Omicidio Chiappone: alla clamorosa svolta, che ha portato all’individuazione dei mandanti, oltre alla scoperta del movente legato a motivazioni sentimentali ed economiche, si è arrivati ascoltando le conversazioni registrate nella sala colloqui del carcere Pagliarelli di Palermo; quelle di uno dei presunti sicari, Nino Marano, con i propri familiari e altri soggetti ammessi al colloquio con lo stesso.
Conversazioni che hanno fugato ogni dubbio sulla dinamica di quanto accaduto quella sera. Chiappone la sera del delitto, nel budello di via Salvemini a Riposto, aveva reagito ai suoi sicari ricevendo, per tale ragione, degli schiaffi tanto da rovinare a terra; il giovane si era poi alzato, riuscendo a disarmare Agatino Tuccio dalla pistola che aveva con sé e, per tale ragione, era intervenuto Nino Marano che lo aveva colpito a morte con un coltello.
Durante un colloquio in carcere con un parente Marano si è soffermato anche sul ruolo del presunto mandante Paolo Censabella. Qui di seguito un brano della conversazione intercettata dai carabinieri.
Antonino Marano: “ora io, Dio ce ne scansi, prendo l’ergastolo. Vediamo come prendo l’ergastolo per una pistola. Perché se non mi arrestava questa cosa non usciva. No, non usciva niente”. Parente: “Catino, Catino se lo è accollato lui questo fatto?” Antonino Marano: “Ma quale, ma che sei pazzo?”- parente: “ma allora ancora non c’è niente di conclusivo…” Antonino Marano: “No siccome lui, questo qua ha telefonato… ha telefonate con Turiddittu (Salvatore Di Mauro ndc.), 100 poi con quello che aveva la femmina altre 300”. Parente: “poi se non prima si chiariscono tutte queste cose…” Antonino Marano: “Certo, perché questo qua che aveva questa femmina, che è uno che ha, non lo so chi cazzo è, io neanche lo conosco, questo qua passerà le pene dell’inferno. Perché appena stringono le cose…”.