Nella mattinata di domani, domenica 3 febbraio, verrà ufficialmente avviato il percorso per l’attribuzione al prelibato frutto della “Denominazione Comunale”, ossia il riconoscimento assegnato ai prodotti con cui si identificano i territori e le rispettive comunità
Ormai da anni la caratteristica noce prodotta nelle campagne di Motta Camastra ha acquisito un’elevata notorietà, grazie anche alla festosa kermesse – la “Festa della Noce” – che il piccolo centro dell’Alcantara le dedica puntualmente ad ogni inizio autunno e che, per diversi fine settimana, attira visitatori da tutta la Sicilia.
La noce mottese è un frutto di eccellenza che si caratterizza per la notevole pezzatura (il cui diametro supera in alcuni casi i quaranta millimetri) e per le straordinarie proprietà nutritive derivanti dal sorprendente contenuto di polifenoli e di selenio, fino a cento volte superiore a quello della maggior parte delle noci più conosciute.
Tra qualche giorno questa noce dalle caratteristiche uniche potrà iniziare a fregiarsi del più che meritato riconoscimento di “De.Co.”, ossia “Denominazione Comunale”, all’interno del percorso culturale “Borghi Genius Loci”. Domani, domenica 3 febbraio, l’aula consiliare del Comune di Motta Camastra, intitolata al compianto intellettuale locale Aurelio Pagano, ospiterà infatti, a partire dalle ore 10.00, l’audizione pubblica per l’avvio di tale De.Co. alla presenza di Nino Sutera (in foto nel primo riquadro da sinistra), coordinatore regionale della “Rete Borghi DE.CO. Genius Loci” nonché ideologo della “Libera Università dei Saperi & dei Sapori Onlus”. A tale audizione, i cui lavori verranno coordinati dal dottore agronomo e funzionario dell’Ente Parco Fluviale dell’Alcantara Filippo Zullo (in foto nel secondo riquadro da sinistra), interverrà, ovviamente, anche il sindaco di Motta Camastra Carmelo Blancato (in foto nel riquadro in alto), per il quale «con questa audizione pubblica per l’attribuzione della denominazione comunale alla nostra prelibatissima noce, inizia un virtuoso percorso partecipato di valorizzazione e comunicazione del patrimonio culturale della nostra comunità rurale».
Ma in cosa consiste esattamente il marchio “De.Co”? A spiegarlo è il prima citato dottor Sutera, laureato in Scienze e Tecnologie Agroalimentari ed annoverato tra i massimi esperti di ruralità, il quale, qualche anno addietro, ha consentito anche al rinomato Cavolfiore Rosso di Mojo Alcantara di poter ottenere la denominazione comunale.
«Con la De.Co. – dichiara Nino Sutera – non si è in presenza di un marchio di qualità, perché non c’è nessun prodotto da tutelare, bensì di una “carta d’identità” rilasciata ad un territorio: è quindi quest’ultimo ad essere “tutelato”, con tutti i vantaggi in termini di immagine e di sviluppo socioeconomico che ne derivano. Il prodotto a denominazione comunale, in pratica, funge da elemento attrattore per turisti e visitatori. E non è nemmeno esatto definire “prodotto tipico” un prodotto a denominazione comunale, che invece è più corretto considerare “prodotto identitario di un territorio e della sua gente”.
«Un’altra importante differenza tra i marchi di qualità (Dop, Igp, Stg, ecc.) e la De.Co. consiste nel fatto che i primi possono essere attribuiti, dopo lunghi e complessi iter burocratici, solo ed esclusivamente dall’Unione Europea ed al fine di tutelare un prodotto da, in particolare, contraffazioni (anche se non sempre si è riusciti in tale “mission”, come nel caso del “plagiatissimo” formaggio Parmigiano Reggiano). Il procedimento per giungere alla De.Co. è, invece, “a burocrazia zero” e di totale competenza dei Comuni».
Rodolfo Amodeo