“Quid est veritas?”, interessante conferenza all'Archeoclub di Acireale -
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“Quid est veritas?”, interessante conferenza all’Archeoclub di Acireale

“Quid est veritas?”, interessante conferenza all’Archeoclub di Acireale

In un’aula dell’Istituto comprensivo “Paolo Vasta” la sede di Acireale dell’Archeoclub d’Italia presieduta dal geom. Alfredo Rizza ha invitato il socio Giuseppe Arena, dottore in Storia della Filosofia, ha trattare il tema “Quid est veritas?” data la sua cultura nel campo della filosofia e la capacità di relazionare con termini semplici su un argomento antico e complesso, ma che anche l’uomo di oggi si pone.

Il compito di presentare l’argomento ai partecipanti è stato svolto dall’arch. Maurizio Militello, vice presidente dell’Archeoclub, che ha espresso apprezzamenti per la disponibilità del socio relatore per questa sua promozione della crescita culturale della persona ricordando che fin dai secoli a. C. i greci si sono sbizzarriti sulla definizione del concetto di “conoscenza” delle cose e/o azioni di pensiero, perchè fine o meta di ogni umano operare.

Prendendo la parola il dott. Arena ha esordito dicendo che la grande esigenza di ricercare la “verità” è stata senz’altro una caratteristica della filosofia greca e del pensiero di molti filosofi, dai presocratici ai moderni.

“Il buon Socrate – ha sottolineato Arena – da quel che sappiamo dal suo allievo Platone, nella sua scuola insegnava attraverso due noti  momenti (ironia e maieutica). Insegnava che non può esserci una verità già data, o meglio, che per l’uomo non può essere valida una verità che egli debba accogliere in funzione della pura e semplice autorità, ma che essa acquista la sua validità solamente se è il risultato dell’originale ricerca compiuta dal soggetto conoscente”.

Alcuni filosofi tra i quali Cartesio, nato il 31 marzo 1596 nella regione francese della Turenna, non potendo identificare ontologicamente la verità hanno individuato un criterio per conoscerla. Partendo dal dubbio come unico elemento sicuro, Renè Descartes provava che la sola cosa certa è il fatto del proprio esistere: cogito, ergo sum, che è fondamentale per distinguere il vero dal falso. Immanuel Kant (1724-1804), invece, affermava che l’uomo può conoscere solo il fenomeno, ciò che appare, ed a spiegarselo anche scientificamente perchè è nelle sue categorie mentali e, non nelle cose in sé (noumeno), che può essere solo intuito ma non dimostrabile.

“Per esempio – ha ricordato  Arena – quando si osserva un edificio, un animale o altro, possiamo essere certi che ciò che osserviamo è quello che è in quanto memorizzato nella nostra categoria mentale”. Dalle verità soggettive che sono sempre fallaci se rapportate alla verità oggettiva, il relatore è passato ad elencare le diverse teorie sulla verità che si sono fatte nel corso dei secoli, dalla teoria corrispondentista alla teoria del pragmatismo, da quella del consenso a quella del costruttivismo sociale. Tutte teorie, però, che non esprimono il concetto di verità come l’”assoluto”, l’”innegabile” e l’assolutamente certo.

“Oggi – ha concluso Arena – in un’epoca di sfrenato consumismo e di relativismo etico, dove i valori della vita vengono travisati o non considerati affatto, la “verità” è finita per essere identificata con l’utile inteso come profitto e, cosa assai più grave, si è interrotta la sua ricerca”.

Nell’ampio dibattito che è seguito alla relazione, dibattito nel quale sono intervenuti tra gli altri, il prof Francesco Blanco, l’arch. Militello, il prof. Salvatore Sciolto, si è arrivati all’auspicio che l’uomo e non solo il filosofo ricominci ad interrogarsi sulla verità ed a cercarla perchè, anche se non la troverà, possa sempre dire di averci provato.

Camillo De Martino

nella foto di copertina, da sinistra: Giuseppe Santini, tesoriere, Giuseppe Arena, Maurizio Militello, vice presidente.

 

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