Beni per un valore complessivo di cinque milioni di euro, ritenuti riconducibili a esponenti di Cosa nostra, sono stati sequestrati e confiscati dalla divisione Anticrimine della polizia di Stato di Catania.
I provvedimenti sono stati emessi dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale su proposta del Questore del capoluogo etneo, Marcello Cardona.
Accanto alle operazioni di polizia giudiziaria su vasta scala portate avanti dalla Squadra Mobile, la Divisione Polizia Anticrimine della Questura di Catania continua a svolgere un importantissimo ruolo nell’aggressione degli ingenti patrimoni accumulati dagli esponenti della criminalità organizzata.
Lo strumento che ha consentito agli investigatori di “mettere le mani nel portafogli” di alcuni eminenti rappresentanti di Cosa Nostra è la legge n. 159 del 6 settembre 2011: un dettato normativo che rappresenta il nuovo Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione e che ha permesso al Questore Marcello Cardona di proporre al Tribunale di Catania – Sezione Misure di Prevenzione una serie di provvedimenti di sequestro e di confisca di beni e capitali frutto dell’investimento d’illeciti proventi.
Di primo piano gli obiettivi raggiunti nei giorni scorsi quando è stato dato il via a un’operazione che ha condotto al sequestro di beni per un valore di ben 5 milioni di euro che hanno sottratto a soggetti collegati con le cosche mafiose “più in vista”.
Il primo provvedimento ha riguardato il noto pregiudicato Luciano Salanitro, 50 anni, il cui collegamento alla cosca mafiosa “Santapaola – Ercolano” ha condotto i poliziotti ad ottenere dal tribunale un decreto di sequestro e confisca di beni mobili registrati e immobili, di un’impresa individuale e di denaro contante.
Tale decreto di sequestro e confisca, ha confermato un precedente provvedimento di sequestro emesso nel luglio del 2015 e disposto ex novo il sequestro e la confisca di ulteriori due beni immobili, che erano già stati individuati nell’originaria proposta della Questura, avvalorando i risultati delle indagini patrimoniali condotte dallo staff investigativo della Divisione polizia Anticrimine.
Il valore del patrimonio sequestrato e confiscato raggiunge i 2 milioni di euro.
Ancora più eclatante, anche perché riguarda l’Etna Bar, uno storico punto di ritrovo dei catanesi, è stata l’esecuzione degli ulteriori provvedimenti di sequestro, sempre emessi dal Tribunale di Catania Sez. M.P., che hanno interessato beni immobili, mobili registrati, società ed imprese, nonché il sequestro di conti e depositi bancari e postali intestati e/o riconducibili al pluripregiudicato e in atto detenuto Cosimo Tudisco, 43 anni, esponente del clan “Cappello”.
In questo caso, è stata sequestrata, ai fini della futura confisca, la società World Games s.r.l. (della quale risulta titolare quale socio unico il pregiudicato P. A.), insieme all’annessa rivendita di tabacchi con sede in via Galermo 338: un’attività commerciale ricomprendente una pizzeria, un bar e una ludoteca, pubblicizzata dall’insegna Etna Bar; sequestrato anche il 50% delle quote del capitale sociale della s.r.l. “World of Cars Group” con sede a Catania.
In esecuzione dei medesimi decreti sono stati posti a sequestro diversi rapporti bancari e postali intestati al Tudisco, ai suoi familiari conviventi e a terzi interessati.
La leva che gli investigatori hanno utilizzato per scardinare il piccolo impero economico del Tudisco è stata l’evidenza della sproporzione intercorrente tra i redditi dallo stesso e dal suo nucleo familiare formalmente dichiarati e i beni realmente acquisiti nel tempo; le indagini, inoltre, hanno evidenziato come in capo al Tudisco sussisteva la disponibilità diretta e/o indiretta di beni immobili, società e aziende, frutto di investimenti e articolate operazioni finanziarie di dubbia liceità.
D’altronde, Cosimo Tudisco, sin dalla minore età coinvolto in numerosi e gravi episodi delittuosi, ha raggiunto l’apice della sua escalation criminale nell’ultimo decennio quando, peraltro, è stata accertata in giudizio la sua partecipazione esterna all’associazione mafiosa “Cappello” e, nonostante si trovasse detenuto in carcere, è riuscito a gestire le attività economiche a lui riconducibili attraverso la sua convivente, Rosaria Lanzafame la quale gli faceva regolarmente visita in carcere per i colloqui accordatigli.
In questo caso, il valore dei beni strappati dalle mani della malavita supera i 3 milioni di euro.