Continua con successo di critica e di pubblico il tour di presentazioni del libro “A mani nude” di Lucia Andreano, il libro che racconta la storia del ceramista albanese Besnik Harizaj, giunto in Italia durante uno dei tanti flussi dell’immigrazione albanese. Il libro della professoressa Andreano è stato presentato anche a Catania, presso il Centro Culturale Contemporaneo ZO.
Si tratta di un libro che affronta il tema migratorio personalizzandolo su Benisk, sulla sua storia: “È la storia di una persona – commenta Tiziana Guerrucci – di un uomo, della sua anima, che nascono in un luogo e in un tempo. Non possiamo scegliere dove e quando, ma possiamo scegliere come starci e dove andare. Questa terra a cui apparteniamo, l’abbiamo segnata con confini e mura. E i diritti più fondamentali non sono per tutti. Lucia si fa voce, intima e forte, di Besnik Harizaj. Bes ora è artista riconosciuto e omaggiato, ma prima? Prima c’è una storia dura, graffiante, lacerante, c’è il regime, la guerra, la lotta per mantenere viva la propria essenza, l’amore ideale e idealizzato, che si fa luce e da forza per affrontare non giorni, ma anni, di umiliazioni e di bocconi amari. Ma è anche la storia di chi non si arrende e lavora il doppio, il triplo e insegue il suo sogno e la sua inevitabile natura, quel dono che ha e che sembra il mondo non voglia permettergli di far conoscere. Bes con dignità e forza interiore, e la sua arte inevitabile, si propongono, si fanno avanti, cercano e fanno incontri che sono segni, la storia muta, in modo discontinuo, fino al dispiegamento delle vele e del viaggio libero delle sue opere, delle sue creazioni, di ciò che il suo sentire e le sue mani sono capaci di creare. L’approvazione ora è sopra e oltre il pregiudizio, ma come si legge ad un certo punto: “Sentiva il dolore della sua assenza come una violazione inevitabile, e non sapeva ancora che le violazioni subite non si risolvono mai”. Tutto quello che ha vissuto, conosciuto, immagino saranno sempre in quelle mani. Un libro che insegna molto, sugli altri, che migrino da un altro paese, da un passato. Che insegna a guardare negli occhi chi abbiamo davanti, spogliandoci dai giudizi e dalle paure. Dovremmo imparare a rimettere le mani nella terra”.
La presentazione del libro a Catania ha dato vita ad un incontro-dibattito sul tema “Immigrazione, Identità, Integrazione”. Tra i partecipanti Ignazio Fonzo (procuratore aggiunto di Catania), Santino Scirè (Acli Sicilia), Ugo Pirrone (dirigente scolastico Istituto statale Marconi di Catania), Claudio Corbino (presidente Associazione Diplomatici), Antonietta Petrosino (Gruppo 72 Amnesty International Catania), Mimna Mascena (Caritas Diocesana Catania).
Fra i tanti ed interessanti interventi segnaliamo quello del giudice Fonzo, proveniente dalla procura di Agrigento, che ha evidenziato, come la stragrande maggioranza delle storie delle persone migranti non si concludono come la storia di Benisk, portando come esempio le stragi che solcano il Mediterraneo. Inoltre, il magistrato ha criticato il Trattato di Dublino, quel regolamento dell’Unione Europea che stabilisce criteri e meccanismi per l’esame, e l’eventuale approvazione, di una “domanda di protezione internazionale” presentata da un cittadino di un Paese terzo.
In sintesi, quello che critica il procuratore Fonzo è l’articolo 13 di questo Trattato, quello che impone che “quando è accertato (…) che il richiedente ha varcato illegalmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da un Paese terzo, la frontiera di uno Stato membro, lo Stato membro in questione è competente per l’esame della domanda di protezione internazionale”.
In altre parole, la responsabilità dell’asilo è del Paese di primo sbarco. Ovvero: chi arriva in Italia tocca all’Italia, chi in Spagna alla Spagna e via… e, in questo principio, esclusivamente poliziesco, sono nati i fantomatici “Centri”, come quello di Mineo, che, come dimostrano oggettivamente i fatti, impongono alle migranti e ai migranti a diventare un numero e a rimanere sospesi del nulla nel Paese dove sono giunti. Si chiede, infatti, il giudice Fonzo: “Ma, quante, di queste persone migranti resterebbero in Italia, se non ci fosse il Trattato di Dublino?”.
Presenti, nella strapiena sala, rappresentanti di associazioni e organizzazioni impegnate in vari settori, e fra questi, citata dal giornalista Andrea Lodato, che ha condotto brillantemente e con viva partecipazione al tema dell’evento, Claudia Urzì dell’USB (Unione Sindacale di Base), di cui Lodato ha evidenziato l’impegno contro il razzismo.
“L’USB – afferma Claudia Urzi’, del coordinamento nazionale USB Scuola – da sempre in prima linea contro il razzismo e ogni forma di discriminazione, ha l’orgoglio di avere tra i propri iscritti numerosi lavoratori immigrati. Presenti in gran parte all’ interno del Coordinamento Lavoratori Agricoli USB e nel settore della logistica, entrambi settori di sfruttamento e nuove schiavitù. Per nostra scelta non esiste un settore “Migranti”. Le sorelle e i fratelli migranti, in quanto lavoratrici e lavoratori, sono rappresentati nei vari comparti. Attraverso la dignità del lavoro e la sindacalizzazione si riacquista il proprio ruolo nella società”.
Orazio Vasta