Svolta nelle indagini sull’omicidio di Fortunato Caponnetto. Stamane su delega di questa Procura Distrettuale, i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Catania hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di quattro presunti appartenenti alla Famiglia Santapaola-Ercolano e, in particolare, alla frangia operante nel territorio di Belpasso, capeggiata da Carmelo Aldo Navarria, ritenuti responsabili dell’omicidio aggravato e della distruzione del cadavere dell’imprenditore agrumicolo di Paternò, scomparso l’8 aprile del 2015, Fortunato Caponnetto, vittima di “lupara bianca”.
Il provvedimento trae origine da un’indagine, denominata “Araba Fenice”, avviata all’indomani della scomparsa del Caponnetto, attraverso intercettazioni telefoniche ed ambientali, pedinamenti e video-riprese, riscontrate dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Francesco Carmeci, già organico alla frangia del Navarria e presente alle fasi salienti dell’efferato delitto.
Il 23 giugno 2014, Carmelo Aldo Navarria, uomo di fiducia a disposizione del famigerato Pulvirenti Giuseppe “U Malpassotu”, braccio armato di Nitto Santapaola, veniva scarcerato dopo aver sofferto ventisei anni e mezzo di reclusione, essendo stato condannato all’ergastolo (poi ridotto prima a trent’anni e poi, appunto, a ventisei anni e mezzo di reclusione), in via definitiva, per sei omicidi, e si poneva al comando di un “gruppo”, alle dirette dipendenze di Francesco Santapaola, pro-cugino di Nitto, quest’ultimo tratto in arresto dai Carabinieri nell’aprile del 2016, nell’ambito dell’indagine Kronos (clicca e leggi Caltagirone, in corso operazione Kronos: 28 arresti. Colpite famiglie Santapaola e Nardo TUTTI I NOMI).
I FATTI In data 8 aprile 2015, Fortunato Caponnetto, conosciuto come “Renato”, imprenditore agrumicolo di Paternò, scompariva nel nulla subito dopo essersi incontrato con il Navarria, in Belpasso, presso la villa in costruzione di quest’ultimo.
Le indagini effettuate dagli investigatori dell’Arma e coordinate da questa Procura hanno consentito di far piena luce sul fatto di sangue e di ricostruire che il Caponnetto è stato dapprima picchiato, poi strangolato con il metodo della “garrota”.
Il cadavere veniva poi completamente distrutto mediante il fuoco alimentato da vecchi pneumatici, secondo il tradizionale modus operandi utilizzato, nel passato, dai Malpassoti.
Il movente sarebbe da addebitare ad una serie di concause, ovvero al fatto che il Caponnetto avesse prima dato e poi negato l’assenso ad assumere il Navarria presso la propria azienda, preferendogli, poi, un presunto appartenente ad altra organizzazione mafiosa operante nel paternese, licenziato la moglie di quest’ultimo, la cui assunzione gli era stata fittiziamente imposta dallo stesso Navarria tempo addietro, nonché creato dissidi con appartenenti ad altra associazione mafiosa, per un debito che un congiunto della vittima aveva contratto con questi ultimi e di cui il Navarria si sarebbe fatto garante.
Il provvedimento emesso è stato notificato in carcere agli indagati, già detenuti per un’estorsione aggravata dal metodo mafioso ai danni della “Lavica Marmi”, azienda di Belpasso che, nel novembre del 2015, era finita nel mirino del Navarria e dei suoi sodali, che erano stati arrestati dai Carabinieri e poi condannati in primo grado di giudizio.
Nel dettaglio, l’elenco degli arrestati: