Secondo un recente studio del cultore castiglionese di storia locale Giuseppe Tizzone, gli originari abitanti del piccolo centro collinare dell’Alcantara denotavano uno spiccato interesse per l’osservazione della volta celeste. Lo si evincerebbe sia dall’origine etimologica del nome del paese e sia da un sito ricadente in contrada “Grotte di Paglia”, dove sopravvivono i resti di un primordiale “laboratorio”
Il piccolo centro collinare di Motta Camastra, ubicato in provincia di Messina nel cuore della Valle dell’Alcantara, sarebbe stato abitato nell’antichità dai “pionieri” dell’Astronomia, ossia la scienza che studia i corpi celesti ed i fenomeni ad essi relativi. Lo ha dedotto a seguito di una sua approfondita ricerca Giuseppe Tizzone (nel riquadro sulla foto principale), cultore di storia locale originario del Comune etneo di Castiglione di Sicilia, della cui Pro Loco è stato socio fondatore.
In una proprietà privata ricadente nel territorio di Motta Camastra, in contrada “Grotte di Paglia”, Tizzone ha infatti recentemente individuato un particolare sito, presumibilmente risalente agli inizi del XII secolo a. C., quando i Siculi provenienti dall’Italia si stanziarono in questi luoghi fondando diverse città.
Sui Siculi, ossia il popolo indoeuropeo venuto dal mare (probabilmente in fuga da guerre o da carestie) che avrebbe dato il nome alla nostra isola, lo studioso castiglionese indaga da tempo (v. un nostro precedente servizio giornalistico al riguardo), nella convinzione, suffragata da testimonianze pressoché inconfutabili, che la civilizzazione della Sicilia si deve prima a loro (che fondarono città quali Noto, Troina, Centuripe e Morgantina) e solo diversi secoli dopo al popolo greco.
Per quanto concerne la Valle dell’Alcantara, ai Siculi sarebbe da attribuire la fondazione degli attuali Comuni di Francavilla e Castiglione (Francavilla, in particolare, si chiamava “Stiela”, mentre Castiglione “Trinacia”). Adesso, però, Giuseppe Tizzone avrebbe individuato anche in Motta Camastra un altro centro alcantariano legato in qualche modo al popolo dei Siculi.
«Intanto – spiega Tizzone – bisogna partire dall’etimologia della denominazione “Motta Camastra”, che deriverebbe dall’idioma semitico “‘,am-Ashtart” con riferimento alla divinità Astarte. Da qui l’espressione “Kamastart”, che significherebbe “Abitazione del Popolo di Astarte”.
«Ed Astarte cosa rappresentava? Semplice: era la Grande Madre Cananea venerata dai confini dell’India fino all’estrema punta occidentale del Mediterraneo. Il significato più probabile del suo nome è “Stella” o, come si evince da alcuni passi della Bibbia, “Regina del Cielo”. E’ del resto evidente l’assonanza tra il nome “Astarte” ed il termine “astro”.
«A “Kamastart” i Romani aggiunsero il prefisso “Motta”, indicante un’altura ripida e scoscesa, dove per l’appunto ancora oggi si sviluppa l’abitato di Motta Camastra. Ed anche dalla Bibbia si evince che i luoghi consacrati al culto di Astarte erano floride campagne ubicate in alte colline, proprio come quelle in cui è incastonato il centro urbano mottese.
«In conclusione, i primi abitatori dell’odierna Motta Camastra adoravano la divinità Astarte e, pertanto, erano degli uomini tendenti ad “amare le stelle”. Ed il sito di contrada “Grotte di Paglia”, cui mi hanno gentilmente fatto avere accesso i suoi proprietari privati, lo dimostra perfettamente».
Ma cosa ha esattamente “incuriosito” Giuseppe Tizzone recandosi in tale caratteristico, ma ancora sconosciuto, angolo di territorio mottese?
«Si tratta di un luogo – prosegue il cultore di storia locale – dove gli improvvisati “astronomi ante litteram” osservavano i corpi luminosi della sfera celeste al fine di predisporre la loro vita in maniera tale da poter scandire i giorni di festa ed i cambiamenti di stagione, questi ultimi di fondamentale importanza per organizzare le attività legate all’agricoltura ed alla pastorizia, sulle quali era imperniata l’economia di quell’epoca (recandosi lì, ad esempio, si poteva sapere quale sarebbe stato il giorno più corto dell’illuminazione solare e quale, invece, quello più lungo).
«Nel sito mottese di contrada Grotte di Paglia, raggiungibile da due antichi sentieri con scalinate a tratti intagliate nella roccia, i primordiali “strumenti astronomici” (alcuni dei quali nelle foto qui pubblicate) che consentivano tutto ciò sono diversi ed a tutt’oggi perfettamente visibili. Si va da una meridiana primitiva (in grado di rilevare il solstizio estivo e quello invernale), a dei fori che, penetrati dai raggi solari, segnano uno il mezzogiorno e l’altro le ore pomeridiane (tra le 14,00 e le 15,00 circa); da due sfere che potrebbero indicare i cicli della Luna, a palmenti in roccia arenaria che potrebbero essere stati utilizzati per dei riti sacri finalizzati ad assicurarsi la benevolenza degli astri. A mio avviso, dunque, siamo in presenza di un vero e proprio sito astronomico».
Per questa sua originale ricerca Giuseppe Tizzone ha preso spunto dalle pubblicazioni di Enrico Caltagirone sulla lingua dei Siculi per poi effettuare personalmente dei sopralluoghi nel sito di Motta Camastra insieme al dott. Alfio Maurizio Bonanno, al personale dell’Osservatorio Astrofisico di Catania ed al geologo Salvo Patané.
Rodolfo Amodeo