Vari e specifici accenni storici, archeologici, culturali e religiosi su “Il ritrovamento e la decifrazione dei rotoli di Qumran” hanno reso interessante e coinvolgente l’incontro organizzato dall’Archeoclub d’Italia Sede di Acireale, Circolo culturale “ing. Peppino Tomarchio”.
L’incontro si è svolto presso l’I.C. “Galileo Galilei” con una relazione del presidente della Sede di Acireale dell’Archeoclub, geometra Alfredo Rizza. I partecipanti hanno subito appreso l’ubicazione del sito di Qumran nel mondo: la Giudea e il suo deserto (Palestina), in vicinanza del mar Morto (sponda nord-occidentale) e precisamente l’area che contiene le rovine di Qumran situate a circa 12 km a sud di Gerico ed a circa un chilometro e mezzo dal mare.
Le rovine mostrano oggi, a seguito di scavi, un luogo originariamente sede di una fortezza (VIII-VII sec. a.C), successivamente abitato nel periodo dal 135 a. C. al 68 circa d. C. (possesso e distruzione da parte dei romani). L’area conserva tracce dei resti di edifici e abitazioni di una comunità: cucine, dispense, magazzini, “scriptorium”, laboratori per la lavorazione artigianale del vasellame, cimitero.
“Per gli studiosi – ha sottolineato Rizza – questo luogo è stato abitato dagli Esseni comunità collegata al ramo degli Asidei, cioè al ramo dei pii (hasidim). E nelle grotte di Qumran (foto a destra) sono stati trovati frammenti e/o testi completi di tutti i libri della Bibbia relativi all’A.T., con la scoperta più sensazionale costituita da due rotoli del profeta Isaia nella grotta N. 1, catalogati con la sigla 1QI/a e 1QI/b (prima grotta di Qumran, libro di Isaia, primo manoscritto e secondo manoscritto)”.
Per Rizza il manoscritto più importante di Isaia è il primo formato da ben 17 pelli cucite insieme formanti una pergamena alta venti centimetri e lunga sette metri. Ciascuna delle 54 colonne contiene all’incirca un capitolo scritto su 29 linee. La datazione è stata eseguita con il metodo del carbonio radioattivo e il confronto con monete del periodo degli anni che vanno dal 170 a.C. al 70 d.C. I manoscritti ci riportano pertanto alla Bibbia come Gesù Cristo la sentiva leggere nelle sinagoghe e nel Tempio e che, oggi, dopo duemila anni si legge nelle chiese durante le celebrazioni eucaristiche, anche se nella versione “Ravasi”.
Manoscritti conservati nelle grotte di Qumran, ma come? “Nella primavera del 1947 – conclude Rizza – il giovane pastore beduino, Muhàmmad ed-Dhib (Maometto il Lupo) pascolando le sue capre nella zona delle grotte lanciò dei sassi per attirare l’attenzione di una capra, e uno di questi entrò in una grotta provocando un rumore strano, come se avesse rotto un vaso in terracotta. Dopo qualche giorno Muhàmmad ed Dhib, incuriosito, si introdusse nella grotta e vi trovò ben 10 anfore (foto a sinistra), di cui solo una contenente dei rotoli (tre), due dei quali erano avvolti con stoffa di lino”.
I rotoli furono portati ad un mercante d’antichità e così incominciò una storia complessa di vendita ed acquisti dei rotoli che ha portato ad un approfondimento delle conoscenze nell’ambito della filologia biblica e della storia dell’ebraismo antico. Con la scoperta in questa grotta e delle altre dieci successive è iniziata, anche, il problema della datazione dei Vangeli. Le anfore che contenevano i manoscritti sono conservate nel Museo del Libro di Gerusalemme.
Camillo De Martino
Nella foto di copertina, da sinistra il presidente Alfredo Rizza con i soci Anna Spina, Jole Vecchio, Mario Abbotto