Il businnes sul “sangue” dei malati. E’ questo il quadro di corruzione che viene fuori dall’indagine della Guardia di Finanza di Catania e che ha portato, stamane, all’arresto di cinque persone. Infatti, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. del Tribunale di Catania su richiesta di questa Direzione Distrettuale Antimafia, i finanzieri del Comando Provinciale di Catania hanno tratto in arresto cinque soggetti. Si tratta di tre imprenditori e due dirigenti medici: Francesco Messina Denaro Francesco, 55 anni, procuratore speciale della Diaverum Italia Srl per la Sicilia, Salvatore Guarino, 65 anni, e Carmelo Papa, 60 anni, rispettivamente amministratore di fatto e di diritto del centro dialisi privato “Le Ciminiere srl”; Giorgio Leone, 52 anni, ed Elvia Sicurezza, 65 anni, dirigenti medici rispettivamente in servizio presso i Reparti di Nefrologia e Dialisi degli ospedali Garibaldi e Vittorio Emanuele di Catania.
Gli indagati, che sono stati posti agli arresti domiciliari, rispondono di associazione a delinquere finalizzata a una serie di episodi corruttivi per atti contrari ai doveri di ufficio posti in essere tra il luglio del 2014 e l’aprile del 2015.
Il giudice ha inoltre disposto, l’interrogatorio di garanzia, per la nomina di un commissario giudiziale per un anno a carico delle due società coinvolte nelle indagini, ritenute responsabili ai sensi del D.Lgs. 231/2001: trattasi della “Diaverum Italia Srl” con sede in Assago (MI) e della società “Le Ciminiere Srl” con sede in Catania.
Il personale della pubblica sanità corrotto (infermieri e medici), in aperto conflitto di interessi e pienamente consapevole di compiere atti contrari al proprio ufficio, veniva compensato dagli imprenditori corruttori con assunzioni clientelari dei propri familiari nonché stipendi, consulenze e bonus contrattuali artatamente “gonfiati” ed attribuiti a prestanome o parenti.
Al centro del circuito corruttivo vi erano le società Diaverum e Le Ciminiere, i cui centri dialisi sono risultati i destinatari privilegiati dei pazienti dialitici così garantendosi, da un lato, l’erogazione di cospicui contributi pubblici (pari a circa 40.000 euro annui per paziente); dall’altro, l’acquisizione progressiva di quote di mercato tali da creare una posizione dominante nel settore dialitico privato della Sicilia orientale.
La Diaverum Italia Srl, inserita in un gruppo internazionale di assoluto rilievo (operativo in 20 nazioni, 9000 dipendenti, 29.000 pazienti in cura, volume d’affari oltre 580 milioni di euro) si è avvalsa dell’opera dell’amministratore delegato (fino al febbraio di quest’anno) Gianpaolo Barone Lumaga e del “ragioniere”, procuratore speciale per la Sicilia, Francesco Messina Denaro alias Gianfranco Messina. Quest’ultimo, nato a Castelvetrano (TP) il 18 agosto 1961, ha un lontano legame di parentela con il noto boss latitante Matteo Messina Denaro essendo i rispettivi nonni Francesco (classe 1884) e Salvatore (classe 1891) fratelli.
La loro azione commerciale è stata apertamente mirata all’espansione dell’azienda nel settore dialitico privato attraverso l’assegnazione di pazienti da strutture pubbliche ma anche mediante la progressiva acquisizione di centri privati operanti nella regione siciliana, la cui attività era scemata nel tempo in ragione dell’ascesa della Diaverum S.r.l. e de Le Ciminiere che riuscivano ad accaparrarsi un numero elevato di pazienti con le modalità corruttive indicate.
Nei confronti dei sei principali indagati è stato configurato, come si è detto, il reato di associazione a delinquere di cui all’articolo 416 del codice penale avendo costoro promosso, organizzato e gestito un vero e proprio sistema finalizzato al costante sviamento di pazienti dalle struttura sanitarie pubbliche a quelle private caratterizzato da: un trattamento meramente “commerciale” delle persone dializzate, le quali in alcune conversazioni registrate venivano addirittura considerate “regali” o “numeri da portare”; un progressivo e sensibile aumento dei flussi di spesa pubblica erogati per il rimborso delle prestazioni effettuate dai centri privati.
Nessuna responsabilità penale è emersa in capo alle strutture ospedaliere catanesi citate dove prestavano servizio i dirigenti medici e gli infermieri corrotti.