Graniti: dimmi che “‘nciùriu” hai e ti dirò chi sei -
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Graniti: dimmi che “‘nciùriu” hai e ti dirò chi sei

Graniti: dimmi che “‘nciùriu” hai e ti dirò chi sei

Inaugurata al Museo Mazzullo un’originale mostra descrittivo-fotografica sui curiosi soprannomi degli abitanti del Comune dell’Alcantara. Promotori della divertente ed al contempo intelligente iniziativa l’ex funzionario postale Armando Melita ed il medico Francesco Lo Giudice, che hanno condotto una lunga e scrupolosa ricerca presso la popolazione locale

C’è chi se ne vergogna, chi li sopporta disinvoltamente e chi, addirittura, ne va fiero. Sono i soprannomi, ossia quegli appellativi prevalentemente canzonatori affibbiati soprattutto ai residenti nei piccoli centri di provincia o nei rioni popolari delle città, e che spesso si tramandano di generazione in generazione.

In questi giorni c’è una località dell’entroterra siciliano, ed esattamente della Valle dell’Alcantara, che il soprannome lo sta solennemente celebrando attraverso una simpatica ed originale mostra descrittivo-fotografica intitolata “’U ‘Nciùriu” (ovvero l’ingiuria), così come in dialetto siculo si è soliti indicare il nomignolo.

A Graniti, infatti, il funzionario postale in pensione Armando Melita ed il medico Francesco Lo Giudice (da sinistra nella foto principale) hanno pensato bene di passare a setaccio tutti i soprannomi dei loro concittadini, risalendone alle origini. E non si è trattato di un lavoro “a tavolino” in quanto i due promotori dell’intelligente iniziativa hanno parecchio “scarpinato” per contattare ed intervistare personalmente ogni “ingiuriato”, che Melita ha anche provveduto ad artisticamente immortalare con la sua fotocamera.

Ne è venuta fuori la mostra in corso in questi giorni presso il Museo Mazzullo (incastonato nella Villa Comunale di Graniti), articolata in una quarantina di pannelli cartacei su ognuno dei quali sono effigiati i volti dei cittadini granitesi contemporanei cui fa seguito la spiegazione dell’etimologia dei rispettivi soprannomi.

«L’idea di questa raccolta – spiega Francesco Lo Giudice, stimato medico dell’Asp nonché fratello dell’attuale sindaco di Graniti, Paolino Lo Giudice – è nata durante una conversazione tra me ed Armando (Melita, ndr) in merito alla genesi del soprannome particolarmente buffo di un nostro compaesano. Appena qualche minuto prima mi ero congratulato con Armando per aver immortalato fotograficamente e postato su Facebook i volti di molti granitesi. Abbiamo, così, pensato di “riunire” le due questioni (soprannomi e fotografie) in un’unica iniziativa che, al di là dell’aspetto goliardico, fosse finalizzata a scavare nella memoria storica della nostra comunità nell’intento di conoscerci meglio e risalire alle nostre radici».

«Abbiamo affrontato un lavoro impegnativo, ma appassionante – aggiunge Armando Melita, da sempre vulcanico animatore degli eventi artistico-culturali granitesi –, che abbiamo portato avanti con allegria e soddisfazione, consultando anche gli archivi storici parrocchiali, grazie ai quali abbiamo acquisito dati e notizie spingendoci sino ad oltre quattro secoli fa. Possiamo affermare, senza tema di smentita, di aver condotto una ricerca scrupolosa e completa, senza lasciarci sfuggire alcun soprannome ed omettendo solo quelli che ci sono sembrati piuttosto offensivi e, quindi, lesivi della dignità dei loro portatori».

