Il Coronavirus e la Sicilia: alcuni consigli per far “ripartire” le economie locali
Politici e sindacalisti stanno in queste ore suggerendo alle istituzioni nazionali e regionali le misure da adottare, una volta superata l’emergenza sanitaria, per aiutare concretamente le imprese dell’isola a risollevarsi dal duro colpo subito a seguito della pandemia. In questo servizio obiettivo puntato su agricoltura, pesca e pubblico trasporto
Dall’emergenza Coronavirus sicuramente si uscirà. Rimarrà, comunque, una grande “ammalata”, ossia l’economia, letteralmente messa in ginocchio dal dilagare dell’inattesa pandemia che ha paralizzato, a livello mondiale, produzione e consumi. Così, mentre la scienza è impegnata a mettere a punto il prima possibile vaccini ed antidoti contro il temibilissimo Covid-19, i mondi della politica e del sindacato elaborano le loro “ricette” per tentare di poter presto tornare ad una certa tranquillità sociale ed economica.
In Sicilia, regione già di per sé finanziariamente debole, ci si mostra particolarmente preoccupati per le sorti dell’agricoltura e della pesca in quanto comparti trainanti di numerose comunità isolane, molte delle quali etnee.
Per quanto concerne il settore agricolo, in queste ore diversi parlamentari all’Ars stanno sollecitando interventi per l’abbattimento della quota regionale su tasse e contributi che le aziende agricole pagano con riferimento ai dipendenti, nonché il blocco del prezzo del gasolio agricolo. E riguardo ai Consorzi di Bonifica c’è chi suggerisce l’abrogazione del pagamento del cosiddetto “beneficio irriguo” (sia per gli anni dell’accertamento già in atto a partire dal 2015 e sia per l’anno in corso) pari ad ottantacinque euro per ettaro.
Sul fronte, invece, della peschicoltura si registrano le richieste ufficialmente avanzate in queste ore ad autorità nazionali e regionali dalle organizzazioni Consitalia, Federazione Armatori Siciliani ed Associazione Pescatori Marittimi Professionali, le quali pretendono una risposta entro il termine di sette giorni, pena il ricorso alle vie legali. Come spiega Alfio Fabio Micalizzi (nella foto accanto) a nome delle tre sigle, «a seguito della chiusura dei mercati all’aperto disposta dal Governo nazionale per contrastare il diffondersi del Coronavirus, in queste settimane la vendita del pesce fresco ha registrato un calo del novantacinque per cento. Concordiamo pienamente sul fatto che le pubbliche istituzioni debbano tutelare la salute dei cittadini, ma bisogna anche che le stesse non si dimentichino di salvaguardare l’economia e le imprese del territorio. Oggi più che mai occorre quindi porre in essere concrete iniziative di supporto economico al settore della pesca. Ciò che proponiamo è, ad esempio, una semplificazione amministrativa per l’accesso ai bandi relativi ai fondi europei destinati alla categoria, un indennizzo per i danni derivanti dalla mancata vendita e dal crollo dei prezzi per scarsa domanda, l’aumento per un triennio della percentuale degli sgravi contributivi alle imprese di pesca, l’anticipazione del “fermo pesca” o lo scomputo delle giornate di pesca perse sul prossimo “fermo pesca”, lo sblocco e l’erogazione dei pagamenti per i “fermo pesca” già effettuati e non ancora pagati, la moratoria di contributi, tasse, rate mutui, ecc., intese con il sistema bancario per avere flessibilità nella concessione di fidi ed aperture di credito, l’applicazione della Cassa Integrazione Straordinaria in deroga a tutto il settore della pesca e dell’acquacoltura (ivi compresa la piccola pesca artigianale) e la sospensione delle attività di tutti i GAC–FLAG onde rimodularne i finanziamenti adeguandoli alle nuove necessità scaturite dall’emergenza Coronavirus».
Raccogliamo, infine, le considerazioni di Giovanni Lo Schiavo (nella foto accanto), segretario regionale di Fast-Confsal, organizzazione sindacale a tutela dei lavoratori del settore dei trasporti. «La pandemia del Coronavirus – dichiara Lo Schiavo – non ha risparmiato nemmeno le imprese di trasporto pubblico locale che, al fine di salvaguardare la salute pubblica, si sono viste costrette a ridurre i servizi offerti. A farne le spese, ovviamente, anche i lavoratori che guidano treni, metropolitane ed autobus urbani ed extraurbani e che, pur tra mille difficoltà di varia natura, continuano a prestare la propria attività in un contesto organizzativo e di turni di lavoro sconvolto. Come organizzazione di categoria ci batteremo affinché le pubbliche istituzioni pongano in essere degli atti concreti a sostegno delle aziende del settore e dei loro dipendenti, già di per sé in sofferenza a seguito dei drastici tagli, succedutisi nel tempo».