Il ritrovamento, nelle settimane scorse, di un frammento della presunta mano del Piracmone – un’enigmatica e mutila scultura marmorea, localmente conosciuta anche con il nome “Rannazzu Vecchiu”, copia in marmo del 1737 di un’antica statua in pietra ornata da tre simboli: un leone, due serpenti e un’aquila, collocata nel sacrato della chiesa di San Nicolò – ha sollevato un inutile polverone sui social network. Tuttavia, riguardo alla tutela del patrimonio culturale ecclesiale, altre questioni – certamente assai urgenti – si agitano nell’antico quartiere greco della città medievale.
Tra i manufatti artistici che si conservano a San Nicolò uno in particolare mostra un alto grado di sofferenza, molto probabilmente causata all’alto tasso di umidità. L’opera in questione è la Croce dipinta su tavola da un ignoto pittore siciliano della prima metà del XV, mutila delle parti terminali e della cimasa. Insieme all’altra Croce dipinta, che si conserva nella chiesa del Carmine, rappresenta una rarità per Randazzo. L’opera raffigura il Cristo crocifisso dopo l’esalazione dell’ultimo respiro. Il dipinto si rovinò durante i bombardamenti del 1943, ma furono soprattutto le mani profane di alcuni manovali – durante la ricostruzione postbellica – che lo deturparono, pare per accendere un fuoco. Nel dopoguerra, nei primi anni Sessanta, le parti lacunose della Croce furono restaurate, ma con i limiti delle tecniche del tempo. Come documentano le immagini, il dipinto presenta una crettatura molto ramificata. Le zone di ridipintura, in corrispondenza delle stuccature eseguite durante l’intervento di restauro del dopoguerra, mostrano gravi fenomeni di sollevamento dello stucco, con distacco di estese scaglie. Il pericolo di perdita di frammenti di finitura è particolarmente elevato, tant’è che la pellicola pittorica originaria, qua e là, si sta scrostando rovinosamente, forse a causa dell’umidità. L’eccessivo annerimento, molto probabilmente causato da depositi di sporco e dall’ossidazione dei vecchi protettivi, costituisce un elemento di forte disturbo alla lettura dell’opera nel suo complesso. I fenomeni di degrado, molto probabilmente, sono causati dal naturale processo di solfatazione della stuccatura di supporto della pellicola pittorica e dall’applicazione, durante l’ultimo intervento di restauro, di un protettivo di natura organica che ha ridotto il naturale scambio di umidità fra la tavola e l’ambiente, provocando il ristagno dell’acqua di condensa e dell’umidità sulla superficie legnosa.
Una particolare attenzione e cura meriterebbe, infine, un altro bel dipinto, con la sua pregevole cornice, realizzato nel 1762 da Ludovico Suirech, un valoroso artista svizzero attivo tra il 1755 e il 1777. L’opera è poco nota e attualmente è collocata sopra il fonte battesimale gotico, nella navata laterale nord. Impolverato, deturpato e lacerato in varie parti, mostra una crettatura molto accentuata che rende la pellicola pittorica poco aderente al supporto di tela. La figura centrale dell’originale e imponente dipinto è rappresentata da Maria Immacolata Concezione. La Madonna con il Bambino, coronata da dodici stelle, è circondata da figure angeliche; mentre, lateralmente, su due livelli, si alternano quattro vergini: santa Barbara e sant’Apollonia, una rara santa Giovanna d’Arco che tiene una bandiera in una mano e l’arco nell’altra, San Giovannino che trafigge un drago alla presenza di Santa Margherita d’Antiochia.
Gaetano Scarpignato