Sono stati, quindi, “catalogati” ben quaranta soprannomi, tra i quali spiccano (in parentesi ne spieghiamo l’origine sulla base di quanto riferito a Melita e Lo Giudice dai diretti interessati, in parecchi casi “eredi” dell’ingiuria appioppata ai loro avi) “’Nziripidda” (persona agile e scattante), “Patrilattuga” (grande produttore di lattughe), “Catinazzu” (abile nel legare le viti al palo con un nodo particolare così chiamato), “Portapara” (persona ricca che acquistava e portava a casa tutto ciò che voleva), “Ciccialivo” (nonna di nome Ciccia, diminutivo di Francesca, che esortava continuamente i nipotini a mangiare il pane con le olive), “Iargiazza” (donna dalle grosse e prominenti guance, in dialetto chiamate “iargie”), “Liggi” (persone litigiose e quindi solite a ricorrere alla legge per le continue controversie con i paesani), “Munacheddu” (uomo con antenate molto religiose), “Mustufà” (grande produttore di mosto), “Tummula e Tummula” (verso con cui un bambino intendeva imitare il suono della chitarra), “Pisciacitu” (dalla grande amicizia intercorrente tra un granitese ed una famiglia di un’altra regione d’Italia che portava lo strano cognome di Pesceaceto), “Mucitto” (ragazzino vivace che graffiava come un micio inferocito), “Pipitta” (donna affetta da una forma di allergia che le faceva diventare le guance rosse come un peperoncino) e “Mainnaru” (tipo estremamente freddoloso che ripeteva sempre l’espressione “Mai Innaru!”, ossia “Che mai arrivi Gennaio!”).

Bisogna, dunque, dare atto ad Armando Melita ed a Francesco Lo Giudice (che nella loro approfondita ricerca hanno anche inserito i nomignoli appioppati alle rispettive famiglie, ovvero “Franciscuni”, “Pitracca” e “Praino”) di aver regalato alla comunità granitese un’occasione divertente ed intelligente al contempo per riflettere sul proprio passato. Ogni “’nciùriu”, infatti, rivela una storia, e tutti gli “’nciùrii” messi insieme possono offrire una illuminante chiave di lettura del vissuto di un intero agglomerato sociale. Perché dietro un soprannome si nascondono spesso attività lavorative (come ad esempio, riferendoci sempre a quelli censiti a Graniti da Melita e Lo Giudice, “Mulinaru”, “Camperi”, “Carbunara”, ecc.) e modi di essere (es.: “Cicalari”, “Zizzu”, “Mulittu”, ecc.) che consentono di poter risalire alle varie dinamiche socioeconomiche che hanno interessato una determinata collettività.

E non dimentichiamo, come ben sottolineano Melita e Lo Giudice nelle note esplicative della mostra di Graniti, che in passato ed in diversi Stati europei (in particolare Irlanda, Scozia, Inghilterra, Spagna e Russia) il soprannome assurgeva normalmente a cognome ufficiale, spesso per indicare la discendenza della persona, come MacDuff (figlio di Duff), Johnson (figlio di John), Vasquez (figlio di Vasco) ed Ivanov (figlio di Ivan). Per quanto riguarda, invece, la Sicilia, divennero cognomi a tutti gli effetti i soprannomi indicanti il luogo di provenienza di coloro che venivano a stabilirsi nella nostra isola, come Provenzano (proveniente dalla Provenza, in Francia) e Catalano (dalla Catalogna, in Spagna).

Da non trascurare, infine, l’utilità del soprannome nel distinguere persone e famiglie recanti uno stesso cognome, evitando di farsi confondere dai casi di omonimia: a Graniti, in particolare, lo “’nciùriu” aiuta a barcamenarsi tra i vari ceppi dei D’Amore, Lo Giudice, Brunetto e Mannino, ossia i cognomi più diffusi del paese.

Nonostante la loro apparente futilità, con gli “’nciùri” c’è dunque ben poco da…. scherzare, come sembrano volerci far capire gli ideatori della “geniale” mostra descrittivo-fotografica allestita a Graniti in queste settimane.

Rodolfo Amodeo

Un settore del Museo Mazzullo di Graniti con alcuni pannelli della mostra 'U 'NCIURIU

 Da sinistra il sindaco di Graniti Paolino Lo Giudice, Armando Melita e Francesco Lo Giudice al taglio del nastro della mostra 'U 'NCIURIU

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