Francesco Corallo muoveva un fiume di denaro per più di mezzo miliardo di euro. Figlio di Gaetano condannato per il reato di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione in occasione della gara per l’aggiudicazione dell’affidamento in concessione della gestione del casinò di Campione d’Italia, e legato alla mafia siciliana di Benedetto Santapaola.
E’ stato arrestato ai Caraibi, nella sua lussuosa viva di Saint Marteen, il “re delle slot machine”. Si tratta del catanese Francesco Corallo, 56 anni.
L’operazione è stata portata a termine dal Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza che ha eseguito numerosi arresti anche all’estero, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma.
Le Fiamme Gialle hanno anche eseguito, in numerosi Stati (Antille Olandesi, Regno Unito, Canada, Francia), perquisizioni e sequestri di numerosi beni e conti correnti per un ammontare complessivo di circa 215 milioni di euro.
L’accusa contestata a vario titolo nei confronti degli indagati è di associazione a delinquere transnazionale che riciclava in tutto il mondo i proventi del mancato pagamento delle imposte sul gioco on-line e sulle video-lottery (VLT).
Con Francesco Corallo sono finite in carcere altre quattro persone tra cui un altro catanese: Alessandro La Monica, di 36 anni.
Gli altri arrestati sono l’ex parlamentare campano del Pdl Amedeo Labocetta, 68 anni, l’olandese Rudolf Theodor Baesten, 50 anni e Arturo Vespignani, 52 anni.
Nell’inchiesta della Dda di Roma sono indagati anche Sergio e Giancarlo Tulliani, suocero e cognato dell’ex presidente della Camera, Gianfranco Fini.
Per gli investigatori, Francesco Corallo, per anni, è stato dominus occulto del gruppo societario “Atlantis B-plus”.
Dopo l’aggiudicazione della concessione della gestione telematica del gioco lecito, grazie ad un comportamento spregiudicato nei confronti dell’Amministrazione e a solidi legami, sul territorio, con coloro che gestivano il settore del gioco, la società concessionaria è riuscita ad assicurarsi la più rilevante quota del mercato, realizzando un miliardario volume di affari e ponendosi così in una posizione economicamente dominante.
Una volta conseguito tale obiettivo, la concessionaria – sempre operando sotto il diretto controllo di Francesco Corallo che anche oltreoceano indirizzava l’attività degli associati Laboccetta e La Monica – ha massimizzato i profitti evitando di versare allo Stato quanto dovuto a titolo di prelievo erariale unico e canoni concessori, appropriandosi del denaro pubblico che ha trasferito all’estero.
Gli indagati avrebbero così approfittato delle possibilità che lo Stato italiano offriva per l’affidamento in concessione dell’attività del gioco lecito, partecipando senza i necessari investimenti di capitali e producendo anomale garanzie fideiussorie, celandosi dietro una cortina di società offshore e fiduciarie estere per nascondere il reale beneficiario dell’operazione economica, Francesco Corallo.