Da Adrano a Giarre passando per Catania e altri Comuni: "uomini d'onore" percepivano Reddito di Cittadinanza VIDEO -
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Da Adrano a Giarre passando per Catania e altri Comuni: “uomini d’onore” percepivano Reddito di Cittadinanza VIDEO

Da Adrano a Giarre passando per Catania e altri Comuni: “uomini d’onore” percepivano Reddito di Cittadinanza VIDEO

I Carabinieri del Comando Provinciale e quelli del Nucleo Ispettorato Lavoro di Catania hanno individuato 76 persone che, da aprile del 2019, percepivano indebitamente il reddito di cittadinanza.

Tra i beneficiari sono stati scovati  “uomini d’onore” e affiliati di diverse consorterie mafiose attive nel capoluogo etneo e in provincia.

I più numerosi sono risultati essere quelli della famiglia di Cosa Nostra Santapaola-Ercolano (circa 50), ma non mancano anche elementi dei Mazzei, Cappello, Laudani, Cursoti Milanesi, Pillera,  Scalisi e Santangelo – Taccuni.

L’importo complessivo finora riscosso indebitamente è di oltre 600.000 euro ed è stato pertanto interessato l’I.N.P.S. per l’immediata revoca del beneficio con efficacia retroattiva e l’avvio delle necessarie procedure di restituzione di quanto illecitamente percepito.

Nell’ambito di una rapida e mirata attività d’indagine, avviata d’iniziativa dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo in collaborazione con i colleghi del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Catania, è stata approfondita la posizione dei cittadini percettori di erogazioni pubbliche da parte dello Stato, nel caso di specie del Reddito di Cittadinanza. Gli accertamenti sono stati prioritariamente indirizzati ad indentificare quelle persone che, seppur in carenza dei requisiti richiesti dalla normativa di settore, usufruiscono ugualmente, direttamente o indirettamente, dell’erogazione del c.d. RdC.

Il beneficio, concesso a richiesta dei cittadini, è subordinato ad una serie di requisiti da possedere cumulativamente all’atto della presentazione dell’istanza e per tutta la durata del beneficio. Nello specifico, colui che lo richiede e i componenti del nucleo familiare del richiedente, nei dieci anni precedenti, non devono essere stati condannati (con sentenze irrevocabili) per reati, tra gli altri, di associazione di tipo mafioso o truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.

Per scoraggiare comportamenti illeciti l’art. 7 del D.L. 4/2019 ha introdotto specifiche sanzioni di natura penale, prevedendo in particolare la significativa pena della reclusione da due a sei anni nei confronti di chiunque, al fine dell’indebita percezione del beneficio “rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute”, come avviene nell’iniziale fase in cui il richiedente non è percettore del sussidio e intende ottenerlo.

Al riguardo, l’indagine ha consentito di appurare che tra tutti i cittadini denunciati ve ne sono 25, di cui 2 donne, che hanno personalmente richiesto ed ottenuto il beneficio pur essendo gravati da sentenze passate in giudicato per i reati di associazione di tipo mafioso o, come nel caso delle due  citate donne, per truffa aggravata ai danni dello stato (circostanza ostativa alla concessione del beneficio).

Le rimanenti 51 persone (di cui 46 donne), hanno invece richiesto ed ottenuto il beneficio, omettendo di comunicare che all’interno del proprio nucleo familiare vi fosse tra i destinatari del reddito di cittadinanza anche un proprio congiunto gravato da sentenze di condanna definitive per associazione di tipo mafioso.

È importante altresì evidenziare come gli investigatori abbiano scovato tra i beneficiari:

  • c.d. “uomini d’onore” (alcuni dei quali addirittura hanno richiesto e ottenuto direttamente il reddito di cittadinanza venendo pertanto anche denunciati) e affiliati appartenenti alle consorterie mafiose attive nel capoluogo etneo e in provincia. I più numerosi sono risultati essere quelli della famiglia di Cosa Nostra etnea Santapaola-Ercolano (circa 50), ma non mancano anche elementi apicali e sodali ai Mazzei, Cappello, Laudani, Cursoti Milanesi, Pillera, Scalisi e Santangelo – Taccuni.
  • alcuni dei partecipanti al summit mafioso del 2009, presieduto dal capo pro tempore di Cosa Nostra catanese Santo La Causa, allora superlatitante, interrotto dall’irruzione dei militari del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Catania;
  • l’autore di un efferato omicidio di mafia commesso nel 1999;
  • un elemento apicale di un clan che ha rinnegato il figlio diventato collaboratore di giustizia e destinatario di minacce consistite nell’affissione di necrologi per le vie del proprio paese all’indomani delle notizie relative alla sua collaborazione.

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