprio all’interno del Parco dei Nebrodi.
Come è emerso dalle indagini, i tortoriciani, garantivano i rifornimenti percorrendo, a bordo di fuoristrada, mulattiere e strade di montagna dei Nebrodi, per giungere sulla fascia tirrenica.
A capo degli stessi Tortoriciani vi era il 42enne Carmelo Galati Massaro, autorevole figura criminale già nota alle forze dell’ordine, che, nella gestione dei traffici si avvaleva di sodali di estrema fiducia, quali la moglie e il fratello minore.
Lo stupefacente fornito dai Tortoriciani veniva poi commercializzato sulle principali “piazze di spaccio” della fascia tirrenica compresa tra Barcellona P.G. e Milazzo, dalle altre due articolazioni dell’organizzazione criminale, che si rapportavano con i tortoriciani tramite Nicolino Isgrò, 48enne di Condrò, figura carismatica già nota alle forze dell’ordine per la sua lunga storia criminale. Da sempre rispettato e contiguo alla mafia barcellonese,Isgrò, negli anni, si è guadagnato il ruolo di “specialista” nel traffico di droga, armi e banconote falsificate. Questa sua “professionalità” gli ha permesso di essere “trasversale” rispetto alle vecchie e nuove generazioni della famiglia barcellonese, nonché di rappresentare il trait union con la mafia tortoriciana. Nicolino Isgrò, quale leader dell’articolazione “milazzese” dell’organizzazione, era l’unico ad avere rapporti diretti, sia telefonici che di persona, con il Galati Massaro. Durante gli incontri tra i due, che avvenivano sempre nel parcheggio di un centro commerciale del messinese, venivano concordati prezzi, quantità e modalità di consegna dello stupefacente, senza, tuttavia, che l’Isgrò e il Galati Massaro giungessero all’effettiva consegna del pattuito, aspetto curato in un secondo momento da altri sodali.
Nicolino Isgrò fungeva da “cerniera” anche tra la sua articolazione e quella “barcellonese”, i cui elementi di spicco risultano il 29/enne Filippo Biscari, il 31enne Salvatore Iannello (cugino del primo) e il 41enne Giuseppe Aricò, barcellonesi già noti alle forze dell’ordine. I tre, attraverso contatti tenuti quotidianamente con Isgrò sempre nel parcheggio del predetto centro commerciale, si assicuravano settimanalmente un cospicuo quantitativo di stupefacente che poi provvedevano a spacciare al dettaglio nella cittadina del Longano avvalendosi, tra gli altri, di Francesco Salamone, 45/enne consigliere comunale di Terme Vigliatore.
Tale articolazione, inoltre, gestiva non solo droga ma anche armi, verosimilmente destinate, da una parte, a proteggersi dalle bande rivali nel redditizio business della droga e, dall’altra, a porre in essere intimidazioni, nell’ambizioso tentativo di accreditarsi sul territorio. Emblematiche a tal riguardo sono le conversazioni tra ISGRO’ e Salvatore IANNELLO quando parlano di armi:
ISGRÒ Nicolino : e poi c’è un fucile…
IANNELLO Salvatore: no, il fucile non mi interessa…..la pistola….ma quanto viene questa pistola?
ISGRÒ Nicolino : tu che vuoi….400…500….
ISGRÒ Nicolino : 7 mila….seimila e cinque per dieci pistole….contanti…nuove
IANNELLO Salvatore: dai.. assai sono.. assai sono 7 mila
ISGRÒ Nicolino: nuova …potrebbe passare un 700 euro l’una…
La collaborazione tra le articolazioni “milazzese” e “barcellonese” dell’organizzazione, oggi smantellata, andava sicuramente oltre la commercializzazione di droga, armi e banconote falsificate. I due gruppi, infatti, erano pronti a scambiarsi anche azioni di fuoco sul territorio. A tal riguardo risultano particolarmente significative e allarmanti le parole di Isgrò dirette a Iannello Salvatore: “…..se devi bruciare una saracinesca.. gli devi sparare ad uno nelle gambe…. dico se voi non volete uscire… ci possiamo scambiare questo tipo di favore”.
Dall’inchiesta, dunque, emerge un’ organizzazione in grado di monopolizzare, attraverso le sue articolazioni, lo spaccio di stupefacente in una parte consistente del litorale tirrenico della provincia di Messina. In estrema sintesi, l’articolazione tortoriciana si preoccupava dell’ approvvigionamento di grossi quantitativi di stupefacente, che, rivenduto all’articolazione milazzese facente capo all’Isgrò, veniva da quest’ultima in parte commercializzata direttamente nell’hinterland di Milazzo, per la restante parte venduta “all’ingrosso” all’articolazione barcellonese, che provvedeva a sua volta a spacciarla nei territori di Barcellona e dintorni. I barcellonesi acquistavano dall’Isgrò anche armi e banconote false, le prime per affermare il controllo criminale nel barcellonese e contrastare le mire espansionistiche delle compagini operanti nei territori limitrofi, le seconde per poi spacciarle al dettaglio e creare, così, un’ulteriore canale di finanziamento illecito attraverso la percezione deli introiti: basti pensare che 10mila euro di banconote falsificate avevano un costo di 1500 euro.
Nel corso delle esecuzioni sono stati rinvenuti e sequestrati circa 3,5 kg di marijuana e hashish destinati allo spaccio, stupefacente che si aggiunge così alla considerevole quantità già sottoposta a sequestro nel corso delle indagini, durante le quali sono stati anche arrestati in flagranza 9 trafficanti.