"Mafia e antimafia oggi: il modello Catania" il tema dell'ultima lezione sull'antimafia tenutasi presso l'Università di Catania -
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“Mafia e antimafia oggi: il modello Catania” il tema dell’ultima lezione sull’antimafia tenutasi presso l’Università di Catania

“Mafia e antimafia oggi: il modello Catania” il tema dell’ultima lezione sull’antimafia tenutasi presso l’Università di Catania

Ai Benedettini, nell’auditorium Giancarlo De Carlo, ha avuto luogo nel pomeriggio di venerdì 12 aprile la quinta ed ultima lezione sull’antimafia, magistralmente organizzata dalla prof.ssa Simona Laudani, docente di storia moderna all’Università di Catania, la quale, a partire dal 15 marzo scorso e per ben 5 venerdì successivi, ha richiamato l’attenzione degli studenti, non ancora ventenni, davanti allo scottante tema della mafia.

L’ultimo incontro si è concentrato su quello riguardante proprio la città etnea: “Mafia e antimafia oggi: il modello Catania”, ovvero una riflessione su un radicato sistema politico, affaristico, mafioso di ineguagliata forza ed efficacia.

A causa di gravi problemi di salute non è stata possibile l’attesa presenza conclusiva del prof. Isaia Sales, filosofo e docente di storia delle mafie presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli.

Sembrava ritornare quasi a duemila anni fa, quando nei teatri greci si poteva assistere non solo a tragedie ma anche a procedimenti accusatori contro uomini del tempo, portati davanti ai giudici, presente tutta la popolazione della città.

Sull’enorme schermo, intanto, campeggiava il titolo del famoso articolo, scritto da Giorgio Bocca per il giornale “La Repubblica” del 10 agosto 1982, “Un uomo solo contro la mafia” con l’intervista al generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, dal mese di maggio dello stesso anno nominato prefetto di Palermo dal Governo Spadolini. Dalla Chiesa, assieme alla moglie ed all’agente di scorta, verrà trucidato in via Carini dentro l’automobile A 112 il 3 settembre dello stesso anno.

E’ stato il brillante attore teatrale Roberto Disma a raccontare con passione e trasporto alcune delle vere testimonianze rese durante la fase istruttoria del processo “Pippo Fava”. Parole, spesso nel dialetto catanese, gestualità, anche mezze parole, silenzi eloquenti, hanno suscitato, pur a distanza di tanti anni, enormi e vive emozioni negli ascoltatori.

Subito dopo è intervenuta l’avv. Adriana Laudani, la quale, pur ormai con i capelli quasi bianchi, ha ripercorso con emozionate trasporto le fasi di una stagione veramente tragica per la città etnea, tratteggiando un’immagine sconcertante della stessa dove, nel periodo degli anni che vanno dal ’70 in poi “l’intreccio tra politica, mafia, economia” era veramente strettissimamente legato, con”un modello Catania esportato anche a Roma ed Aprilia”.

“La stampa di allora – ha continuato la Laudani, già parlamentare dell’Assemblea regionale siciliana – non raccontava nulla, proprio nulla; la mafia aveva frequentazioni nei migliori salotti della città, con prefetti, questori e politici; i grandi appalti, scuole, ospedali, strade, ponti, erano spartiti senza gara e a Catania la mafia ingloba i sistemi di controllo, magistratura ed informazione; non si nomina il Procuratore della Repubblica e le indagini a 360° del delitto Fava riguardano solamente il patrimonio di Pippo e dei suoi familiari”.
Intanto a Palermo, fortissimamente voluto dal democristiano Galloni, viene eletto a presidente della Regione siciliana Piersanti Mattarella, fratello dell’attuale Presidente della Repubblica: “Erano gli anni nei quali – continua la Laudani – con un solo decreto venivano assegnati fondi ai cavalieri del lavoro”.

“Era il 23 dicembre 1979 – ha continuato quasi come un arringa resa in tribunale la Laudani – quando venne chiuso il bilancio regionale pur con i partiti divisi al loro stesso interno e dissi a Mattarella di avere cura di sè”.

Mattarella verrà ucciso la domenica del 6 gennaio del 1980 a Palermo, mentre Pio La Torre cadrà vittima della mafia il 30 aprile del 1982 e Rocco Chinnici assieme alla sua scorta, artefice del primo pool antimafia, il 30 luglio del 1983, e tanti altri ancora: una guerra sanguinosa con i circa 100 morti ammazzati a Catania e molti di più a Palermo: tutte “persone di inciampo”.

Ugualmente interessante l’intervento del docente Antonio Fisichella che ha parlato “del valore aggiunto del sistema catanese”, capace di avere nel proprio territorio numerosi centri commerciali tali da “gareggiare con Oslo” in un quadro di “interessi commerciali tra rendita fondiaria, ciclo di cemento”, e imprenditori del settore.

“Occorre ricercare – ha concluso Fisichella – altri modelli di sviluppo”, mentre la sindacalista della Cgil, Pina Palella, ha tratteggiato il ruolo del sindacato per i numerosi problemi che le aziende sequestrate, e poi espropriate, causano ai lavoratori, con alcuni esempi sia positivi, grazie all’accorta gestione di amministratori giudiziari coscienziosi, che negativi con aziende affossate anche da banche che, immediatamente, bloccano i fidi concessi portando alla chiusura, od anche al fallimento, realtà che potrebbero risollevarsi una volta sottratte al malaffare.

“Ormai non c’è comune in Sicilia e nel catanese in particolare – ha affermato Pina Palella – che non abbia qualche immobili od anche aziende sottoposte a sequestro e diverse realtà sono diventate oggetto di assegnazione ad onlus senza scopo di lucro; ci sono aziende agricole, alberghi, e spesso la politica non aiuta con le proposte di legge portate avanti”.

A chiusura le parole della Ciancio, alla presidenza della Fondazione Giuseppe Fava, rivolta a tutti i giovani presenti:”Imparate a vedere al di là della parole”.

Domenico Pirracchio

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